LUI: In soprabito di velluto grigio…

IO: Sì, sì.

LUI: Consunto da un lato, con la manica strappata e le calze di lana nere, rattoppate dietro col filo bianco.

IO: Eh, sì, sì, proprio come dite.

LUI: Che facevate allora nel viale dei Sospiri?

IO: Una figura assai triste.

LUI: Uscendo di là, camminavate a lungo.

IO: Proprio così.

16

LUI: Davate lezioni di matematica.

IO: Senza saperne una parola: a questo volevate arrivare?

LUI: Precisamente.

IO: Imparavo insegnando agli altri, e ho fatto parecchi buoni scolari.

LUI: E’ possibile; ma la musica non è come l’algebra e la geometria. Oggi che siete un uomo autorevole…

IO: Non così autorevole.

LUI: Che avete dei risparmi.

IO: Molto pochi.

LUI: Prendete insegnanti per vostra figlia.

IO: Non ancora. Sua madre si occupa della sua educazione; perché bisogna aver la pace in famiglia.

LUI: La pace in famiglia? Perdio! La si ha soltanto se si è il servo o il padrone, e bisogna essere il padrone. Io ho avuto una moglie: Dio voglia accogliere la sua anima! Ma quando le capitava talvolta di ribellarsi, io prendevo un’attitudine minacciosa, facevo tuoni e fulmini, e dicevo come Dio: “Sia fatta luce”, e la luce era fatta. Così nello spazio di quattro anni si contano sulle punte delle dita le volte in cui uno di noi abbia alzato la voce.

Che età ha vostra figlia?

IO: Questo non c’entra.

LUI: Che età ha?

IO: E che diavolo! Lasciamo mia figlia e la sua età, e torniamo agli insegnanti che dovrà avere.

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LUI: Perdio! non conosco nulla di più testardo di un filosofo. Vi supplico umilmente, non si potrebbe sapere dal signor filosofo quale età approssimativamente può avere sua figlia?

IO: Supponete che abbia otto anni.

LUI: Otto anni! Dovrebbe avere le dita sul pianoforte già da quattro anni.

IO: Ma forse io non mi curo troppo di far entrare nel programma della sua educazione uno studio che impegna così a lungo e che serve a così poco.

LUI: E che cosa le insegnerete, allora?

IO: A ragionar bene, se posso; cosa assai poco comune tra gli uomini, e ancor più rara tra le donne.

LUI: Ma lasciatela sragionare quanto vorrà, purché sia graziosa, divertente e civetta.

IO: Poiché la natura è stata abbastanza ingrata verso di lei, conferendole un organismo delicato ed un’anima sensibile, ed esponendola alle stesse pene della vita come se essa avesse un organismo forte e un cuore di bronzo, le insegnerò, se ci riesco, a sopportarle con coraggio.

LUI: Ma lasciatela piangere, soffrire, fare la smorfiosa, avere i nervi come le altre, purché sia graziosa, divertente e civetta.

Che! niente danza?

IO: Non più di quel che occorre per fare una riverenza, avere un contegno decoroso, presentarsi bene e saper camminare.