Ah! domestico Frycollin, se tu
avessi potuto leggere nell’avvenire!
Perché Frycollin non era
rimasto a Boston, al servizio di una certa famiglia Sneffel, che, sul punto di
fare un viaggio nella Svizzera, vi aveva rinunciato per il timore delle frane?
Non era quella la casa adatta a Frycollin, piuttosto che quella di Uncle
Prudent, in cui la temerarietà dimorava fissa?
Ma, ormai, c’era; e il
padrone aveva anche finito per abituarsi ai suoi difetti. D’altra parte, aveva
una qualità. Quantunque negro d’origine, non parlava il nativo dialetto, cosa
di cui si deve tener conto, poiché non vi è nulla di più antipatico di quel
gergo odioso nel quale l’impiego del pronome possessivo e degli infiniti è
spinto fino all’abuso.
Dunque, è ben stabilito
che il domestico Frycollin era pauroso e, come si dice in Francia, «pauroso
come la luna».
A questo proposito, è
più che giusto protestare contro questo confronto insultante per la bionda
Febe, per la dolce Selene, per la casta sorella del radioso Apollo. Con quale
diritto accusare di vigliaccheria un astro che, da che mondo è mondo, ha sempre
guardato la terra in faccia, senza mai volgerle le spalle?
Comunque, a quest’ora,
era quasi mezzanotte, il quarto della «pallida calunniata» cominciava a
scomparire dietro gli alti filari del parco. I suoi raggi, scivolando
attraverso i rami, segnavano delle strisce bianche sul suolo. Il sottobosco
sembrava meno buio.
Questa luce permise a
Frycollin di volgere in giro uno sguardo più inquisitore.
— Brrr! — egli disse. —
Son sempre là, quei furfanti! Sicuramente, si avvicinano.
Non si trattenne più, e
avvicinandosi al suo padrone:
— Master Uncle! — egli
disse.
Così egli lo chiamava e
così voleva essere chiamato il presidente del Weldon-Institute.
In quel punto, la
disputa dei due rivali era giunta al suo più alto grado. E poiché si mandavano
a quel paese l’un l’altro, Frycollin fu brutalmente invitato ad andarvi anche
lui.
Poi, mentre parlavano
guardandosi negli occhi, Uncle Prudent si spingeva sempre più avanti per i
prati deserti del Fairmont-Park, allontanandosi sempre più dallo Schuylkill e
dal ponte, che bisognava ripassare per ritornare in città.
Tutti e tre si trovarono
allora nel mezzo di una alta macchia di alberi, le cui cime s’immergevano negli
ultimi raggi lunari. Al limite di quella macchia s’apriva una larga radura,
vasto campo ovale, meravigliosamente disposto per le lotte di un ring. Nessuna
irregolarità del terreno avrebbe ostacolato il galoppo dei cavalli, non un
cespuglio avrebbe impedito lo sguardo degli spettatori lungo una pista
circolare di parecchie miglia.
Tuttavia, se Uncle
Prudent e Phil Evans non fossero stati tanto impegnati nelle loro dispute, se
avessero guardato in giro con un po’ di attenzione, avrebbero trovato che la
radura non aveva il solito aspetto. Si trattava forse di un complesso molitorio
che vi era stato installato dalla sera prima? Effettivamente, lo si sarebbe
detto uno stabilimento molitorio con l’insieme dei suoi mulini a vento, le cui
pale, in quel momento immobili, assumevano un aspetto fantastico nella mezza
luce.
Ma né il presidente né
il segretario del Weldon-Institute notarono questa strana modificazione
apportata al paesaggio del Fairmont-Park. Frycollin non s’accorse di nulla. Gli
sembrava che gli spioni s’avvicinassero come per tentare un cattivo colpo.
Aveva una paura convulsa, aveva le membra paralizzate, i capelli ritti — ultimo
grado, questo, dello spavento.
Però, mentre le
ginocchia si piegavano, ebbe ancora la forza di gridare per l’ultima volta:
— Master Uncle!… Master
Uncle!
— Ma che c’è infine? —
rispose Uncle Prudent..
Forse Phil Evans e lui
non sarebbero stati contrari a sfogare la loro collera, bastonando di santa
ragione lo sfortunato domestico. Ma non ne ebbero il tempo, come Frycollin non
ebbe tempo di rispondere.
Un fischio s’udì nel
bosco. Immediatamente una specie di stella elettrica si accese in mezzo alla
radura.
Un segnale, senza
dubbio, e in questo caso indicava che era giunto il momento di eseguire un’azione
violenta.
In minor tempo di quanto
si possa immaginare, sei uomini scattarono attraverso la radura, due su Uncle Prudent,
due su Phil Evans, due sul domestico Frycollin, questi due ultimi erano,
evidentemente, di troppo, giacché il negro era incapace di difendersi.
Il presidente e il
segretario del Weldon-Institute, per quanto sorpresi per l’attacco, tentarono
di resistere. Non ne ebbero né il tempo né la forza. In pochi secondi resi muti
da un bavaglio, ciechi da una benda, sottomessi, saldamente legati, furono rapidamente
trasportati attraverso la radura. Che cosa dovevano pensare se non di aver a
che fare con quelle bande di gente poco scrupolosa, che non esita a spogliare
coloro che si attardano nei boschi? Tuttavia non avvenne nulla di tutto ciò.
Essi non vennero neppure frugati, benché Uncle Prudent avesse in tasca, secondo
il suo solito, alcune migliaia di dollari in banconote.
Un minuto dopo questa
aggressione, senza che gli aggressori si fossero scambiati una sola parola,
Uncle Prudent, Phil Evans e Frycollin sentirono che li si deponeva con
dolcezza, non sull’erba del parco, ma sopra una specie di impiantito che il
loro peso fece scricchiolare. Qui vennero posti uno accanto all’altro. Una
porta si richiuse dietro di loro. Poi, il rumore d’un catenaccio nella sua
guida fece loro sapere di essere prigionieri.
Si intese poco dopo un
rumore continuo, come un fremito, un frrrr, le cui rrr si prolungavano all’infinito,
senza che si potesse udire alcun altro rumore in quella notte così calma.
Quale emozione, il
giorno dopo a Filadelfia! Fino dalle prime ore si sapeva quello che era
accaduto la sera prima alla riunione del Weldon-Institute: l’apparizione di un
misterioso personaggio, un certo ingegnere chiamato Robur — Robur il Conquistatore!
—, la lotta che egli sembrava voler impegnare coi pallonisti, poi la sua
inesplicabile scomparsa.
Ma fu tutta un’altra
faccenda quando la città seppe che il presidente e il segretario del club erano
pure scomparsi durante la notte dal 12 al 13 giugno.
Quante ricerche si
fecero nella città e nelle vicinanze! Peraltro inutili! I giornali di
Filadelfia, poi i giornali della Pennsylvania, e poi i giornali di tutta l’America,
si impadronirono del fatto e lo spiegarono in cento modi di cui nessuno doveva
rivelarsi giusto. Delle somme considerevoli furono promesse, con annunci e
manifesti, non solo a chi ritrovasse i due onorevoli scomparsi, ma a chiunque
avesse fornito qualche indizio che permettesse di mettersi sulle loro tracce.
Non servì a nulla. Se la terra si fosse aperta per inghiottirli, il presidente
e il segretario del Weldon-Institute non avrebbero potuto scomparire più completamente
dalla superficie del globo.
A questo proposito
alcuni giornali del governo domandarono che il personale della polizia venisse
notevolmente aumentato, poiché simili colpi di mano potevano venir eseguiti
contro i migliori cittadini degli Stati Uniti — e avevano ragione…
Ma i giornali dell’opposizione
chiesero che questo personale venisse licenziato come inutile, poiché simili
attentati potevano venir eseguiti senza che fosse possibile scoprirne gli
autori — e forse non avevano torto.
Insomma, la polizia rimase
ciò che era e quello che sempre sarà nel migliore dei mondi, che non è perfetto
e non saprebbe esserlo.
CAPITOLO QUINTO
Nel quale si stabilisce
una sospensione d’ostilità fra
il presidente e il
segretario del Weldon-Institute
Gli occhi bendati, la
bocca imbavagliata, i polsi e i piedi legati, insomma impossibile vedere,
parlare, muoversi. Tutto ciò non rendeva più accettabile la situazione di Uncle
Prudent, di Phil Evans e del domestico Frycollin. Inoltre, ignorare chi fossero
gli autori di un simile rapimento, in quale luogo li avevano gettati, come
semplici colli in un carro ferroviario; ignorare dove si trovavano, la sorte
che era loro riservata, c’era di che esasperare i più pazienti individui della
razza ovina: e sappiamo che i membri del Weldon-Institute non avevano nulla del
montone per quel che riguarda la pazienza! Con quel carattere violento che gli
conosciamo, si può facilmente immaginare in quale stato Uncle Prudent doveva
trovarsi.
In ogni caso, Phil Evans
e lui dovevano pensare che non sarebbe stato facile prender posto la sera dopo
nell’ufficio del club.
Frycollin poi, gli occhi
chiusi, la bocca serrata, non era in grado di pensare a cosa alcuna. Era più
morto che vivo.
Per un’ora, la
situazione dei prigionieri non cambiò. Nessuno venne a visitarli, a restituire
loro la libertà di movimenti e di parola, di cui avrebbero avuto tanto bisogno.
Erano ridotti a sospiri soffocati, a lamenti emessi attraverso il bavaglio, a
sussulti, come carpe che vengono meno fuori dal loro elemento naturale. Che
tutto ciò fosse indice di collera muta, di furore trattenuto, o meglio legato,
si può ben immaginare. Dopo questi infruttuosi sforzi, rimasero inerti per un
po’ di tempo. E allora, poiché mancavano del senso della vista, cercarono di
ricavare col senso dell’udito qualche indizio circa questo inquietante stato di
cose.
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