Per lui ogni notte significava un nulla, una tomba, un annientamento. Non aveva ancora la capacità di stendersi ogni giorno sul letto di morte senza darsene pensiero.

Per questo aveva sempre sospettato che dietro ci fosse qualcosa che gli tenevano nascosto. Le notti gli parevano scure porte d’accesso a piaceri misteriosi che gli erano stati occultati, così che la sua vita rimaneva vuota e infelice.

Si ricordò di uno strano riso di sua madre e di un suo stringersi più forte, come per scherzo, al braccio del marito. Vi aveva fatto caso una di quelle sere, e ciò sembrava escludere ogni dubbio: anche il mondo di quelle persone tranquille e insospettabili doveva avere una porta d’uscita. E adesso che sapeva poteva pensarci solo con quel certo sorriso di cui cercava invano di contrastare la maligna diffidenza…

Intanto Boena continuava a discorrere. Törless si mise distrattamente in ascolto. Stava parlando di uno che veniva anche lui quasi ogni domenica… «Ma come si chiama? È uno della tua età.»

«Reiting?»

«No.»

«Che aspetto ha?»

«È alto più o meno come quello lì,» Boena indicò Törless «solo che ha la testa un po’ troppo grossa.»

«Ah, Basini?»

«Sì, sì, ha detto che si chiama così. È proprio ridicolo. E fa il grande: beve solo vino. È stupido però. Spende un sacco di soldi e non combina niente, mi racconta e basta. Si vanta degli amori che dice di avere a casa: ma cosa se ne fa? Io lo vedo benissimo che è la prima volta in vita sua che sta con una donna. Anche tu sei ancora un bamboccio, però sei sfacciato. Lui invece non sa fare, per questo mi racconta in lungo e in largo com’è che un gaudente - sì, ha detto proprio così - deve comportarsi con le donne. Dice che tutte quante non sono buone che a questo. Ma voialtri cosa volete saperne, alla vostra età?»

Beineberg le rispose con un ghigno canzonatorio.

«Sì, sì, ridi!» l’investì Boena divertita. «Una volta gli ho domandato se non si sarebbe vergognato di fronte a sua madre. “Madre?… Madre?” ha detto lui. “Che roba è? Questo adesso non esiste. L’ho lasciato a casa prima di venire da te…” Già, apri bene le orecchie, così siete fatti! Bella razza di figli, voialtri signorini, le vostre madri quasi quasi mi fan pena!…»

A queste parole Törless riebbe davanti agli occhi se stesso come s’era visto poco prima: nell’atto di lasciarsi tutto quanto alle spalle e di tradire l’immagine dei suoi genitori. E adesso gli toccava accorgersi che con ciò faceva una cosa neppure terribilmente insolita ma anzi comunissima. Ne ebbe vergogna. Ma intanto erano tornati anche gli altri pensieri. Lo fanno anche loro! Ti tradiscono! Hai degli insospettati compagni di prodezze. Forse, chissà come, per loro è diverso, ma anche loro devono provare la stessa cosa: uno spaventoso, segreto piacere. Qualcosa in cui uno può affogare con tutta la sua paura della monotonia dei giorni… O forse loro ne sanno persino di più?… Cose assolutamente fuori dell’ordinario? Di giorno loro sono così distesi… E quel riso di sua madre?… Come se andasse in giro con passo tranquillo a chiudere tutte le porte.

 

In questa lotta ci fu un momento in cui Törless cedette, abbandonandosi col cuore stretto all’uragano.

E proprio in quel momento Boena si alzò e venne verso di lui.

«Ma come mai il piccolo non parla? Ha i pensieri?» Beineberg bisbigliò qualcosa e sorrise malignamente.

«Che? Nostalgia? Ah, la mamma è partita! E subito il bambino cattivo corre da una così!»

Boena gli affondò dolcemente tra i capelli la mano con le dita aperte. «Dai, non fare lo stupido. Dammi un bacio, va. I signori non son mica fatti di zucchero neanche loro.» E gli piegò la testa all’indietro.

Törless avrebbe voluto dire qualcosa, riscuotersi per rispondere con una battuta scurrile; sentiva che tutto ora dipendeva da una sua parola indifferente e distaccata, ma non riuscì a emettere un suono. Fissò con un sorriso impietrito la faccia devastata che sovrastava la sua, quegli occhi sfocati, poi il mondo esterno cominciò a farsi piccolo, ad allontanarsi sempre più… Affiorò per un istante l’immagine del giovane contadino che aveva raccattato il sasso, e sembrò schernirlo… Poi fu solo…

 

[4]

 

 

 

«Ehi, l’ho pescato!» bisbigliò Reiting.

«Chi?»

«Il ladro degli armadietti.»

Törless era appena rientrato con Beineberg.