Mefistofele, vai, e con un solenne concerto di trombe risuscita davanti all’imperatore il grande Alessandro e la sua bella amante. MEFISTOFELE: Sarà fatto.

(Esce)

BENVOLIO: Bene, messer dottore, se i vostri diavoli non arrivano presto mi troveranno addormentato. Per la miseria, mi mangerei di rabbia a pensare che sono stato così somaro da restarmene a sbadigliare davanti al re dei diavoli, per non veder niente.

FAUST: Ma presto ti farò sentire qualcosa, se l’arte non mi tradisce.

Mio signore, devo avvertire vostra maestà che quando i miei spiriti faranno apparire le ombre di Alessandro e della sua compagna, vostra grazia non deve fare al re nessuna domanda. Li lasci venire e andarsene in silenzio.

IMPERATORE: Sia come credi meglio, non chiediamo di più.

BENVOLIO: Ma sì, neanch’io chiedo di più. Tu porta Alessandro e amante dinanzi all’imperatore, e io sarò Atteone e mi farò cervo.

FAUST: E io sarò Diana e ti farò cornuto in un attimo.

(Entra Mefistofele)

(Squilli di tromba. Entrano da un lato l’imperatore Alessandro, dall’altro Dario. Combattono, Dario è abbattuto, Alessandro lo uccide

Gli toglie la corona, e mentre sta per andarsene gli viene incontro la sua amante, il re l’abbraccia e le pone sul capo la corona di Dario, e tornando indietro ambedue rendono omaggio all’imperatore, che scende dal trono e vorrebbe abbracciarli, ma Faust lo trattiene. Cessa il suono di trombe e si sente una musica).

Mio grazioso signore, siate prudente! Sono ombre, non sostanze.

IMPERATORE: Oh, perdonate, son così turbato a vedere quest’imperatore famoso che avrei voluto stringerlo tra le braccia. Ma se non posso parlargli, Faust, soddisfa almeno un mio vivo desiderio: ho sentito dire che questa bella donna, da viva, ebbe sul collo un piccolo porro, un neo. Potrei costatare se è vero?

FAUST: Vostra maestà può farlo senz’altro.

IMPERATORE: Lo vedo perfettamente, Faust! Mi hai dato più soddisfazione che a conquistare un regno.

FAUST: Andate!

(Escono i mimi)

Guarda lassù, sire! Che strana bestia sporge il cranio dalla finestra?

IMPERATORE: E’ incredibile! Guardate, duca di Sassonia, due trofei di corna attaccati al cranio del giovane Benvolio.

SASSONIA: Ma dorme o è morto?

FAUST: Dorme, signore, però non sogna le sue corna.

IMPERATORE: Uno scherzo magnifico! Proviamo a svegliarlo. Olà, Benvolio!

BENVOLIO: All’inferno, voglio dormire.

IMPERATORE: Non hai torto, con la testa che ti ritrovi.

SASSONIA: Svegliati, Benvolio! Ti chiama l’imperatore.

BENVOLIO: L’imperatore, dove? Cristo, la mia testa!

IMPERATORE: Beh, se le corna reggono, non c’è pericolo per la testa: è difesa a sufficienza. FAUST: Ma come, che succede, signor cavaliere, come mai, appeso per le corna? E’ tremendo! Andiamo, almeno tirate dentro la testa non date spettacolo a tutti.

BENVOLIO: Perdio, dottore, è una delle vostre canagliate?

FAUST: Oh, non ditelo, cavaliere! Il dottore non ha talento né arte né abilità per mostrare a questi signori e all’imperatore il gran re Alessandro. Se ci fosse riuscito, eravate deciso a diventare un cervo come l’intrepido Atteone. E quindi, vostra grazia, se a voi garba, evocherò una muta di segugi per braccarlo, e tutta la sua bravura di corridore non basterà a salvargli la carcassa dalle zanne. Belimoth, Argiron, Asteroth!

BENVOLIO: Ferma, ferma! Cristo, farà apparire una muta di diavoli. Mio buon signore, intercedi! Sanguediddio, non ce la faccio a sopportare questi tormenti.

IMPERATORE: Via, dottore, siate buono, lasciate che vi chieda di levargli le corna, ha già scontato abbastanza la sua colpa.

FAUST: Mio buon signore, ho voluto punire a buon diritto questo cavaliere insolente, ma non tanto per l’offesa quanto per allietare vostra maestà. Solo questo volevo, e farò subito sparire le sue corna.

Mefistofele, trasformalo. E d’ora in poi, signor cavaliere, badate a parlar bene degli scienziati.

BENVOLIO: Parlar bene di te? Sanguediddio, se gli scienziati sono cornificatori che vanno affibbiando cime così alle teste degli uomini onesti, non mi fiderò più di una faccia liscia e d’un collaretto crespato. Ma se non mi vendico di questo, possa diventare un’ostrica, a bocca aperta, e non bere più che acqua e sale.

(Esce)

IMPERATORE: Vieni, Faust. Per ricompensare i tuoi meriti il regno di Germania è tuo finché vivo, e tuo l’amore dell’imperatore Carlo.

(Escono tutti)

SCENA DODICESIMA

(Entrano Benvolio, Martino, Frederick e soldati)

MARTINO: No, caro Benvolio, dammi retta, rinuncia a questa imboscata.

BENVOLIO: Allora vattene. Se mi dai questi consigli non mi ami. Dovrei lasciar correre un’offesa così grave, che ogni stalliere mi ride alle spalle e va ghignando che la testa di Benvolio è stata cornificata!

Piuttosto i miei occhi non conoscano sonno sino a che questa spada ammazzi lo stregone. Se volete aiutarmi sguainate, se no andate via.

Preferisco morire, se la morte di Faust non lava la mia vergogna.

FREDERICK: No, io resto con te, e se il dottore viene per di qua è spacciato.

BENVOLIO: Allora presto, vai al bosco, piazza servi e soldati ben nascosti fra gli alberi. Il mago sta per arrivare, lo so, l’ho visto che baciava in ginocchio la mano all’imperatore e si congedava carico di doni. Perciò soldati, coraggio! Se Faust muore, pigliatevi il bottino, a noi basta la vittoria.

FREDERICK: Seguitemi! Chi lo uccide avrà oro e riconoscenza.

(Esce Frederick coi soldati)

BENVOLIO: La mia testa s’è alleggerita delle corna, ma il cuore è pesante e picchia, vorrebbe vederlo già morto.

MARTINO: Dove ci appostiamo, Benvolio?

BENVOLIO: Qui, e addosso per primi. Fosse già qui il dannato, vedresti come lavo la mia vergogna!

(Entra Frederick)

FREDERICK: Nascondetevi, nascondetevi! Arriva il mago, tutto solo, a piedi col suo tabarro. Pronti ad abbattere il farabutto!

BENVOLIO: Quest’onore sia mio. Spada, colpisci svelta. Per le corna che mi procurò, avrò la sua testa.

(Entra Faust con la testa finta)

MARTINO: Eccolo!

BENVOLIO: Là! Questo colpo cancella ogni offesa! L’anima all’inferno, il corpo a terra. FAUST: Ah!

FREDERICK Ti fa male, dottore?

BENVOLIO: Gli schiatti il cuore.