Apro il clavicembalo, provo la tastiera. Ho sempre fretta; se mi fanno aspettare un momento grido come se mi rubassero uno scudo. Tra un’ora devo essere in quel dato posto, tra due ore devo trovarmi presso la tale duchessa. Sono atteso a cena da una bella marchesa e, uscendo di là, c’è un concerto del barone di Bagge in via nuova dei Petits-Champs.
IO: E invece non siete atteso in nessun luogo?
LUI: Proprio così.
21
IO: E perché adoperate tutte queste piccole, vili astuzie?
LUI: Vili? E perché, di grazia? Sono di prammatica, nella mia condizione: non mi avvilisco affatto, se faccio quel che fanno tutti. Non sono stato io a inventarle, e sarei incauto e bizzarro se non me ne servissi. Veramente, so benissimo che, se volessimo applicare a questo alcuni principii generali di non so quale morale che tutti hanno sulle labbra e che nessuno segue, apparirà nero quel che è bianco, e bianco quel che è nero. Ma, signor filosofo, vi è una coscienza generale come vi è una grammatica generale, e poi vi sono eccezioni in ogni lingua, che voialtri dotti chiamate, credo…
aiutatemi…
IO: Idiotismi.
LUI: Proprio così. Ebbene, ogni condizione sociale ha le sue eccezioni alla coscienza generale, e a queste darei volentieri il nome di idiotismi di mestiere.
IO: Capisco. Fontenelle parla bene, scrive bene, quantunque il suo stile brulichi di idiotismi francesi.
LUI: E il sovrano, il ministro, il finanziere, il magistrato, il militare, il commerciante, il banchiere, l’artigiano, il maestro di canto, il maestro di danza sono gente del tutto onesta, quantunque la loro condotta si allontani in molti punti dalla coscienza generale e sia piena di idiotismi morali. Più un’istituzione è antica, più fioriscono gli idiotismi; più i tempi sono infelici, più gli idiotismi si moltiplicano. Il mestiere vale quanto l’uomo che lo esercita, e viceversa l’uomo vale quanto il suo mestiere. Perciò si fa valere il proprio mestiere più che si può.
IO: Quel che capisco chiaramente in tutto questo groviglio è che vi sono pochi mestieri esercitati onestamente, ovvero poche persone oneste nel loro mestiere.
LUI: Bravo! non ce ne sono affatto; ma in cambio vi sono pochi bricconi fuori dalla loro bottega; e tutto andrebbe abbastanza bene senza un certo numero di individui che si dicono assidui, puntuali, rigorosi esecutori del proprio dovere, ligi, o, che fa lo stesso, continuamente presenti nella propria bottega, dediti al loro mestiere dalla mattina alla sera, e nient’altro che a questo.
Motivo per il quale sono essi i soli che diventano ricchi e vengono stimati.
IO: A forza di idiotismi.
LUI: Proprio così! Vedo che mi avete capito. Or dunque un idiotismo comune a quasi tutte le condizioni - poiché ve ne sono di comuni a tutti i paesi e a tutti i tempi, così come vi sono idiozie comuni - un idiotismo comune è quello di procurarsi il maggior numero di clienti possibile e di 22
credere che il più abile sia chi ne ha di più. Ecco due eccezioni alla coscienza generale alle quali bisogna piegarsi. E’ una specie di credito. Non è nulla in sé, ma ha valore per la pubblica opinione.
Si è detto che “una buona rinomanza valeva più di una cintura dorata”, tuttavia chi ha una buona rinomanza non ha nessuna cintura dorata, e vedo che oggi colui che ha una cintura dorata non manca mai di rinomanza.
Occorre, per quanto è possibile, possedere le due cose insieme; questo è il mio intento quando mi faccio valere per ciò che voi qualificate coi termini di astuzie vili, di indegne e piccole furberie. Dò lezione, e la dò bene, ecco la regola generale.
Faccio vedere che devo dare lezioni per un numero di ore maggiore di quanto ne contenga un’intera giornata, ed ecco l’idiotismo.
1 comment