LUI: Niente canto?
IO: Non più di quel che occorre per avere una buona pronuncia.
LUI: Niente musica?
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IO: Se ci fosse un buon maestro di armonia, gliel’affiderei volentieri due ore al giorno per uno o due anni: non di più.
LUI: E al posto delle cose essenziali che sopprimete…
IO: Metto la grammatica, la mitologia, la storia, la geografia, un po’ di disegno e molta morale.
LUI: Come mi sarebbe facile provarvi l’inutilità di tutte queste conoscenze in un mondo come il nostro; che dico, l’inutilità!
forse il pericolo! Ma per il momento mi limiterò ad una domanda: non avrà bisogno di uno o due maestri?
IO: Senza dubbio.
LUI: Ah! Eccoci di nuovo. E voi sperate che questi maestri sappiano la grammatica, la mitologia, la storia, la geografia, la morale di cui daranno lezione? Illusioni, mio caro, illusioni! Se avessero di queste cose tale conoscenza da poterle insegnare, non le insegnerebbero.
IO: E perché?
LUI: Perché avrebbero passato l’intera vita a studiarle. Bisogna essere profondi nell’arte e nella scienza, per ben possederne gli elementi. Le opere classiche non possono essere fatte bene se non da coloro che sono invecchiati nel lavoro: il mezzo e la fine schiariscono le tenebre del principio.
Domandate al vostro amico, il signor D’Alembert, il corifeo della scienza matematica, se sarebbe così bravo da esporne i primi elementi. Solo dopo trenta o quaranta anni di esercizio mio zio ha intravisto le prime luci della teoria musicale.
IO: O pazzo, arcipazzo (esclamai), come si può che nella tua testa bacata si trovino idee così giuste mischiate con tante idee stravaganti?
LUI: Chi diavolo lo sa? Il caso ve le getta, e vi restano. Vero è che quando non si sa tutto, non si sa bene niente; si ignora dove una cosa va, donde un’altra viene, dove l’una e l’altra vanno collocate, quale deve venir prima, quale è meglio che venga dopo.
Si può insegnare senza metodo? E il metodo donde nasce? Vedete, caro filosofo, ho in mente che la fisica sarà sempre una povera scienza, una goccia d’acqua attinta con la punta di un ago nel vasto 19
oceano, un granello staccato dalla catena delle Alpi. E le ragioni dei fenomeni? In verità, tanto varrebbe ignorare tutto, che saper così poco e così male, e mi trovavo proprio a questo punto quando mi feci maestro di accompagnamento e di composizione.
A che pensate?
IO: Penso che tutto quello che avete detto è più appariscente che solido. Ma lasciamo andare.
Dicevate di aver insegnato accompagnamento e composizione.
LUI: Sì.
IO: E non ne sapevate proprio nulla?
LUI: No, davvero; per questo c’era gente peggiore di me: coloro che credevano di saper qualcosa.
Almeno io non rovinavo né l’intelletto né le mani dei bambini. Passando da me a un buon maestro, siccome non avevano imparato nulla, non avevano almeno nulla da disimparare, ed era sempre altrettanto denaro e tempo guadagnati.
IO: Come facevate?
LUI: Come fanno tutti. Arrivavo, mi gettavo su una sedia. “Che tempo cattivo, com’è faticosa la strada!”. Parlavo di qualche novità: “La signorina Lemierre doveva fare una parte di vestale nell’opera nuova, ma è incinta per la seconda volta; non si sa chi la sostituirà. La signorina Arnoud ha lasciato il suo contino; si dice che sia in trattative con Bertin. Il contino ha trovato intanto la formula della porcellana del signor di Montamy.
Nell’ultimo concerto dei dilettanti c’era un’italiana che ha cantato come un angelo. Che magnifico corpo ha quel Préville, bisogna vederlo nel “Mercurio galante”, l’episodio dell’enigma è fantastico!
Quella povera Dumesnil non sa più né quel che dice né quel che fa.
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