Guardate quella sua faccia ipocrita e confrontatela con le poesie altisonanti che ha scritto per il primo maggio. He-he-he... «Garrite, vessilli!» e «Sprofondate, nemici!», ma guardategli dentro che cosa pensa... e resterete di sasso! - e Ivan Nikolaeviè scoppiò in una risata sinistra.
Rjuchin aveva il respiro pesante, era rosso, e pensava solo che si era scaldato una serpe in seno e che era stato premuroso con uno che, alla prova dei fatti, si era rivelato un nemico acerrimo. Il peggio è che non si poteva farci nulla: mica si discute con un malato di mente!
- E perché mai l'hanno portato qui? - chiese il medico dopo aver ascoltato con attenzione l'invettiva di Bezdomnyj.
- Il diavolo se li prenda, quegli scimuniti! Mi hanno preso, legato con degli stracci, e portato qui su un camion!
- Posso chiederle come mai è andato al ristorante con la sola biancheria intima addosso?
- Niente di strano, - rispose Ivan, - sono andato a fare un bagno nella Moscova, e mi hanno fregato i vestiti, lasciandomi questa robaccia. Non potevo mica girare per Mosca nudo! Mi sono infilato quello che c'era, perché avevo premura di arrivare al Griboedov.
Il medico guardò con espressione interrogativa Rjuchin, che borbottò tetro:
- Si chiama cosí il ristorante.
- Aha, - disse il medico, - e perché aveva tanta premura? Un appuntamento d'affari?
- Devo acciuffare il consulente, - rispose Ivan Nikolaeviè, e si guardò intorno preoccupato.
- Che consulente?
- Lei conosce Berlioz? - chiese Ivan con fare significativo.
- Chi... il compositore?
Ivan perse la calma.
- Ma che compositore d'Egitto! Ah sí... No, no. Il compositore è un omonimo di Miša Berlioz.
Rjuchin non aveva voglia di parlare, ma fu costretto a spiegare:
- Il segretario del MASSOLIT, Berlioz, è stato schiacciato da un tram, questa sera ai Patriaršie.
- Non inventare quello che non sai! - inveí Ivan contro Rjuchin. - Lí c'ero io, non tu! L'ha fatto andare apposta sotto il tram!
- Gli ha dato una spinta?
- Che c'entra la «spinta»? - esclamò Ivan, infuriandosi per la stupidità generale. - Uno come lui non ha bisogno di spingere! Può giocarti certi tiri, quello, che ti lasciano a bocca aperta! Sapeva in anticipo che Berlioz sarebbe finito sotto il tram!
- Oltre a lei, qualcuno ha visto questo consulente?
- È lí il guaio, solo io e Berlioz.
- Capito. Che misure ha preso per catturare l'assassino? - il medico si voltò e lanciò un'occhiata a una donna in camice bianco, seduta a un tavolino appartato. Quella prese un foglio di carta e cominciò a riempire le parti in bianco delle varie voci.
- Che misure? Ho preso un cero in cucina
- Questo? - chiese il medico indicando il cero rotto che giaceva sul tavolino davanti alla donna, insieme con l'icona.
- Proprio questo, e...
- E l'icona a che serve?
- Già, l’icona... - Ivan arrossí. - E stata proprio l'icona a spaventarli piú di tutto -. Puntò di nuovo il dito verso Rjuchin. - Ma il fatto è che lui, il consulente... bÈ, parliamoci chiaro... ha legami con il diavolo... e non sarà tanto facile prenderlo.
Gli infermieri, chi sa perché, si misero sull'attenti e non distolsero piú gli occhi da Ivan.
- Già, - proseguí Ivan, - ha dei legami! È un fatto sicuro. Ha parlato personalmente con Ponzio Pilato. Non è proprio il caso di guardarmi cosí, dico la pura verità! Ha visto tutto, e il balcone, e le palme. Insomma, è stato da Ponzio Pilato, ve lo garantisco io.
- Già, già...
- Allora io mi sono attaccato l'icona sul petto, e sono corso via...
L'orologio batté due colpi.
- Ohè! - esclamò Ivan e si alzò dal divano. - Sono le due, e io sto a perdere tempo con lei! Scusi, dov'è il telefono?
- Lasciatelo telefonare, - disse il dottore agli infermieri.
Ivan afferrò il ricevitore, mentre la donna chiedeva con voce sommessa a Rjuchin:
- È sposato?
- Scapolo, - rispose Rjuchin impaurito.
- Iscritto al sindacato?
- Sí.
- Polizia? - gridò Ivan al telefono. - Polizia? Compagno poliziotto, disponga subito che mandino cinque moto con mitra per prendere il consulente straniero. Come? Mi passino a prendere, li accompagnerò io stesso... Parla il poeta Bezdomnyj, dal manicomio... Qual è il vostro indirizzo? - sussurrò al medico, coprendo il ricevitore con la mano; poi gridò di nuovo: - Mi sentite? Pronto!... È una vergogna! - urlò di colpo e sbatté il ricevitore contro il muro. Poi si voltò verso il medico, gli tese la mano, disse seccamente: «Arrivederci», e si accinse ad andarsene.
- Per carità, ma dove vuole andare? - disse il medico fissando Ivan negli occhi.
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