Mentre era sul punto di andarsene, il che fu poco dopo terminato il pranzo, le chiesi se mi permetteva di recarmi a ossequiarla a casa sua.

Esitò per un attimo, volse intorno uno sguardo inquieto per accertarsi che nessuno ci ascoltava, e disse, infine: “Sì, domani alle cinque meno un quarto”. Supplicai la signora de Rastail di dirmi tutto quello che sapeva della sua misteriosa ospite, ma potei apprendere solo che era vedova e che possedeva una bellissima casa in Park Lane; e poiché un tremendo scocciatore afferrò subito lo spunto per attaccare un’interminabile dissertazione scientifica sulle vedove, esempio inconfutabile, secondo lui, della sopravvivenza delle più idonee alla condizione matrimoniale, salutai e me ne tornai a casa.

Il giorno dopo mi recai all’appuntamento di Park Lane, all’ora spaccata, ma il maggiordomo mi disse che la signora era uscita proprio in quell’istante. Me ne andai al club disperato, e molto perplesso, pure, e dopo lunga riflessione mi decisi a scriverle una lettera, chiedendole se mi avrebbe permesso di tentare una sorte migliore in un prossimo futuro. Per vari giorni non ottenni risposta, ma alla fine ricevetti un biglietto in cui mi diceva che sarebbe stata in casa la domenica successiva alle quattro, e aggiungeva questo straordinario poscritto: “La supplico di non scrivermi più: le spiegherò tutto a voce, quando ci vedremo”. La domenica finalmente mi ricevette, e fu semplicemente adorabile; ma nel momento in cui stavo per accomiatarmi mi pregò se mai avessi avuto occasione di scriverle di nuovo di indirizzare le mie lettere alla Signora Knox presso la Libreria Whittaker in Green Street. “Vi sono delle ragioni” soggiunse “che Oscar Wilde

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1887 - Il Fantasma Di Canterville

mi vietano di ricevere lettere in casa mia.”

Mi incontrai molte volte con lei in quel periodo di tempo, ma l’atmosfera di mistero che la circondava non l’abbandonò mai. A volte pensavo fosse in balia di un uomo; ma ella era talmente inaccessibile che alla fine dovetti scartare questa ipotesi. E mi era davvero difficile giungere a una conclusione qualsiasi, poiché ella era simile a uno di quegli strani cristalli che si ammirano nei musei, limpidissimi a tratti, a tratti improvvisamente appannati. Finalmente mi decisi a chiederle di diventare mia moglie: ero stufo e stanco della continua riservatezza che ella imponeva a tutte le mie visite e alle poche lettere che ero riuscito a inviarle. Le scrissi all’indirizzo di Green Street pregandola di ricevermi il lunedì seguente alle sei. Mi rispose affermativamente, e questo mi innalzò al settimo cielo della beatitudine. Ero pazzo di lei, nonostante il suo mistero, o, almeno, così la pensavo allora. Oggi invece capisco che era proprio quel mistero che mi affascinava. Eppure no: amavo la donna per se stessa, ma il suo mistero mi tormentava, mi faceva impazzire. Perché mai la sorte mi mise sulle tracce del suo segreto?»

«Ah, riuscisti a scoprirlo, dunque?» esclamai.

«Temo di sì» fu la risposta. «Giudica tu stesso. Venne il lunedì, e mi recai a colazione da mio zio. Verso le quattro mi trovai a passare nella Marylebone Road. Come tu sai, mio zio abita a Regent’s Park. Volevo andare a Piccadilly e presi una scorciatoia attraverso un groviglio di straducole secondarie. A un tratto vidi dinnanzi a me lady Alroy, fittamente velata, che camminava rapidissimamente. Quando fu giunta all’ultima casa della viuzza salì gli scalini, trasse dalla borsetta una chiave, aprì la porta ed entrò. “Ecco svelato il mistero” esclamai tra me, e corsi a guardare la casa; aveva tutta l’aria di uno stabile di appartamenti ad affitto.

Sulla soglia raccattai un fazzoletto che ella aveva lasciato cadere per caso e me lo misi in tasca. Poi cominciai a riflettere su quel che dovevo fare, ma giunsi alla conclusione che non avevo alcun diritto di spiarla, perciò tornai indietro, presi una carrozza e mi feci portare al club. Alle sei, eccomi a casa sua. La trovai distesa su un divano, e vestita di un abito da pomeriggio in tessuto d’argento chiuso da strani fermagli di zirconi ch’ella portava sempre: era bellissima.