«D’altro canto,» proseguì il ministro «se lui si ostina a non adoperare il mio Lubrificante Solare ci vedremo costretti a togliergli le catene, perché sarebbe impossibile dormire, altrimenti, con quel chiasso tremendo proprio a due passi dalle stanze da letto.»

Ma il resto della settimana trascorse senza che essi venissero più Oscar Wilde

29

1887 - Il Fantasma Di Canterville

disturbati: l’unico fenomeno che seguitava ad attrarre la loro attenzione era il continuo rinnovarsi della macchia di sangue sul pavimento della biblioteca. Questo era certamente un fatto inesplicabile, dato che la porta della biblioteca veniva chiusa a chiave ogni sera dal signor Otis in persona e le finestre ermeticamente sbarrate dall’interno. Lo stesso colore, per così dire, camaleontico, della macchia, era di per sé sconcertante e dava adito a un mucchio di commenti. Alcune mattine era di un rosso cupo (quasi indiano), altre volte diventava vermiglia, poi trascolorava in fosca porpora, e un giorno che si erano riuniti in biblioteca per la preghiera in comune, secondo il semplice rito della Libera Chiesa Episcopale Americana Riformata, la trovarono trasformata in un bel verde smeraldo. Questi mutamenti caleidoscopici, com’era logico, divertivano moltissimo tutti quanti, e ogni sera davano luogo a scommesse. L’unica persona che non prendesse parte a quegli spassi era la piccola Virginia, che, chissà per quale inesplicabile motivo, appariva sempre molto preoccupata alla vista della macchia di sangue, e il mattino che la trovò color verde smeraldo quasi quasi si mise a piangere.

Il fantasma fece la seconda comparsa nella notte della domenica. Erano da poco andati a letto che intesero un fracasso pauroso nel vestibolo. Si precipitarono tutti abbasso e constatarono che una enorme, antichissima armatura, si era staccata dal suo supporto ed era caduta sul pavimento di pietra, mentre il fantasma di Canterville, seduto su una poltrona dall’alto schienale, si stava soffregando le ginocchia con un’espressione di acuta sofferenza dipinta sul volto. I gemelli, che erano venuti armati dei loro scacciacani, si affrettarono a sparargli addosso due scariche di pallottoline, con quella precisione di mira che si può ottenere soltanto dopo lunghe e attente esercitazioni sul proprio maestro di calligrafia, mentre il ministro degli Stati Uniti gli puntò addosso il revolver e, seguendo le regole dell’etichetta californese, gli ingiunse di alzare le mani. Il fantasma balzò in piedi con un urlo inumano di rabbia e guizzò tra loro, dileguò come una nebbia, spegnendo al suo passaggio la candela che Washington Otis teneva in mano e lasciandoli così immersi in un’oscurità completa. Ma arrivato che fu in cima alle scale si riprese e decise di prorompere nel suo celebre scroscio di risa demoniache. Queste gli erano state in più di un’occasione estremamente utili. Si dice che avessero fatto diventar grigia, in una sola notte, la parrucca di lord Raker, e comunque era un fatto che per causa loro ben tre governanti francesi di lady Canterville si erano licenziate prima Oscar Wilde

30

1887 - Il Fantasma Di Canterville

della fine del mese di prova. Pertanto egli rise il suo terribile riso, finché l’antica volta ne risonò ripetutamente in ogni recesso; ma la sua eco paurosa si era appena spenta che un uscio si aperse e la signora Otis vi si affacciò avvolta in una veste da camera azzurro chiaro dicendo: «Ho proprio paura che lei non stia affatto bene. Perciò le ho portato una bottiglia di Tintura del Dottor Dobell. Se si tratta di indigestione lo troverà un rimedio veramente ottimo». Il fantasma le lanciò un’occhiata satanica di indignazione e incominciò subito a fare i preparativi necessari per potersi trasformare in un enorme cane nero, una bravura per la quale era giustamente rinomato e alla quale il medico di famiglia aveva sempre attribuito l’idiozia congenita dello zio di lord Canterville, l’onorevole Thomas Horton. Ma un rumore di passi che si avvicinavano lo fece recedere dal suo bieco proposito, e si accontentò pertanto di diventare appena appena fosforescente, dileguandosi con un profondo e funereo gemito proprio nel momento in cui i gemelli stavano per piombargli addosso.

Ma come fu nella sua stanza le forze lo abbandonarono ed egli cadde in preda a una violenta agitazione. La volgarità dei gemelli e il rozzo materialismo della signora Otis erano, si capisce, molto spiacevoli, ma ciò che lo rendeva addirittura disperato era l’aver dovuto constatare di non essere stato capace d’indossare la cotta di maglia. Aveva sperato che persino degli americani moderni si sarebbero emozionati a vedere uno spettro in armatura, se non per altro motivo, almeno per rispetto del loro poeta nazionale Longfellow, sulle cui poesie così piene di grazia e di fascino egli stesso si era intenerito nelle lunghe ore d’ozio, mentre i Canterville erano in città. Era la sua armatura, per giunta: l’aveva indossata al torneo di Kenilworth, e ne era stato molto complimentato niente di meno che dalla Regina Vergine in persona. Tuttavia, non appena aveva tentato di mettersela, poc’anzi, il peso dell’enorme corazza e dell’elmo d’acciaio lo avevano completamente sopraffatto, ed egli era caduto pesantemente sul pavimento di pietra sbucciandosi le ginocchia e ammaccandosi seriamente le nocche della mano destra.

Dopo questa disavventura si ammalò gravemente per diversi giorni e non abbandonò la propria stanza se non per tenere in efficienza la macchia di sangue. Alla fine però, a forza di curarsi, si ristabilì in salute e decise di compiere un terzo tentativo per spaventare il ministro degli Stati Uniti e la sua famiglia. Scelse il 17 di agosto, che cadeva di venerdì, per fare la sua Oscar Wilde

31

1887 - Il Fantasma Di Canterville

comparsa, e passò quasi l’intera giornata a rivedere il proprio guardaroba: la sua scelta cadde finalmente su un grande cappello con la tesa all’ingiù ornato di una piuma rossa, di un sudario sfrangiato ai polsi e al collo, e di una daga arrugginita. Verso sera scoppiò un violento temporale accompagnato da pioggia, e il vento era così furibondo che tutte le porte e le finestre del vecchio castello ne tremavano con gemiti e scricchiolii paurosi. Era un tempo infernale, proprio come piaceva a lui. Il suo piano d’azione era il seguente: sarebbe entrato piano piano nella camera di Washington Otis, gli avrebbe borbottato parole sconnesse dai piedi del letto, poi si sarebbe pugnalato per tre volte alla gola al suono di una musica in sordina.