Voi decorate questa bizzarria col nome di virtù, la chiamate filosofia; ma la virtù, la filosofia, sono forse fatte per tutti? Ne ha chi può. Immaginate un universo saggio e filosofico: e convenite che sarebbe enormemente triste.

Invece, viva la filosofia, viva la saggezza di Salomone: bere buon vino, ingozzarsi di cibi delicati, darsi da fare con belle ragazze, riposare in letti morbidi. Tolto questo, il resto non è che vanità.

IO: Come! E difendere la patria?

LUI: Vanità! Non vi è più patria: da un polo all’altro non vedo che tiranni e schiavi.

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IO: Aiutare gli amici?

LUI: Vanità! Esistono gli amici? E se ne avessimo, perché farne degli ingrati? Riflettete, e vedrete che l’ingratitudine è quasi sempre tutto quanto si raccoglie dai servizi resi. La riconoscenza è un peso, e ogni peso è fatto per essere scrollato via.

IO: Esercitare una funzione sociale e adempierne i doveri?

LUI: Vanità! Che importa avere o no una funzione sociale, quando si è già ricchi, dato che la si esercita solo per diventarlo?

Adempiere i propri doveri, a che porterebbe? Alla gelosia, al disordine, alla persecuzione. Così si progredisce, forse? Fare il mestiere del cortigiano, perdio! frequentare i potenti, studiarne i gusti, prestarsi alle loro fantasie, servire i loro vizi, approvare le loro ingiustizie: ecco il segreto.

IO: Attendere all’educazione dei propri figli?

LUI: Vanità! E’ compito dei precettori.

IO: Ma se questi precettori, compenetrati dei vostri principi, trascurano i loro doveri, chi ne sarà punito?

LUI: Non io di certo, ma forse un giorno il marito di mia figlia o la moglie di mio figlio.

IO: E se l’uno e l’altra precipitano nella sregolatezza, nel vizio?

LUI: E’ cosa che si confà alla propria condizione.

IO: Se perdono l’onore?

LUI: Qualunque cosa si faccia, quando si è ricchi non si può mai essere disonorati.

IO: Se si rovinano?

LUI: Tanto peggio per loro.

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IO: Vedo che come vi dispensate dal sorvegliare la condotta di vostra moglie, dei vostri figli, dei vostri domestici, v’è rischio che trascuriate anche i vostri affari.

LUI: Perdonate, ma talvolta è difficile trovare danaro, ed è prudente pensarvi per tempo.

IO: Non vi occuperete di vostra moglie?

LUI: No, affatto. La miglior condotta che si possa seguire verso la nostra cara metà, ritengo sia di lasciarle fare quel che le conviene. Non credete che la società sarebbe davvero divertente se ognuno stesse al suo posto?

IO: Perché no? La sera non è mai così bella per me come quando sono contento di come ho passato la mattina.

LUI: Anche per me.

IO: Quel che rende così difficile agli uomini di società la scelta dei divertimenti è il loro ozio profondo.

LUI: Non lo crediate: si agitano molto.

IO: Non stancandosi mai, non si riposano mai.

LUI: Non lo crediate: sono sempre affaticati.

IO: Il piacere è sempre per loro un’occupazione, non una necessità.

LUI: Tanto meglio: la necessità è sempre sofferenza.

IO: Logorano tutto. La loro anima si inebetisce, la noia la invade. Colui che togliesse loro la vita, in mezzo all’abbondanza che li opprime, renderebbe loro un servigio. Essi conoscono della felicità solo la parte più effimera.