S’incamminarono e Noemi non parlava.

«Eh?» riprese Jeanne. «Perché si sarà presa tutta questa briga?»

Noemi non parlò. Jeanne le scosse il braccio che teneva ancora.

«Non rispondi? Cosa pensi?»

Benché ambedue, ora, tacessero, non udirono Carlino che gridava di piegare a sinistra. Egli sopraggiunse arrabbiato, le spinse, tempestando, per le spalle, alla volta di un’altra via, ed esse ubbidirono senz’accorgersi mai di quelle voci né di quel modo.

«Non rispondi?» ripeté Jeanne fra risentita e attonita.

Noemi le strinse il braccio alla sua volta.

«Aspettiamo di essere a casa» diss’ella.

Carlino gridò:

«Fermatevi sotto gli alberi!»

Ma Jeanne si fermò subito, nell’affacciarsi a un improvviso largo, a piccoli alberi, a un gran fianco di cattedrale vetusta, battuto dalla luna. Si fermò e allungando il braccio che teneva sotto quello di Noemi, le afferrò la mano, le disse vibrando affannosamente:

«Noemi, dimmelo subito; hai raccontato qualche cosa a tua sorella?»

Carlino gridò che potevano fermarsi anche lì, ma che simulassero un discorso interessante.

Noemi rispose all’amica un sì così debole, così timido, che Jeanne capì tutto. Maria Selva credeva che il suo frate, questo don Clemente, fosse Piero Maironi.

«Oh, Signore!» esclamò stringendo forte forte la mano di Noemi. «Ma lo dice, lo dice, anche?»

«Cosa?»

«Eh, cosa!»

Santo cielo, che ci voleva per farla parlar chiaro, questa creatura? Jeanne si sciolse da lei che subito, spaventata, le si riappiccò al braccio.

«Brave!» gridò Carlino. «Ma non troppo!»

«Perdonami!» supplicò Noemi. «È un dubbio, dopo tutto, è una congettura. Sì, lo dice.»

«No!» fece Jeanne, risoluta, scotendo via il dubbio e la congettura. «Non è lui, non è possibile. Non è mai stato musicista!»

«No, no, non sarà lui, non sarà lui» si affrettò a dire a Noemi, sotto voce, perché veniva Carlino. Questi sopraggiunse, lodò, espresse il desiderio che si inoltrassero lentamente fra gli alberi.

Sotto gli alberi Jeanne si dolse, quasi sdegnosamente, che l’amica avesse aspettato quel momento a farle un discorso simile, che non avesse parlato prima, in casa. E tornò a protestare che questo benedettino non poteva essere Maironi, che Maironi non era mai stato musicista. Noemi si giustificò. Aveva avuto in animo di parlare al ritorno dall’Ospitale di S. Giovanni, dalla visita ai Memling, ma Jeanne era già tanto triste! Però ne avrebbe parlato se non fosse venuto Carlino. E ora, a passeggio, interrogata, non aveva saputo schermirsi. Se, quando erano ferme presso l’Hôtel de Flandre, Jeanne non avesse ricondotto il discorso a quel tema, sarebbe stata cosa finita; e lei, Noemi, non ne avrebbe riparlato che a casa.

«E tua sorella crede proprio…?» disse Jeanne.

Ecco, Maria dubitava. Pareva che il persuaso fosse Giovanni. Giovanni era certo; almeno Maria scriveva così. A questa risposta di Noemi Jeanne scattò. Come poteva esser certo, suo cognato? Che ne sapeva? Maironi non era capace di metter giù un accordo, sul piano. Ecco la bella certezza! Noemi osservò sommessamente che in tre anni poteva avere imparato, che i frati hanno interesse a educare i musicisti per l’organo.

«Allora lo credi anche tu?» esclamò Jeanne. Noemi balbettò un non so così incerto che Jeanne, agitatissima, dichiarò di voler partire subito per Subiaco, di voler sapere. C’era già l’intelligenza con Maria Selva di condurle sua sorella.