Sapeva che Beineberg aveva chiavi false per tutti i locali delle cantine e dei solai. Sapeva che scompariva spesso per parecchie ore dalla classe e si rintanava da qualche parte - su in alto fra le travi del solaio o sotto terra, in uno dei molti scantinati a volta cadenti e pieni di diramazioni - per leggere strane storie al lume di una piccola lampada che portava sempre con sé, o farsi ispirare riflessioni sulle cose soprannaturali.
Qualcosa di simile sapeva anche di Reiting. Anche quello aveva i suoi angoli nascosti dove conservava diari segreti; solo che questi erano zeppi di arditi piani per il futuro e di precise annotazioni sull’origine, l’avvio e il decorso dei numerosi intrighi che lui ordiva tra i compagni. Perché Reiting non conosceva piacere maggiore dell’istigare gli uni contro gli altri, del sopraffare questo con l’aiuto di quello e del bearsi di favori e blandizie ottenuti per forza e sotto la cui scorza poteva ancora avvertire la resistenza dell’odio.
«Mi alleno,» era l’unica sua giustificazione, e la dava con un sorriso amabile. Di allenamento doveva servirgli a suo dire anche la boxe che praticava quasi ogni giorno in qualche luogo appartato, o contro un muro o contro un albero o un tavolo, per rafforzarsi le braccia e indurirsi le mani con i calli.
Törless sapeva tutto questo ma lo capiva solo fino a un certo punto. Varie volte aveva seguito sia Reiting che Beineberg nei loro bizzarri itinerari, e gli era piaciuto, naturalmente, ciò che questi avevano d’inconsueto. E anche un’altra cosa gli piaceva: uscire, dopo, alla luce del giorno, fra tutti gli altri compagni, nella loro gaiezza, mentre si sentiva ancora palpitare dentro, negli occhi e negli orecchi, le emozioni della solitudine e le allucinazioni del buio. Ma se in quei casi Beineberg o Reiting, per avere qualcuno con cui poter parlare di se stessi, gli spiegavano cosa li inducesse a far questo, lui non riusciva a capire. Reiting gli pareva addirittura un esaltato. Parlava infatti preferibilmente di come suo padre fosse stato un curioso tipo di nomade che un giorno aveva finito con lo scomparire: pareva del resto che il suo fosse solo un falso nome sotto cui si celava quello di un’illustre casata. Lui pensava che un giorno sua madre l’avrebbe messo al corrente di certi suoi considerevoli diritti, aveva in mente colpi di stato e operazioni di alta politica e di conseguenza voleva diventare ufficiale.
Simili progetti Törless non riusciva proprio a figurarseli seriamente. I secoli delle rivoluzioni gli sembravano passati una volta per tutte. Eppure Reiting sapeva fare sul serio. Anche se, per il momento, solo in piccolo. Era un tiranno, e inesorabile contro chi gli si opponeva. Il suo seguito cambiava da un giorno all’altro, però la maggioranza era sempre dalla sua parte. Proprio qui stava il suo talento. Aveva fatto uno o due anni prima una gran guerra a Beineberg, che s’era conclusa con la sconfitta di quest’ultimo. Alla fine Beineberg era rimasto piuttosto isolato, benché nel giudizio degli altri non fosse certo molto da meno del suo antagonista quanto a sangue freddo e a capacità di destare antipatie contro chi gli era avverso. A lui però mancava l’amabilità e il fare cattivante dell’altro. La sua compassatezza e la sua unzione filosofica ispiravano diffidenza quasi a tutti quanti. Al fondo della sua natura si sospettavano chissà quali depravazioni. Tuttavia aveva creato a Reiting grandi difficoltà, e la vittoria di quello era stata quasi fortuita. Da quel tempo, per reciproco interesse, avevano fatto causa comune.
Törless, invece, restava indifferente di fronte a queste cose e perciò non aveva nemmeno destrezza in esse. D’altra parte era rinchiuso anche lui in quel mondo e poteva vedere ogni giorno con i propri occhi cosa significhi avere, all’interno di uno stato - giacché in un simile collegio ogni classe è un piccolo stato a sé - la posizione più prestigiosa. Per questo provava un certo timido rispetto per i suoi due amici. Gli impulsi, che talvolta lo prendevano, d’imitarli, si limitavano a tentativi dilettanteschi. In tal modo lui, che oltre tutto era più giovane, finiva col sostenere nei loro confronti la parte dello scolaro o dell’aiutante. Lui godeva la loro protezione, gli altri due però ascoltavano volentieri i suoi consigli. La mente di Törless infatti, era la più agile.
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