Andiamo, signorina, prendete il libro.”. Mentre la signorina cerca senza alcuna fretta il libro che ha smarrito, mentre si chiama una cameriera e la si sgrida, io continuo: “La Clairon è veramente incomprensibile. Si parla di un matrimonio assai piccante: quello della signorina… come la chiamate? quella ragazzina che egli manteneva, dalla quale ha avuto due o tre bambini, e che era stata mantenuta da tanti altri.”.

“Andiamo, Rameau, non è possibile; dite cose senza senso.”. “No, non sragiono minimamente: si dice addirittura che la cosa è già fatta.

Corre voce che Voltaire sia morto; tanto meglio.”. “E perché tanto meglio?”. “Forse ci vuol preparare qualche bello scherzo; ha l’abitudine di morire quindici giorni in anticipo.”. Che ancora?

20

Raccontavo qualche storiella che avevo raccolto nelle case dove ero stato, perché noi siamo tutti grandi diffonditori di notizie.

Facevo il pazzo, mi ascoltavano, ridevano, esclamavano: “E’ sempre divertentissimo!”. Intanto, il libro della signorina veniva finalmente trovato sotto una poltrona, dove era stato trascinato, morsicato, strappato da un cucciolo o da un gattino. Ella si sedeva al clavicembalo; incominciava a farvi rumore da sola, poi mi avvicinavo io, dopo aver fatto alla madre un cenno di approvazione. La madre: “Non va male; ci vorrebbe solo un po’ di volontà, ma è questa che manca. Si preferisce perdere il tempo a chiacchierare, a far dispetti, a correre e non so che altro. Non siete ancora uscito e già il libro è chiuso, e viene riaperto solo al vostro ritorno. Voi, poi, che non la sgridate mai…”.

Intanto, poiché si doveva pur fare qualcosa, le mettevo le mani in una posizione diversa, mi arrabbiavo, esclamavo: “Sol, sol, sol, signorina, è un sol!”. La madre: “Signorina, non avete orecchio?

Io che non sono al clavicembalo, e che non vedo il libro, sento che ci vuole un sol. Non so come il signore sopporti con tanta pazienza tutte le pene che gli causate. Non ricordate nulla di quel che vi dice, non progredite neanche un tantino…”. Allora io diminuivo un po’ i colpi, e dicevo scuotendo la testa:

“Perdonatemi, signora, perdonatemi. Potrebbe andar meglio, se la signorina volesse, se studiasse un po’; ma non c’è poi tanto male.”. La madre: “Al vostro posto, la terrei un anno sullo stesso pezzo.”

“Oh, quanto a questo, non glielo farò lasciare se non avrà superato tutte le difficoltà; ma non ci vorrà tanto tempo come la signorina crede.”. La madre: “Signor Rameau, voi la lusingate; siete troppo buono. Ecco la sola cosa della lezione che ella terrà a mente e che all’occasione saprà ripetermi.”. L’ora passava, la mia scolara mi presentava il compenso con un gesto grazioso del braccio e la riverenza che aveva appreso dal maestro di danza. Lo mettevo in tasca, mentre la madre diceva: “Molto bene, signorina; se Javillier fosse qui, vi applaudirebbe.”. Chiacchieravo ancora un attimo per educazione; poi sparivo. Ed ecco, vi ho descritto qual era allora una lezione di accompagnamento.

IO: E oggi, la cosa è diversa?

LUI: Lo credo bene, perdio! Arrivo, ho l’aria seria, mi affretto a deporre il manicottto.