L’ARCIVESCOVO: Se vostra santità mi permette, io penso che si tratti di qualche anima fuggita dal purgatorio che viene da vostra santità a chiedere indulgenza.
IL PAPA: Ah, può essere. Allora ordinate ai preti che cantino l’ufficio dei defunti, calmerà la furia di questo spirito inquieto.
(Si fa il segno della croce)
FAUST: Ma come, ogni boccone insaporito da una croce? Beccati questo.
(Gli da un ceffone)
IL PAPA: Ah. mi si uccide! Aiuto, portatemi via, e maledetta in eterno l’anima che m’ha fatto questo!
(Escono il papa e il seguito)
MEFISTOFELE: E ora che farai? Certo sarai scomunicato col libro, il cero e la campana.
FAUST: Il cero, il libro e la campana; la campana, il libro e il cero!
Per dritto e rovescio mi si spedirà all’inferno!
(Entrano i frati con la campana, il libro e il cero per cantare la litania)
PRIMO FRATE: Venite fratelli, procediamo con verace devozione.
“Maledetto chi rubò il cibo dalla tavola di sua santità.
‘Maledicat Dominus’.
Maledetto chi diede un ceffone a sua santità.
‘Maledicat Dominus’.
(Faust picchia un frate)
Maledetto chi diede una botta sulla zucca a frate Sandelo.
‘Maledicat Dominus’.
Maledetto chi disturba il nostro santo uffizio.
‘Maledicat Dominus’.
Maledetto chi rubò il vino a sua santità.
‘Maledicat Dominus’.
‘Et omnes sancti. Amen’.
(Picchiano i frati, gettano mortaretti nel mucchio ed escono tutti)
SCENA DECIMA
(Entrano [Robin] il clown e Dick con una tazza)
DICK: Robin, per la miseria, vedi se il tuo diavolo può accollarsi il furto di questa tazza, abbiamo lo sguattero alle calcagna.
ROBIN: Fallo venire, non ti eccitare. Se ci vien dietro, parola mia, lo strego come mai fu stregato in vita sua. Fa’ vedere la tazza.
(Entra l’oste)
DICK: Eccolo! Datti da fare, Robin, o siamo fritti.
OSTE: Siete qua? Son contento di avervi trovati. Un bel paio di compari! Se non vi scomoda, dov’è la tazza che avete rubato alla taverna?
ROBIN: Come, come? Noi, rubare una tazza? Bada bene a come parli non abbiamo la faccia di rubatazze, ci puoi contare.
OSTE: Inutile negarlo, so che l’avete addosso e vi voglio frugare.
ROBIN: Mi vuoi frugare? Fai pure, senza complimenti! Acchiappa la tazza, Dick. Avanti, avanti, fruga, fruga pure.
OSTE: Sotto l’altro, ora.
DICK: Certo, certo, fruga, fruga anche me. Acchiappa la tazza, Robin.
Non fa mica paura la tua frugata. Ce ne freghiamo delle tue tazze, sta’ sicuro.
OSTE: Ehi, non fate gli spacconi con me! Sono certo, la tazza è tra voi due.
ROBIN: No, qua ti sbagli, è dietro noialtri due.
OSTE: Vi pigli la peste, furfanti, lo sapevo che eravate stati voi.
Tiratela fuori!
ROBIN: Ma sentilo! E quando? Diccelo! Dick, fammi un cerchio e stammi stretto alle costole, non ti muovere, per la tua pelle. Oste, avrai subito la tua tazza. Non parlare, Dick. “O per se o lemogorgon”, Belcher e Mefistofele.
(Entra Mefistofele [e l’oste scappa via])
MEFISTOFELE: O per tutti gli eserciti infernali, che fastidio gli incanti dei buffoni!
M’è toccato venire da Costantinopoli solo per il capriccio di due coglioni.
ROBIN: Per la madosca, dev’essere un viaggio massacrante! Vossignoria accetta un coscio di castrato per cena e un po’ di grana per la scarsella? Poi è libero di tornarsene.
DICK: Sissignore, la prego, vossignoria, l’abbiamo chiamata solo per burla, gliel’assicuro.
MEFISTOFELE: Per punire la vostra sfacciataggine, te anzitutto ti faccio diventare un essere schifoso. Visto che fai la scimmia, sarai una scimmia.
ROBIN: Che bellezza, una scimmia! Vi prego, monsignore, datemi il permesso di portarlo in giro a fare giochetti.
MEFISTOFELE: Lo farai, ma per portarlo addosso ti cambio in cane. Via, sparite!
ROBIN: Un cane? Magnifico! Stiano attente le sguattere alle minestre, che mi caccio subito in cucina. Qua, Dick, qua!
(Escono)
MEFISTOFELE: E ora mi faccio ali con le fiamme del fuoco eterno e torno a volo da Faust alla corte del Gran Turco.
(Esce)
CORO 3
(Entra il Coro)
Dopo aver visto le cose più strane e le corti dei re, Faust fermò il suo andare e tornò a casa, e chi lo aspettava con ansia, dico i suoi amici, i più intimi, lo riaccolsero festosi e, ascoltandolo raccontare viaggi per la terra e l’aria gli posero domande d’astrologia, cui rispose con tanta sapienza da sbalordirli. Ormai la sua fama ha raggiunto ogni terra e tra gli altri l’imperatore Carlo Quinto.
Ora Faust è festeggiato a corte, tra i baroni.
Quali prove da qui della sua arte non lo dico: lo vedrete coi vostri occhi.
(Esce)
SCENA UNDICESIMA
(Entrano da parti diverse Martino e Frederick)
MARTINO: Presto, ufficiali, signori, tutti alla sala delle udienze per scortare l’imperatore! Buon Frederick, fai sgombrare subito le stanze arriva sua maestà. Andate, e che il trono sia pronto.
FREDERICK: Ma dov’è il nostro papa Bruno, che venne a volo da Roma in groppa a una furia? Sua santità non accompagna l’imperatore?
MARTINO: Certo, e con lui c’è lo stregone tedesco, il dottor Faust, gloria di Wittenberg e meraviglia del mondo intero. Egli vuol mostrare al grande Carlo la serie dei suoi valorosi predecessori e fargli apparire davanti le ombre eroiche di Alessandro e della sua bella amante. FREDERICK: Dov’è Benvolio?
MARTINO: Dorme saporitamente, immagino. Ieri sera s’è sborniato trincando boccali di vino del Reno, ha brindato a Bruno con tanto fervore che resterà a letto tutto il giorno, quella marmotta.
FREDERICK Ma guarda, la sua finestra è aperta, chiamiamolo.
MARTINO: Benvolio, sveglia!
(Appare Benvolio alla finestra, in berretta da notte, abbottonandosi i panni)
BENVOLIO: Che diavolo volete?
MARTINO: Parla piano vecchio mio, che il diavolo non ti senta. E’ appena arrivato a corte il dottor Faust, e alle sue calcagna mille furie son pronte a fare ciò che gli garba.
BENVOLIO: E chi se ne frega?
MARTINO: Scendi e vedrai che il mago farà miracoli, mostrerà al papa e all’imperatore cose mai viste prima in Germania.
BENVOLIO: Ma non s’è ancora stufato questo papa di bazzicare col diavolo? E’ appena sceso dalla sua groppa, e se davvero n’è tanto innamorato, se ne torni a Roma con lui e buona notte.
FREDERICK: Allora, vieni o no allo spettacolo?
BENVOLIO: No di certo.
MARTINO: Vuoi vederlo dalla finestra?
BENVOLIO: Sissignore, se non m’addormento.
MARTINO: Arriva l’imperatore ad ammirare le strane cose che un mago sa fare.
BENVOLIO: Beh, andate voi a fargli compagnia, per questa volta mi limito a sporgere il naso dalla finestra. Dicono che se uno è ubriaco la notte, non c’è diavolo che può fargli male il mattino. Se è così, ho un incanto nel cranio che lo farà filar dritto meglio dello stregone, ci puoi scommettere.
(Escono [Martino e Frederick])
(Trombe. [Entrano] l’imperatore tedesco Carlo, Bruno, [il duca di] Sassonia, Faust, Mefistofele, Frederick, Martino e persone del seguito)
IMPERATORE: Benvenuto a questa corte, sapientissimo Faust, mago insigne e meraviglia del mondo. La tua impresa, di liberar Bruno dal suo e nostro nemico dichiarato, dà più prestigio alla tua arte, che se avessi piegato il mondo coi tuoi potenti incantesimi. Sii per sempre il nostro caro amico. E se questo Bruno che hai liberato potrà portare in pace la sua tiara e occupare il seggio di Pietro vincendo i suoi oppositori, tu sarai famoso in tutta l’Italia e coperto di onori dall’imperatore.
FAUST: Altissimo Carlo, queste parole di grazia spingeranno il povero Faust ad amare e servire con tutte le sue forze l’imperatore di Germania e a porre la sua vita ai piedi del santo Bruno. E per darne prova, se piace a vostra altezza, il dottore è pronto con la forza della sua arte a operare incanti che trapasseranno le porte d’avorio dell’inferno e strapperanno le furie implacabili dai loro antri, per eseguire tutto ciò che vostra grazia comanda.
BENVOLIO: Sangue d’un cane, che parole terribili! Ma ancora mi persuade poco. Somiglia a un mago come il papa a un fruttivendolo.
IMPERATORE: Allora, Faust, ricordando la tua promessa, vorremmo vedere quel famoso conquistatore, il grande Alessandro, e la sua amante, proprio come furono in tutta la loro maestà, e ammirarne la perfezione.
FAUST: Vostra altezza ben presto potrà vederli.
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