IO: E la lezione, la fate bene?
LUI: Sì, non tanto male, in modo passabile. Il basso fondamentale del caro mio zio ha semplificato molto le cose. In altri tempi, rubavo il denaro del mio allievo, sì, lo rubavo, è certo; oggi me lo guadagno almeno come gli altri.
IO: E lo rubavate senza rimorsi?
LUI: Oh, senza rimorsi! Si dice che “se un ladro ne deruba un altro, il diavolo se la ride”. I genitori dei miei allievi erano di una esorbitante ricchezza, Dio sa come procurata: erano persone di corte, finanzieri, grossi commercianti, banchieri, uomini d’affari. Io li aiutavo a restituire, io e un mucchio di altre persone che essi impiegavano come me. Nella natura, tutte le specie si divorano tra loro; e tutte le condizioni si divorano tra loro nella società: noi facciamo giustizia gli uni degli altri, senza che la legge possa intervenirvi. Un tempo era la Deschamps, ora è la Guimard a vendicare il principe ai danni del finanziere; e la venditrice di mode, il gioielliere, il tappezziere, la venditrice di biancheria, lo scroccone, la cameriera, il cuoco, il sellaio vendicano il finanziere ai danni della Deschamps. In mezzo a tutto questo, solo l’imbecille e l’ozioso vengono danneggiati senza aver vessato nessuno, ed è giusto che sia così. Donde vedete che quelle eccezioni alla coscienza generale, o quegli idiotismi morali di cui si fa tanto rumore sotto la denominazione di “Profitti illeciti” non sono nulla, e tutto sommato solo il colpo d’occhio non deve sbagliare.
IO: Ammiro il vostro.
LUI: E poi la miseria. La voce della coscienza e dell’onore è assai debole quando le budella reclamano. Basta che, se mai diventerò ricco, restituisca anch’io, e sono ben deciso a farlo in tutte le maniere possibili: con la tavola, col gioco, col vino, con le donne.
IO: Ma temo che voi non diventerete mai ricco.
23
LUI: Ne ho anch’io il sospetto.
IO: Ma, se capitasse, cosa fareste?
LUI: Farei come tutti i pezzenti arricchiti: sarei il più insolente briccone che si sia mai visto. Allora mi ricorderei tutto quello che ho sofferto, e ricambierei tutte le angherie che ho subito. Mi piace comandare, e comanderò. Mi piace esser lodato, e lo sarò. Avrò al mio soldo tutti i parassiti di Vilmorien, e dirò loro tutto quello che hanno detto a me: “Suvvia, bricconi, fatemi divertire!”; e mi faranno divertire; “Parlatemi male della gente perbene”, e la diffameranno, se ve ne sarà ancora; e poi avremo belle ragazze, ci daremo del tu quando saremo ubriachi; ci inebrieremo, ci racconteremo storielle, avremo ogni sorta di difetti e di vizi. Sarà delizioso. Dimostreremo che Voltaire è privo di genio, che Buffon, sempre agghindato e issato sui trampoli, non è che un declamatore ampolloso; che Montesqieu è soltanto un bello spirito; relegheremo D’Alembert nelle sue matematiche; meneremo botte a tutti i piccoli Catoni come voi che ci disprezzeranno per invidia, nei quali la modestia serve a coprire l’orgoglio, e la sobrietà è la legge del bisogno. E la musica? Sì che ne faremo, allora!
IO: Al degno uso che farete della ricchezza, vedo quanto sia gran peccato la vostra povertà. Voi vivreste in un modo davvero onorevole per la specie umana, davvero utile per i vostri concittadini, davvero glorioso per voi.
LUI: Ma io credo che mi prendete in giro. Signor filosofo, voi non sapete di chi vi fate beffa, non sospettate che in questo momento io rappresento la parte più importante della città e della corte.
I nostri ricconi di tutte le condizioni sociali possono essersi detti o no le cose che io vi ho confidato, ma il fatto è che la vita che io condurrei al loro posto è esattamente la loro. Ecco a che punto siete, voialtri: credete che la felicità sia adatta a tutti. Che strano modo di vedere! La vostra felicità presuppone uno spirito romanzesco che noi non abbiamo, un’anima singolare, un gusto particolare.
1 comment