Voleva qualcosa da lei? Devo riferirle qualcosa?». «Oh, volevo solo scambiare due parole con lei». «Purtroppo non so quando torna; quando va a teatro di solito rientra tardi». «Fa lo stesso», disse K., e già si voltava a testa bassa verso la porta per andarsene, «volevo solo scusarmi con lei per aver approfittato oggi della sua stanza». «Non è necessario, signor K., lei si fa troppi scrupoli, la signorina del resto non sa niente, non era più in casa fin dal mattino presto, e poi è già tutto rimesso in ordine, guardi lei stesso». E aprì la porta della stanza della signorina Bürstner. «Grazie, le credo», disse K., ma poi andò ugualmente alla porta aperta. La luna splendeva quieta nella stanza buia. Per quanto si poteva vedere, ogni cosa era davvero al suo posto, anche la camicetta non era più appesa alla maniglia della finestra. Illuminati in parte dal chiaro di luna, i cuscini sul letto sembravano stranamente alti. «La signorina rientra spesso tardi», disse K., e guardò la signora Grubach come se ne fosse responsabile lei. «Sa come sono i giovani», fece quella a mo' di scusa. «Certo, certo», disse K., «ma a volte si esagera». «Proprio così», disse la signora Grubach, «quanto ha ragione, signor K. Persino in questo caso, forse. Non voglio certo dire male della signorina Bürstner, è una cara ragazza, buona, gentile, ordinata, puntuale, lavoratrice, tutte cose che apprezzo molto, ma una cosa è vera, dovrebbe avere più orgoglio, star più sulle sue. Questo mese l'ho già vista due volte in strade fuori mano e sempre con un uomo diverso. Me ne dispiace proprio, lo racconto solo a lei, signor K., quanto è vero iddio, ma sarà inevitabile che ne parli anche con la signorina stessa. Del resto, non è solo questo che me la rende sospetta». «Lei è su una strada sbagliata», disse K. furibondo e incapace di nasconderlo, «evidentemente, poi, ha frainteso anche la mia osservazione sulla signorina, non la intendevo così. Anzi, la metto in guardia, senza scherzi, dal dire qualcosa alla signorina, lei si sbaglia assolutamente, conosco molto bene la signorina, non c'è niente di vero in quello che ha detto. Ma forse esagero, non la voglio trattenere, le dica quel che le pare. Buona notte». «Signor K.», implorò la signora Grubach, e lo inseguì fino alla porta della sua stanza che lui aveva già aperto, «non intendo affatto parlare con la signorina, è chiaro che prima la voglio osservare ancora, solo a lei ho confidato quel che sapevo. In fin dei conti, se uno cerca di mantenere pulita la pensione, è nell'interesse di tutti gli inquilini, ed è di questo che mi preoccupo, nient'altro». «La pulizia!», esclamò ancora K. attraverso lo spiraglio della porta, «se lei vuol mantenere pulita la pensione, il primo che deve mandar via sono io». Poi sbatté la porta e non prestò più ascolto a un leggero bussare.
Decise invece, dato che non aveva nessuna voglia di dormire, di rimanere ancora sveglio, approfittandone per vedere a che ora sarebbe rientrata la signorina Bürstner. Così sarebbe stato magari anche possibile, per quanto sconveniente, scambiare qualche parola con lei.
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