L'uomo tornò
indietro in fretta. Le fruste schioccarono lungo la pista; ma Buck
sapeva e tutti i cani sapevano ciò che era avvenuto dietro gli
alberi del fiume.
5. LA FATICA DEL TIRO E DELLA PISTA.
Trenta giorni dopo aver lasciato Dawson, la posta di Acqua Salata,
con Buck e i suoi compagni in testa, arrivò a Skaguay. Erano in
condizioni pietose, esausti e abbattuti. Le centoquaranta libbre
di Buck erano ridotte a centoquindici. I suoi compagni, sebbene
meno pesanti, avevano perso relativamente di più. Pike, sempre
pronto a simulare malattie e che nella sua vita di imbrogli aveva
spesso, e con successo, fatto finta di aver una zampa malata,
adesso zoppicava sul serio. Anche Sol-leks zoppicava, e Dub
soffriva per uno strappo a una spalla.
Tutti avevano acuti dolori ai piedi. Erano incapaci di saltare e
di correre, le loro zampe battevano pesantemente sulla pista
facendo traballare il corpo e raddoppiando la fatica del viaggio
giornaliero. Non si trattava altro che di stanchezza, ma di una
stanchezza mortale. Non quella che segue ad uno sforzo breve ed
eccessivo dalla quale ci si rimette in poche ore; ma la
prostrazione che si accumula lentamente durante uno sforzo
prolungato per mesi. Non vi erano più possibilità di ricupero,
riserve di forze a cui fare appello. Tutto era stato consumato,
fino all'ultima briciola. Ogni muscolo, ogni fibra, ogni cellula
erano stanchi, mortalmente stanchi. E a ragione. In meno di cinque
mesi avevano percorso duemilacinquecento miglia, e durante le
ultime milleottocento avevano avuto solo cinque giorni di riposo.
Quando arrivarono a Skaguay apparivano ridotti agli estremi.
Potevano appena tenere tese le tirelle, e nelle discese badavano
solo a non restare davanti alla slitta.
- Avanti, poveri piedi malati, - li incoraggiava il conducente
mentre andavano barcollando per la via principale di Skaguay. -
Siamo alla fine. Adesso avrete un lungo riposo. Eh ? Certo, un
riposo maledettamente lungo.
I conducenti attendevano fiduciosi una lunga sosta. Anche loro
avevano percorso milleduecento miglia con due giorni di riposo, e
secondo il buon senso e la giustizia comune meritavano un periodo
di ozio. Ma tanti erano gli uomini convenuti nel Klondike, e tante
le fidanzate, le mogli, le parentele rimaste nel mondo, che il
mucchio della posta assumeva le dimensioni di una montagna;
inoltre vi erano dei dispacci ufficiali. Nuove mute di cani della
baia di Hudson dovevano prendere il posto di quelli ormai inabili
alla pista. Questi dovevano essere messi da parte e, poiché i cani
contano poco di fronte ai dollari, dovevano essere venduti.
Trascorsero tre giorni durante i quali Buck e i suoi compagni
capirono quanto fossero realmente stanchi e indeboliti. Poi, la
mattina del quarto, vennero due uomini degli Stati Uniti e li
comprarono con i finimenti e tutto, per poco o nulla. Gli uomini
si chiamavano tra loro Hal e Charles. Charles era di mezza età,
pallido, con due occhi deboli e acquosi e un paio di baffi
fieramente e baldamente rivolti all'insù, che contrastavano con il
labbro cadente nascosto dietro di essi. Hal era un giovanotto di
diciannove o vent'anni, con una grossa rivoltella Colt e un
coltello da caccia infilato alla cintura irta di cartucce. Questa
cintura era la cosa più notevole in lui: denotava la sua mentalità
infantile, un'infantilità assoluta e ineffabile. Tutti e due erano
evidentemente fuori posto; perché mai tipi simili si fossero
avventurati nel Nord, fa parte di quel mistero delle cose che
supera il nostro intelletto.
Buck udì contrattare e vide il denaro passare dalla mano degli
uomini in quelle della gente governativa, e comprese che lo
scozzese mezzosangue e i conducenti della valigia postale stavano
per passare dalla sua vita sulle tracce di Perrault e François e
degli altri che erano scomparsi prima di loro. Quando fu condotto
con i suoi compagni al campo dei suoi nuovi padroni, Buck vide un
insieme disordinato e sudicio; la tenda era tirata a metà, i
piatti non erano lavati, tutto era fuori di posto; inoltre vide
una donna. La chiamavano Mercedes. Era moglie di Charles e sorella
di Hal: una simpatica famiglia.
Buck li osservò pieno di apprensione mentre smontavano la tenda e
caricavano la slitta. Facevano grandi sforzi, ma senza metodo e
senza risparmio di energie. La tenda fu arrotolata in un goffo
pacco grande tre volte quello che avrebbe dovuto essere. I piatti
di metallo furono riposti senza essere lavati. Mercedes era sempre
tra i piedi degli uomini e non faceva che chiacchierare
rimproverando o dando consigli. Quando misero un sacco di abiti
sul davanti della slitta, suggerì di metterlo sulla parte
posteriore, e quando questo fu fatto e il sacco fu coperto da
altri due fagotti, scoprì altri oggetti che non potevano essere
messi altrove che in quel sacco, ed essi scaricarono nuovamente.
Tre uomini vennero da una tenda vicina e si misero a guardare
sogghignando e ammiccando fra loro.
- Avete un bel carico, - disse uno di loro; - non tocca a me dirvi
quello che dovete fare, ma se fossi in voi non mi porterei dietro
la tenda.
- Sognate! - esclamò Mercedes alzando le braccia con un grazioso
gesto di smarrimento. - Come potrei fare senza una tenda?
- E' primavera e il freddo ormai è passato, - rispose l'uomo.
Ella scosse risolutamente la testa, e Charles e Hal misero le
ultime cose su quel mastodontico carico.
- Credete che marcerà? - domandò uno degli uomini.
- Perché no? - rispose Charles con una certa rudezza.
- Bene, bene, - si affrettò a dire l'uomo bonariamente, - era
solo una domanda.
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