Ma stai bene attento, mi senti?, in nessun caso non lo portare in acqua.
MERCANTE: Come, eccellenza, in acqua no? Non ha mantello a ogni acqua?
FAUST: Sì, ha mantello a ogni acqua, ma non portarlo nell’acqua. Su fossati o siepi o dove vuoi, ma non nell’acqua. Va’ a dire allo stalliere di consegnartelo, e ricorda ciò che t’ho detto.
MERCANTE: Vossignoria non dubiti. O giorno felice! Sono a cavallo per sempre.
(Esce)
FAUST: E tu cosa sei, Faust? Un uomo condannato a morte.
Il tempo segnato corre verso la fine.
La disperazione scaccia dalla mia testa la fede.
Spegni la sofferenza in un sogno quieto.
Via, Cristo chiamò il ladrone sulla croce, perciò rasserenati, Faust, riposa.
(Si sdraia e s’addormenta)
(Entra il mercante di cavalli fradicio d’acqua)
MERCANTE: Ah, che dottore furfante! Spingo il cavallo in acqua, per via che pensavo ci fosse chissà quale segreto nel cavallo, e mi trovo sotto un mucchio di paglia che quasi affogavo. Ma ora lo sveglio mi faccio ridare i miei quaranta talleri. Ehi, messer dottore, ciarlatano rognoso! Mastro dottore, svegliati, alzati e sgancia i quattrini, il tuo cavallo è diventato una balla di fieno. Mastro dottore!
(Gli strappa una gamba)
Cristo, sono rovinato! Che faccio ora? Gli ho strappato una gamba.
FAUST: Aiuto, aiuto, il farabutto m’ha massacrato.
MERCANTE: Beh, massacrato o meno, adesso ha una gamba sola e io sono più svelto, scappo a buttare la gamba in qualche fogna.
(Esce)
FAUST: Fermatelo, fermatelo! Ah ah ah, Faust ha di nuovo la gamba e il mercante una balla di fieno da quaranta talleri.
(Entra Wagner)
Wagner, che c’è di nuovo?
WAGNER: Con vostra licenza, il duca di Vanholt vi prega vivamente di visitarlo, e ha mandato uomini di scorta con le provviste di viaggio.
FAUST: Il duca di Vanholt è un gran signore, con lui non devo lesinare la mia perizia. Andiamoci.
(Escono)
SCENA QUINDICESIMA
(Entrano [Robin] il clown, Dick, il mercante di cavalli e un carrettiere)
CARRETTIERE: Venite, padroni miei, vi porto alla meglio birreria d’Europa. Ostessa! Dove sono queste puttane?
(Entra l’ostessa)
OSTESSA: Eh! Che vi manca? I miei vecchi clienti! Accomodatevi.
ROBIN: Dick, per la miseria, lo sai perché sto zitto?
DICK: No, Robin, perché?
ROBIN: Mi tiene sul conto per diciotto soldi. Zitto, vediamo se m’ha scordato.
OSTESSA: Chi è quello che se ne sta sulle sue con tanta spocchia? Sei tu, vecchio mio? ROBIN: Eilà, ostessa, come va? Il mio conto è sempre li, spero.
OSTESSA: E’ lì di sicuro, sta’ certo, visto che non hai fretta di saldare.
DICK: Allora, padrona, portaci questa birra.
OSTESSA: Arriva subito. Voi, occhio alla sala.
(Esce)
DICK: Signori miei, che facciamo nell’attesa?
CARRETTIERE: Per la madosca, vi racconto la più bella storia di come fui servito da uno stregone. Conoscete un certo dottor Farso?
MERCANTE: Gli pigli un canchero, qualcuno di noialtri ha motivo di conoscerlo. Anche a te t’ha stregato?
CARRETTIERE: Ti dico subito come mi servì: andavo a Wittenberg l’altro giorno con un carico di fieno, lui m’incontra e domanda quanto deve darmi per mangiarsi un po’ di fieno a volontà. Ora, compare, pensando che poco gli doveva bastare per levarsi la voglia, dico mangia quanto vuoi per tre soldi. Mi dà subito gli spiccioli e si butta a mangiare, e com’è vero che son sbattezzato non finisce di pappare finché si pappa tutto il carico di fieno.
TUTTI: Mostruoso! Papparsi un carico di fieno!
ROBIN: Sì sì, può essere, ho sentito di uno che si pappò un carico di legna.
MERCANTE: Ma sentite ora, compari, sentite che bel servizio fece a me quel furfante. Vado ieri da lui a comprare un suo cavallo, e a nessun costo lo vende per meno di quaranta talleri. Allora, compari, per via che mi pareva un buon cavallo da saltar fossi e fossati gli do i quattrini. Così quando il cavallo divenne mio, quel dottor fasullo mi dice di cavalcarlo notte e dl senza risparmio però, dice, per nessuna ragione non lo portare all’acqua. Ora io, compare, mi misi in testa che il cavallo aveva qualche rara qualità che lui non mi voleva dire, e allora che faccio, prendo e lo spingo nella fiumara, e quando ci sono in mezzo il cavallo sfuma e mi trovo in groppa a una balla di fieno.
TUTTI: Bravo il dottore!
MERCANTE: Ma ora sentite come gli resi pan per focaccia. Dunque, vado dritto da lui e lo trovo che dorme. Mi metto a urlare, a sbraitare all’orecchio: niente poteva svegliarlo. Allora, visto così, gli abbranco la gamba e tanto tiro che gliela strappo netta, e adesso ce l’ho a casa alla locanda.
ROBIN: Ma allora adesso il dottore ha una gamba sola? Gli sta bene, perché uno dei suoi diavoli mi cambiò nella forma d’una faccia di scimmia.
CARRETTIERE: Altra birra, ostessa!
ROBIN: Sentite, andiamo a berci un goccio qui accanto, e poi a scovare il dottore.
(Escono)
SCENA SEDICESIMA
(Entrano il duca di Vanholt, la duchessa, Faust e Mefistofele)
DUCA: Dottore, grazie per lo spettacolo indimenticabile. Non so con e ricompensare il vostro grande ingegno nel costruire in aria quel castello incantato. M’è parso così stupefacente che niente al mondo può piacermi di più.
FAUST: Mio buon signore, mi considero già altamente ricompensato se vostra altezza si compiace d’apprezzare ciò che ho fatto. Ma forse, graziosa signora, a voi quelle apparizioni non han dato nessun piacere. Perciò vi prego, ditemi, cos’è che desiderate di più? Purché esista al mondo, sarà vostra. Ho sentito dire che le donne incinte hanno gran voglia di cose rare e delicate.
DUCHESSA: E’ vero, dottore. E visto che siete così gentile, vi dirò cosa vorrei. Se ora fosse estate com’è gennaio, tempo morto dell’anno, non vorrei mangiar altro che un piatto d’uva matura.
FAUST: Ma è nulla. Mefistofele, svelto.
(Mefistofele esce)
Signora, sono pronto a ben altro per accontentarvi.
(Rientra Mefistofele con l’uva)
Ecco, gustate questi grappoli, dovrebbero esser buoni, vengono da lontano.
DUCA: Ma questo è il più straordinario dei vostri prodigi! Nel periodo dell’anno in cui ogni albero è spoglio di frutta, da dove mai avete avuto quest’uva matura?
FAUST: Piaccia ricordare a vostra grazia che l’anno è diviso in due zone sulla faccia della terra, sicché quando per noi è inverno, per quelli dell’altro emisfero è estate, come in India, in Saba e nelle terre del lontano Oriente, dove han frutta due volte all’anno.
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