E se ben i Greci non osservano tanto il decoro quanto par convenevole, i Romani nondimeno, che ne furono maggiori osservatori, tutto ch’il cucinare e altre simili operazioni alla madre di famiglia proibessero, gli concedevano il tessere non senza molta laude della tessitrice: e in questa operazione fu ritrovata Lucrezia da Collatino, da Bruto e da Tarquinio, quando se n’inamorò. Ma ritornando alla nostra madre di famiglia la qual, quando che sia, madre sia fortunata de’ suoi figliuoli, quanto ella più sarà lontana dalla condizione reale, tanto meno dovrà sdegnarsi d’adoprarsi in opere ancora che portan seco men di degnità e d’artificio che non porta la testura: e in questa parte par ch’ella in un certo modo s’avanzi e che co ‘l marito possa venire in paragone, percioché non solo con l’opere di tali arti conserva, ma acquista eziandio; tuttavolta, perché gli acquisti sono assai piccioli, assolutamente parlando, diremo che della moglie è proprio il conservare e del marito l’acquistare.

Ma perché le cose conservate molto meglio si possono porre in opera se sono ordinate, d’ordine diligente dee sovra ogn’altra cosa esser vaga la buona madre di famiglia, percioché, se non riserverà le cose confuse, ma separate secondo la natura e l’opportunità degli usi loro, l’avrà sempre preste ad ogni sua voglia e sempre saprà quel ch’ella abbia e quel che non abbia. E

se niun paragone si può addurre in questo proposito degno di considerazione, degnissimo è quel dell’umana memoria, la qual, facendo conserva in se medesima di tutte le imagini e di tutte le forme delle cose visibili e intelli-gibili, non potrebbe in tempo opportuno trarle fuori e alla lingua e alla penna dispensarle, s’ella non le ordinasse, e molte fiate cose in sé conterreb-be ch’ella medesima quasi non saprebbe di contenere; di tanta virtù è l’ordine quanta detta abbiamo, ma è di non minor bellezza. Il che di leggiero potrà comprendere chi leggerà i poeti, i quali con niuno altro artificio ag-giungono più di vaghezza a’ versi loro che con ordinare le parole in guisa che l’una con l’altra o come simile o come pari s’accordi o come contraria risponda: artificio che parimente dagli oratori è stato usato, il quale, comeché sia di molto ornamento, agevola ancora molto la fatica di coloro ch’impara-no le prose e i versi a mente. E se vero è quel che dicono alcuni filosofi, che la forma dell’universo altro non sia che l’ordine, le cose picciole alle grandi paragonando, diremo che la forma d’una casa sia l’ordine e che ‘l riformare la casa o la famiglia altro non sia che riordinarla. Né voglio tacere in questo Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 33

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proposito cosa la qual, se ben per se stessa non pare che possa portare alcuna dignità, tutta volta tanto acquista per l’ordine e per la politezza che, sì come non solo senza schifo, ma con maraviglia fu da me veduta, così, se non con maraviglia, senza indegnità almeno potrà esser raccontata.

Io ritornava da Parigi e, passando per Beona, entrai nello spedale, nel quale, comech’ogni stanza ch’io vidi mi paresse degna di lode, la cucina nondimeno mi parve maravigliosa, la quale (ben è vero che non era quella che di continuo era adoperata) così polita ritrovai come sogliono esser le camere delle novelle spose: e vidi in lei tanta moltitudine d’instrumenti necessarî non sol per uso proprio ma della mensa eziandio, e con sì discreto ordine compartiti e con tanta proporzione l’uno dopo l’altro acconcio o contra l’altro collocato, e così il ferro netto dalla rugine risplendeva al sole, che per alcune fenestre di bellissimo vetro purissimo v’entrava, che mi parve di poter rassomigliarla a l’armeria de’ Viniziani o degli altri principi, ch’a’ forestieri sogliono esser dimostrate. E se Gnatone, ch’ordinò la famiglia del suo glorioso capitano in guisa d’uno essercito, questa avesse veduto, son sicuro che con più alto paragone che con quello dell’armeria l’avrebbe inalzata.

Ma passando omai dalla conservazione all’acquisto, si può dubitare se questa arte dell’acquistare sia la stessa che la famigliare, o pur parte d’essa o vero ministra; e se ministra, perché ministri gli instrumenti come il fab-bro dell’armi dà la corazza e l’elmetto a’ soldati, o perché ministri il sogget-to, o la materia che vogliam chiamarla, come colui che fa le navi riceve il legno da colui che taglia le selve. E cominciando a risolvere i dubbi, chiara cosa è che non sia un’arte istessa la famigliare e quella dell’acquisto, percioch’all’una conviene apparecchiar le cose, all’altra porre in opra le appa-recchiate: or resta che si consideri se l’arte dell’acquisto sia una specie <o> una parte della famigliare, o pur se sia a fatto estranea e diversa da lei. La facoltà dell’acquisto può esser naturale e non naturale: naturale chiamo quella ch’acquista il vitto da quelle cose che dalla natura sono state prodotte per servigio dell’uomo; e perciò che niuna cosa è più naturale che ‘l nutrimento che la madre porge al figliuolo, pare oltre tutti gli altri acquisti naturale quello che si trae da’ frutti della terra, conciosia cosa che la terra è madre naturale di ciascuno. Naturali sono ancora gli alimenti che si traggono dalle bestie e dagli acquisti che si fanno d’essi, i quali si distinguono secondo la distinzion delle bestie, perché delle bestie altre sono muntuose e congregabili, altre solitarie Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 34

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ed erranti: di quelle si formano le greggi e gli armenti e altre congregazioni, dalle quali tutte non picciola utilità si suol raccorre; di queste si fanno prede, con le quali molti soglion sostentar la vita.

Pare ancora che la natura abbia generato non solo i bruti a servigio de gli uomini, ma gli uomini che sono atti ad ubbedire a servigio di coloro che sono atti a commandare, sì che par naturale l’acquisto eziandio che si fa nelle prede della guerra, quando la guerra sia giusta; né voglio tacere quel che da Tucidide nel proemio della sua istoria è osservato, cioè che negli antichissimi secoli l’arte del predare non era vergognosa: onde si legge ne’

poeti che l’uno addomanda a l’altro s’egli è corsaro, quasi niuna ingiuria gli faccia con sì fatta dimanda. Alla quale usanza, o più tosto ragione, avendo riguardo Vergilio, introduce Numano così a vantarsi: Caniciem galea premimus semperque recentes Coniectare iuvat praedas et vivere rapto; e oggi acquisto naturale e giusto si può chiamar quello ch’i cavalieri di Malta e gli altri fanno delle prede de’ Barberi. Tutte quest’arti dunque dell’acquisto naturale par che convengano al padre di famiglia, e l’agricultura principalmente; e chi tutte le mescolasse e le cose che da questi acquisti raccoglie cambiasse, non farebbe arte peraventura al padre di famiglia disdicevole. La qual arte quella è che mercantia oggi si chiama comunemente, la quale è di molte sorti; ma giustissima è quella la quale, prendendo le cose soverchie di là ove soverchiano, le porta ove n’è difetto, e in quella vece ivi altre ne porta delle quali v’è carestia: e di questa ragionando, disse negli Uffici M. Tullio che la mercantia, s’era picciola, era sordida, ma se grande, non era molto da vituperare:

Ma le sue parole debbono esser prese in quel luogo come dette da filosofo stoico, il qual troppo severamente parla di queste materie; percioch’in altri luoghi, ov’egli come cittadino ne ragiona, loda e difende i mercanti e le lor ragioni, e chiama onestissimo l’ordine de’ publicani, il quale aveva in mano l’entrate della republica e da’ quali la mercantia era essercitata. Ma sì come giusta è quella mercantia la qual porta le cose ove mancano e ne trae utilità, così assai ingiusta è quella la qual, comprando le cose native d’un paese, le rivende nel medesimo luogo, aspettando l’opportunità del tempo con molto vantaggio; se ben ch’altri aspetti l’opportunità nel vender le sue proprie entrate e le cose che raccoglie dalle sue possessioni e dagli armenti Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 35

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suoi, non pare che sia in alcun modo disconveniente al buon padre di famiglia. E tanto sia detto dell’acquisto naturale ch’al padre di famiglia è conveniente, nel quale egli molto s’avanzerà se sarà a pieno instrutto non sol della natura e della bontà e del valor di tutte le cose che si cambiano o che da luogo a luogo si trasportano, ma anco in qual provinzia nascano le migliori, in qual le peggiori, e in quale in maggiore abbondanza, in quale in minore, ove con maggior prezzo, ove con minor sian vendute: e dee essere parimente informato de’ modi e delle facilità e delle difficultà del trasportarle, e de’

tempi e delle stagioni nelle quali ciò più commodamente si può fare, e delle corrispondenze c’hanno le città con le città e le provinzie con le provinzie, e de’ tempi ne’ quali si raccogliono quei mercati che comunemente fiere sono addomandate.

Dee nondimeno trattare il padre di famiglia quest’arti come padre di famiglia e non come mercante: percioch’ove il mercante si propone per principal fine l’accrescimento della facoltà, che si fa con la trasmutazione, e per questo molte volte si dimentica della casa e de’ figliuoli e della moglie e va in paesi lontanissimi, lasciandone la cura a’ fattori e a’ servitori, il padre di famiglia ha l’acquisto della trasmutazione per obietto secondo e dirizzato al governo della casa, e tanto solo egli vi spende o dell’opera o del tempo, quanto la prima e principal sua cura non ne può essere impedita. Oltre di ciò, sì come ciascun’arte vuole i suoi fini in infinito, percioch’il medico vuol sanar quanto può e l’architetto vuol l’eccelenza della fabrica in sopra-na perfezione, così il mercante par che desideri il guadagno in infinito; ma il padre di famiglia ha i desideri delle ricchezze terminati. Percioché le ricchezze altro non sono che multitudine d’instrumenti appertenenti alla cura famigliare e publica; ma gli instrumenti in alcun’arte non sono infiniti né di numero né di grandezza: che s’infiniti fossero di numero, non potrebbe l’artefice aver di loro cognizione, conciosia cosa che l’infinito, in quanto infinito, non è compreso dal nostro intelletto; se di grandezza, non potrebbono esser maneggiati; oltreché non si concede corpo d’infinita grandezza. E sì com’in ciascun’arte gli instrumenti debbono esser proporzionati non meno a colui che gli adopera ch’alla cosa intorno alla quale sono ado-perati, ché nella nave il timone non dee esser minore di quel che basti a dirizzare il suo corso, né sì grande che non possa esser trattato dal nocchiero, e nella scoltura lo scarpello non dee esser sì grave che non possa esser soste-nuto dallo scultore, né sì leggiero che con fatica rompa le scheggie del mar-mo, così parimente le ricchezze debbono esser proporzionate al padre di Op.