Non si parlò neppur lontanamente di cose soprannaturali e tanto meno fu fatta alcuna allusione a sir Simon de Canterville. Alle undici la famiglia si ritirò e alle undici e mezzo tutte le luci erano già spente. Poco tempo dopo il signor Otis venne però risvegliato da un curioso rumore che proveniva dal corridoio, proprio davanti all’uscio di camera sua. Risuonava come uno stridor di metallo che pareva farsi sempre più vicino a ogni istante. Il ministro si alzò senza indugi, accese un fiammifero e guardò l’orologio. Era l’una esatta. Si sentiva calmissimo, e si tastò il polso per accertarsi di non essere febbricitante. Lo strano rumore continuava, accompagnato ora da un distinto strascicare di passi. Il ministro s’infilò le pantofole, tolse dal cassetto del tavolino da notte una minuscola fiala di forma oblunga, e aprì la porta. Diritti dinnanzi a sé vide ergersi, nell’esangue luce lunare, un uomo dall’aspetto spaventoso. Aveva gli occhi rossi come due carboni ardenti: lunghi capelli grigi gli ricadevano per le spalle in ciocche incolte, e le vesti, di foggia antica, erano tutte lacere e imbrattate; dai polsi e dalle caviglie, infine, gli pendevano pesanti manette e rugginosi ceppi.
«Egregio signore,» incominciò il signor Otis «sono costretto a pregarla di oliare un po’ come si deve quelle sue catene, e le ho portato a questo scopo una bottiglietta di Lubrificante Solare Tammany. Me lo hanno garantito efficacissimo sin dalla prima applicazione, e potrà leggere parecchie testimonianze ad hoc, riportate sul foglietto di propaganda, da Oscar Wilde
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parte di alcuni tra i nostri più eminenti teologi. Glielo lascio qui per suo uso accanto alle candele della camera da letto, e sarò felicissimo di fornirglierne dell’altro, qualora ne avesse bisogno.» Con queste parole il ministro degli Stati Uniti posò la bottiglietta su un tavolo di marmo, chiuse la porta e si ritirò a riposare.
Per un attimo il fantasma di Canterville rimase letteralmente paralizzato dallo sdegno; quindi, dopo aver gettato con violenza la fiala sul lucido pavimento, svolazzò per il corridoio gemendo cupamente ed emanando una verde luce spettrale. Ma proprio nel momento in cui giungeva al sommo della grande scalinata di quercia, ecco che un uscio si spalancò lasciando intravvedere sulla soglia due figurette biancovestite, e un grosso guanciale passò sibilando a un pelo dalla sua testa. Non c’era evidentemente tempo da perdere; perciò adottando in tutta fretta la quarta dimensione come unica via di scampo, lo spettro svanì attraverso il rivestimento di legno della parete, restituendo alla casa quiete e silenzio.
Come ebbe raggiunta una piccola stanza segreta, nell’ala sinistra del castello, si appoggiò a un raggio di luna onde riprender fiato e incominciò a riflettere sulla propria situazione. Mai, mai, nella sua brillante e ininterrotta carriera tricentenaria, egli era stato così grossolanamente insultato. Ripensò alla vecchia duchessa da lui spaventata al punto di farla cadere in un E attacco isterico, mentre si ammirava davanti allo specchio nei suoi pizzi e nei suoi diamanti: pensò alle quattro cameriere che egli aveva fatto uscire di senno, semplicemente sghignazzando alle loro spalle da dietro alle tendine del guardaroba; ripensò al Rettore della parrocchia al quale aveva spento la candela una notte che usciva tardi dalla biblioteca, e che da quella volta aveva dovuto essere affidato alle cure di sir William Gull, divenuto com’era un misero essere, sempre I in preda a turbe nervose gravissime. E che dire della vecchia signora de Trémouillac la quale essendosi svegliata presto un mattino e avendo veduto uno scheletro seduto in poltrona accanto al caminetto, intento a leggere il suo diario, era stata costretta a letto per ben sei settimane da un attacco di febbre cerebrale, e non appena ristabilita si era riconciliata con la Chiesa e aveva rotto ogni rapporto con quel noto scettico che era il signor de Voltaire.
Ripensò alla notte da tregenda in cui il malvagio lord Canterville fu trovato rantolante nel proprio spogliatoio, con il fante di quadri mezzo infilato nella gola, e confessò sul punto di morire di aver sottratto a Charles James Fox 50.000 sterline al Casinò di Crockford, precisamente grazie a quella Oscar Wilde
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carta, e giurò che era stato il fantasma a fargliela ingoiare. Tutte le sue grandi imprese gli tornarono alla mente, dal maggiordomo che si era ucciso nella dispensa con un colpo di pistola per aver veduto una mano verde battere contro i vetri della finestra, alla bellissima lady Stutfield, costretta a portare sempre annodato al collo un nastro di velluto nero per nascondervi l’impronta che cinque dita di fuoco le avevano lasciato sulla pelle candida, e che alla fine si era annegata nello stagno delle carpe, in fondo al Viale del Re. Con l’egotismo entusiastico dell’artista nato, riandò col pensiero alle sue trasformazioni più famose e sorrise amaramente tra sé, rammentando la sua ultima apparizione sotto le spoglie di «Ruben il Rosso», ovvero «L’Infante Strangolato», il suo début(esordio) nella personificazione di «Gibeone l’allampanato», e il furore che aveva suscitato in una languida sera di giugno limitandosi a giocare a birilli con le proprie ossa sul terreno del campo di tennis. Ebbene, dopo tutte queste gesta, dovevano venire quattro miserabili americani moderni a offrirgli del Lubrificante Solare e a buttargli dei cuscini in testa! Era una situazione assolutamente insopportabile. D’altronde nessun fantasma mai, nel corso della storia, era stato trattato a quel modo. Decise pertanto di vendicarsi adeguatamente, e rimase immerso sino allo spuntare del giorno in un atteggiamento di profonda meditazione.
III
Allorché i componenti la famiglia Otis si riunirono il mattino successivo intorno al tavolo della prima colazione, la questione del fantasma venne discussa particolareggiatamente. Com’era naturale, il ministro degli Stati Uniti era piuttosto seccato che il suo dono fosse stato accolto con tanto malgarbo. «Io non ho l’intenzione,» disse «di recargli alcuna offesa personale, e se si considera il lunghissimo periodo di tempo da cui egli è ospite di questa casa trovo che non sia affatto educato accoglierlo con scariche di cuscini.» Osservazione molto giusta e saggia, alla quale, mi dispiace di doverlo ammettere, i gemelli scoppiarono in omeriche risate.
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