Betty aveva aggiunto un’altra domanda alle molte a cui l’uomo non aveva mai risposto.
Quindici mesi più tardi le avrebbe offerto una soluzione per l’enigma della brughiera: ma in quel momento la ragazza non poteva immaginarlo.
2.
Gli ordini del dottor Laffin
Betty Carew ascoltava stupefatta. In quella stanza tetra e polverosa, male illuminata e dove circolava poca aria, con l’odore penetrante della carta ammuffita e delle rilegature in cuoio, aveva sentito molte cose fantastiche e molti ordini pronunciati dal dottor Joshua Laffin, ma mai uno altrettanto strano. - Non capisco proprio - e mentre parlava esprimeva la sorpresa. -
perché mi volete far fare quello che mi avete appena chiesto?
Edgar Wallace
4
1993 - Il Segno Del Potere
Il dottore prese un po’ di tabacco da una scatola di tartaruga, la sistemò sul tavolo e si accomodò sulla poltrona dallo schienale alto, fissandola con gli occhi scuri. Era vestito come sempre di nero e, alla debole luce della candela, sullo sfondo scuro, spiccavano solo il lungo viso giallo e le mani sottili in perenne movimento. - Non ti spiego né il perché, né il per come -
le rispose con una voce strana che sembrava possedere le note più basse del lamento di un gufo; parole che uscivano dalle labbra di un uomo abituato a sibilare. - È un ordine. Tu mi conosci, Elizabeth. Devo proseguire per la mia strada. Soprattutto adesso. Qualcuno ha tradito; dei piani sono falliti. In questi casi non bisogna esitare. E tu sai che io sono agli ordini di altri… non come qui dentro. - Agitò le mani verso le zone in ombra della stanza e la ragazza avvertì di nuovo il profondo terrore che quella casa tenebrosa le aveva ispirato durante i quattordici anni durante i quali vi era vissuta come ospite.
- Qui c’è Kama, la Nemesi domestica, resa vitale dal mio genio. C’è il grande Manasuputra, forza divina del bene - proseguì. - Tu, che avresti potuto conoscere in profondità questi misteri, hai preferito il piacere fugace dei sensi! - Una vecchia storia e un discorso trito che lasciarono la giovane imperturbabile.
- La mia immensa superiorità sugli altri - continuò il dottore - e quindi la forza delle mie idee, avrebbe dovuto aiutarti a superare i tuoi stupidi scrupoli. Tu sei sciocca e piena di presunzione, come lo sono tutte le ragazze graziose. Il tuo ego è distorto. La mia vicinanza, che avrebbe migliorato la maggior parte delle persone, è solo riuscita a scalfire il tuo orgoglio. E non ne sono soddisfatto. Avrei desiderato che la mia grandezza riuscisse a confonderti. E invece no! Una bambina raccolta per carità, che svolge le incombenze domestiche, la cui origine farebbe fremere per l’orrore gli uomini e le donne oneste, insiste nel contrastare i miei desideri, replicando con le domande alle mie istruzioni. Lurida marmocchia, ragazzina degna della galera, feccia dei bassifondi. Non riesco a insegnarti l’umiltà!
Ma la voce del dottore non saliva di tonalità per la rabbia; gli insulti venivano pronunciati con la solita cadenza monotona, simile al ticchettio della pioggia fredda contro un vetro. La ragazza non era né sconvolta, né divertita.
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