Voi potreste forse arrivarvi, diss’egli, se non fosse che ‘l fiume, che passa dinanzi alla città e che divide i confini del Piemonte da quelli di Milano, è in modo cresciuto che non vi sarà agevole il passarlo: sì che vi consiglierei che meco questa sera vi piacesse d’albergare; ché di qua del fiume ho una picciola casa, ove potrete star con minor disagio ch’in altro luogo vicino.
Mentr’egli queste cose diceva, io gli teneva gli occhi fissi nel volto, e parevami di conoscere in lui un non so che di gentile e di grazioso. Onde, di non basso affare giudicandolo, tutto ch’a piè il vedessi, renduto il cavallo al vetturino che meco veniva, a piedi dismontai e gli dissi che su la ripa del fiume prenderei consiglio, secondo il suo parere, di passar oltre o di fermar-mi: e dietro a lui m’inviai. Il qual disse: Io innanzi anderò non per attribuir-mi superiorità d’onore, ma per servirvi come guida. E io risposi: Di troppo nobil guida mi favorisce la mia fortuna: piaccia a Dio ch’ella in ogni altra cosa prospera e favorevol mi si dimostri. Qui tacque; e io lui, che taceva, seguitava; il quale spesso si rivolgeva a dietro e tutto con gli occhi dal capo a le piante mi ricercava, quasi desideroso di saper chi io mi fossi. Onde a me parve di voler, prevenendo il suo desiderio, in alcun modo sodisfarlo, e dissi: Io non fui mai in questo paese, percioché altra fiata ch’andando in Francia passai per lo Piemonte, non feci questo camino; ma, per quel ch’a me ne paia, non ho ora da pentirmi d’esserci passato, perché assai bello è il paese è da assai cortese gente abitato.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 4
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Torquato Tasso Il padre di famiglia Q
Qui egli, parendogli ch’io alcuna occasione di ragionar gli porgessi, non poté più lungamente il suo desiderio tener celato, ma mi disse: Ditemi, di grazia, chi siete e di qual patria, e qual fortuna in queste parti vi conduce. Son, risposi, nato nel regno di Napoli, città famosa d’Italia, e di madre napolitana, ma traggo l’origine paterna da Bergamo, città di Lombardia; il nome e ‘l cognome mio vi taccio, ch’è sì oscuro che, perch’io pur il vi dicessi, né più né meno sapreste delle mie condizioni: fuggo sdegno di principe e di fortuna, e mi riparo negli stati di Savoia. Ed egli: Sotto ma-gnanimo e giusto e grazioso principe vi riparate. Ma come modesto, accor-gendosi ch’io alcuna delle mie condizioni gli voleva tener celata, d’altro non m’addomandò. E poco eravamo oltre cinquecento passi caminati, ch’arrivammo in ripa al fiume, il qual correva così rapido che niuna saetta con maggior velocità da arco di Partia uscì giamai, ed era tanto cresciuto che più dentro alle sue sponde non si teneva; e per quel ch’ivi da alcuni villani mi fu detto, il passatore non voleva dispiccarsi dall’altra riva e aveva negato di tragittare alcuni cavalieri francesi, che con insolito pagamento avevan voluto pagarlo. Ond’io, rivolto al giovinetto che m’aveva guidato, dissi: La necessità m’astringe ad accettar quello invito che per elezione ancora non avrei ricusato; ed egli: Se ben io vorrei più tosto questo favore riconoscer dalla vostra volontà che dalla fortuna, piacemi nondimeno ch’el-la abbia fatto in modo che non ci sia dubbio del vostro rimanere. Io m’an-dava più sempre per le sue parole confermando ch’egli non fosse d’ignobile nazione né di picciolo ingegno; onde, contento d’essermi a così fatto oste avenuto: S’a voi piace, risposi, quanto prima riceverò il favor dell’esser al-bergato, tanto più mi sarà grato. A queste parole egli la sua casa m’additò, che dalla ripa del fiume non era molto lontana.
Ella era di nuovo fabricata ed era di tanta altezza ch’alla vista di fuor si poteva comprendere che più ordini di stanze, l’uno sovra l’altro, conte-nesse; aveva dinanzi quasi una picciola piazza d’alberi circondata; vi si sali-va per una scala doppia, la qual era fuor della porta e dava due salite assai commode per venticinque gradi, larghi e piacevoli, da ciascuna parte. Saliti la scala, ci ritrovammo in una sala di forma quasi quadrata e di convenevol grandezza; perciò che aveva due appartamenti di stanze a destra e due altri a sinistra, e altrettanti appartamenti si conosceva ch’erano nella parte della casa superiore. Aveva incontra alla porta per la quale noi eravamo entrati un’altra porta; e da lei si discendeva per altrettanti gradi in un cortile, intor-Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 5
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Torquato Tasso Il padre di famiglia Q
no al quale erano molte picciole stanze di servitori e granai, e di là si passava in un giardino assai grande e ripieno d’alberi fruttiferi, con bello e maestrevole ordine disposti. La sala era fornita di corami e d’ogni altro ornamento ch’ad abitazion di gentiluomo fosse conveniente: e si vedeva nel mezzo la tavola apparecchiata e la credenza carica di candidissimi piatti di creta, piena d’ogni sorte di frutti.
Bello e commodo è l’alloggiamento, diss’io, e non può esser se non da nobile signore posseduto, il quale tra’ boschi e nella villa la dilicatura e la politezza della città non lassa desiderare; ma sietene forse voi il signore? Io non, rispose egli, ma mio padre n’è signore, al quale piaccia Iddio di donar lunga vita: il qual non negherò che gentiluomo non sia della nostra città non del tutto inesperto delle corti e del mondo, se ben gran parte della sua vita ha spesa in contado, come colui c’ha un fratello che lungamente è stato cortigiano nella corte di Roma e ch’ivi ancor si dimora, carissimo al buon cardinal Vercelli, del cui valore e della cui auttorità in questi nostri paesi è fatta molta stima. E in qual parte d’Europa e d’Italia è conosciuto, dissi io, il buon cardinale, ove non sia stimato?
Mentre così ragionava, sopragiunse un altro giovinetto di minor età, ma non di men gentile aspetto, il qual della venuta del padre portava aviso, che da veder sue possessioni ritornava. Ed ecco sopragiungere il padre a cavallo, seguito da uno staffiero e da un altro servitore a cavallo: il quale, smontato, incontanente salì le scale. Egli era uomo d’età assai matura e vicina più tosto a’ sessanta ch’a’ cinquant’anni, d’aspetto piacevole insieme e venerando, nel quale la bianchezza de’ capelli e della barba tutta canuta, che più vecchio l’avrian fatto parere, molto accresceva di degnità. Io, fatto-mi incontra al buon padre di famiglia, il salutai con quella riverenza ch’a gli anni e a’ sembianti suoi mi pareva dovuta; ed egli, rivoltosi al maggior figliuolo, con piacevol volto gli disse: Onde viene a noi questo oste, che mai più mi ricordo d’avere in questa o ‘n altra parte veduto? A cui rispose il maggior figliuolo: Da Novara viene e a Turino se ne va. Poi, fattosi più presso al padre, gli parlò con bassa voce in modo ch’egli si ristette di volere spiar più oltre di mia condizione, ma disse: Qualunque egli sia, sia il bene arrivato: ch’in luogo è venuto ov’a’ forestieri si fa volentieri onore e servizio.
E io, della sua cortesia ringraziandolo, dissi: Piaccia a Dio che, come ora volentieri ricevo da voi questo favore dell’albergo, così in altra occasione ricordevole e grato mene possa dimostrare.
1 comment