Gli insegnerò tutto in un momento.
Nel pomeriggio Perrault, che aveva fretta di partire col suo
carico, tornò con altri due cani: Billee e Joe, fratelli e veri
eschimesi. Sebbene figli di una stessa madre, erano diversi tra
loro come il giorno e la notte. L'unica colpa di Billee era la sua
eccessiva cordialità, mentre Joe era l'opposto, cupo e taciturno,
sempre pronto a mugolare e con lo sguardo maligno. Buck li accolse
cordialmente, Dave non si occupò di loro, mentre Spitz volle
battersi prima con l'uno poi con l'altro. Billee agitò
bonariamente la coda, girò al largo quando si accorse che quelle
gentilezze erano inutili, e gemette, tuttavia mitemente, quando
l'acuta zanna di Spitz gli strinse il fianco. Ma per quanto Spitz
girasse intorno a Joe, questi ruotò sui calcagni per stargli
sempre di fronte, co] pelo irto, le orecchie indietro, le labbra
contratte, le mascelle che si urtavano fra loro quanto più
velocemente potevano, e gli occhi sinistramente lampeggianti: la
vera incarnazione della paura bellicosa. Il suo aspetto era così
terribile, che Spitz fu costretto a trattenersi; ma per
dissimulare la sua sconfitta, si volse all'inoffensivo e gemente
Billee e lo inseguì fino al limite del campo. La sera Perrault
portò un altro cane. Un vecchio eschimese, grande, grosso e
gagliardo, col muso pieno di cicatrici gloriose, e un occhio solo,
che però fiammeggiava così arditamente da imporre rispetto. Si
chiamava Sol-leks, che significa rabbioso. Al pari di Dave, non
chiedeva nulla, non dava nulla, non si aspettava nulla e quando se
ne venne lentamente ma risolutamente in mezzo a loro, anche Spitz
lo lasciò in pace. Aveva una particolarità che Buck scoprì in modo
piuttosto disgraziato: non voleva essere avvicinato dalla parte
del suo occhio cieco.
Buck si rese involontariamente colpevole di questa offesa e se ne
accorse solo quando Sol-leks si slanciò su di lui e gli lacerò la
spalla fino all'osso per una lunghezza di tre pollici. Dopo di
allora Buck evitò di avvicinarsi a lui da quel lato e finché
furono insieme non ebbero più motivo di lite. Al pari di Dave,
Sol-leks aveva un unico desiderio apparente: quello di starsene
per conto suo, ma entrambi, come Buck scoprì più tardi, avevano
un'altra e più profonda ambizione.
Quella notte Buck affrontò il gran problema di dormire. La tenda,
illuminata da una candela, risplendeva; tiepida in mezzo alla
bianca pianura; e quando lui vi entrò, nel modo più naturale,
tanto Perrault quanto François lo scaraventarono fuori a forza di
improperi e a colpi di stoviglie, finché, riavutosi dallo
sbigottimento, fuggì ignominiosamente nel gelo di fuori. Soffiava
un vento freddo che lo pungeva dolorosamente specialmente sulla
spalla ferita; si gettò sulla neve e cercò di dormire, ma il
freddo lo fece subito balzare in piedi. Triste e desolato, si
aggirò intorno alle tende ma dappertutto c'era lo stesso freddo.
Qua e là cani selvaggi gli ringhiarono, ma lui rizzò il pelo
mugolando, come aveva imparato a fare, ed essi lo lasciarono
tranquillo.
Finalmente gli venne un'idea: sarebbe andato a vedere quello che
facevano i suoi compagni. Con suo grande stupore essi erano
scomparsi. Si aggirò ancora per il vasto campo cercandoli, ma
tornò deluso. Erano forse nella tenda? No, non era possibile,
altrimenti non avrebbero cacciato via lui. E allora dove potevano
essere? A coda bassa e tutto intirizzito, veramente disperato,
continuò a girare intorno alla tenda, senza meta. Improvvisamente
la neve cedette sotto le sue zampe ed egli affondò. Qualche cosa
si muoveva là sotto. Fece un salto indietro mugolando e
ringhiando, pauroso di quella cosa invisibile e sconosciuta. Un
piccolo mugolio amichevole lo rassicurò e lo indusse a farsi
avanti per vedere meglio. Un soffio di aria calda giunse alle sue
narici, e là, arrotolato sotto la neve, come una soffice palla, vi
era Billee. Guaiva amichevolmente agitandosi per mostrare le sue
buone intenzioni e, in segno di pace, giunse a leccare il muso di
Buck con la lingua umida e calda.
Un'altra lezione. Così dunque, facevano gli altri? Pieno di
fiducia Buck si scelse un posticino e, a forza di tentativi
disordinati, riuscì a scavarsi una buca. In breve il calore del
suo corpo riempì l'angusto spazio ed egli si addormentò. La
giornata era stata lunga e faticosa, ed egli dormì profondamente e
a suo agio, sebbene mugolasse e ringhiasse in sogno. Non aprì gli
occhi finché non fu svegliato dai rumori del campo che si
ridestava, e a tutta prima non riuscì a capire dove si trovasse.
Durante la notte era nevicato e la neve lo aveva completamente
sepolto. Da ogni lato lo premeva una bianca copertura, e un gran
terrore lo invase: il terrore dell'animale selvaggio preso in
trappola. Certo la sua esistenza si ricollegava ora, risalendo il
tempo a quella dei suoi antenati; perché lui era un cane civile, e
non aveva mai conosciuto trappole per sua propria esperienza, né
poteva dunque temerle. Con i muscoli di tutto il corpo
spasmodicamente tesi, irto il pelo sul collo e sulla schiena, con
un ringhio feroce balzò fuori nella luce accecante del giorno,
mentre la neve volava intorno a lui in una nube fulgente. Prima di
ricadere sulle quattro zampe vide il bianco accampamento dinanzi a
lui e capì dove era, ricordando tutto ciò che era avvenuto da
quando era uscito a passeggio con Manuel al momento in cui si era
scavata la buca, la sera prima.
L'esclamazione di François salutò la sua comparsa. - Che dicevo?
- gridava a Perrault il conducente. - Quel Buck imparerà subito
tutto.
Perrault assentì gravemente. Come corriere del governo canadese,
incaricato di portare importanti dispacci, egli voleva assicurarsi
i cani migliori, ed era molto contento di avere acquistato Buck.
Dopo un'ora, altri tre eschimesi furono aggiunti all'attacco che
arrivò cosi a un totale di nove; e prima che trascorresse un altro
quarto d'ora tutti erano al loro posto e trascinavano la slitta
verso il cañon Dyea. Buck era contento di essere partito, e il
lavoro, sebbene faticoso, non gli dispiaceva affatto. Fu sorpreso
dello zelo che animava tutto il tiro e che si era comunicato anche
a lui, ma ancor più lo sorprese il cambiamento avvenuto in Dave e
in Sol-leks: erano diversi, completamente trasformati dalla
bardatura. Avevano perso tutta la loro passività e la loro
indifferenza, erano attivi e solerti, pieni di zelo perché il
lavoro procedesse bene, e profondamente irritati se qualche cosa
lo ritardava per qualche ostacolo o qualche confusione. Sembrava
che la suprema espressione del loro essere fosse il fare forza
sulle tirelle, che vivessero solo per questo, e che in questo
lavoro consistesse l'unico loro piacere.
Dave era il cane di ruota, o meglio di slitta, Buck correva
davanti a lui, e più avanti ancora Sol-leks; il resto dell'attacco
era disposto in fila indiana, fino al cane di testa, che era
Spitz. Buck era stato messo apposta tra Dave e Sol-leks perché
imparasse. Era un buono scolaro, ed essi erano non meno buoni
maestri: non gli permettevano di rimanere a lungo nell'errore e
davano forza al loro insegnamento con i loro denti acuti. Dave era
buono e saggio, non mordeva mai Buck senza un motivo, ma non
dimenticava mai di farlo quando era necessario.
Poiché interveniva anche la frusta di François, Buck s'accorse che
costava meno correggersi che ribellarsi. Una volta, durante una
breve sosta, aggrovigliò le tirelle ritardando la partenza; e Dave
e Sol-leks si avventarono su di lui somministrandogli un duro
castigo. Le tirelle si aggrovigliarono ancor più, ma Buck si
preoccupò di tenerle bene in ordine, in seguito. Prima che finisse
il giorno si era così bene impadronito del suo lavoro, che i
compagni non lo rimproverarono più. La frusta di François colpì
con minore frequenza e Perrault gli fece l'onore di esaminargli i
piedi molto attentamente.
Fu quella una rude galoppata su per il cañon, attraverso il Campo
della Pecora oltre le Scale e la linea della foresta, attraverso
ghiacciai e cumuli di neve di cento piedi, fin oltre il grande
Passo di Chilcot, che sorge tra la zona marina e la fredda, e si
leva come sentinella del triste e solitario Nord.
Andarono veloci giù per la catena dei laghi che riempiono i
crateri di vulcani estinti, e a notte avanzata giunsero al grande
campo sull'estremo del lago Bennett, dove migliaia di cercatori
d'oro si stavano costruendo barche in attesa della rottura dei
ghiacci a primavera. Buck si scavò la sua buca nella neve e dormì
il sonno di un giusto molto stanco, ma fu risvegliato molto
presto, ancora a buio, e riattaccato alla slitta con i suoi
compagni.
Quel giorno percorsero quaranta miglia perché la pista era già
tracciata; ma il giorno dopo, e per molti altri giorni ancora,
dovettero tracciare loro stessi la pista, lavorando di più e
facendo meno strada. Di norma Perrault camminava in testa
all'attacco comprimendo la neve con le racchette per aprire la
via. François guidava la slitta, e qualche volta, ma non spesso,
scambiava il suo posto con lui. Perrault aveva fretta ed era
orgoglioso della sua conoscenza dei ghiacci, indispensabile perché
il ghiaccio era molto sottile e non ve ne era affatto là dove
l'acqua correva più velocemente. Giorno per giorno, per giorni
senza fine, Buck corse tra le tirelle. Levavano sempre il campo a
notte alta, e il primo grigiore dell'alba li trovava già a
galoppare sulla pista con molte miglia alle spalle. Sempre
piantavano il campo a notte, mangiando la loro razione di pesce e
gettandosi a dormire sulla neve. Buck era affamato. La libbra e
mezzo di salmone seccato che formava la sua razione giornaliera,
spariva in un attimo. Non era mai sazio e soffriva continuamente i
crampi della fame. Gli altri cani, che pesavano di meno ed erano
già allenati, ricevevano solo una libbra di pesce, e questo
bastava a mantenerli in buone condizioni.
Abbandonò presto quella schifiltosità che era stata caratteristica
della sua vita di un tempo; era un mangiatore difficile, e si
accorse che i suoi compagni, che finivano prima, rubavano una
parte della sua razione. Non c'era mezzo di difenderla, perché,
mentre egli si azzuffava con due o tre, il cibo scompariva nelle
bocche degli altri. Per rimediare a questo, cominciò a mangiare in
fretta come gli altri; e la fame lo incalzava tanto che non si
fece scrupoli di prendere anche quello che non gli spettava.
Osservava e imparava. Quando vide Pike, uno dei cani ultimi
arrivati, ladro astuto e malizioso, rubare un pezzo di lardo in un
momento in cui Perrault voltava le spalle, il giorno dopo imitò su
più vasta scala quella prodezza, portandosi via tutto il pezzo. Ne
sorse un gran tafferuglio, ma egli non fu sospettato; e Dub, uno
stordito che si faceva sempre cogliere, fu punito per colpa sua.
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