Cartwright assentì. - Chissà dove alloggia - chiese, come a se stesso, e un sorrisetto sdegnoso curvò le labbra dì Maxell.

- Hai intenzione dì salvarla da ambienti infami? - domandò e Cartwright si voltò verso dì lui con impazienza.

- Per favore non essere sarcastico, Maxell. È la seconda volta, questa sera…

- Scusa - disse l’altro, scuotendo la cenere del sigaro. - Mi sento cinico stasera.

Alzò le mani per applaudire la ragazza che si inchinava, girando lo sguardo. Tre palchi più in là vi era un gruppetto dì uomini che, da quel che si poteva arguire, dovevano essere i rampolli dì facoltose famiglie della colonia spagnola. Diamanti scintillavano alle loro dita, e le sigarette erano Edgar Wallace

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1922 - Il Segreto Della Miniera

trattenute in bocchini preziosi. Cartwright seguì lo sguardo dell’altro.

- Ha fatto colpo, Miss O’Grady - esclamò. - Quei tipi si calpesteranno l’un l’altro per andare a porgerle i propri omaggi. Chissà dove abita - ripeté.

A quel punto i giovani si alzarono tutti insieme lasciando il palco, e Cartwright ridacchiò. - Ti spiace aspettarmi qui, mentre esco un attimo?

- Per niente - rispose l’altro. - Dove vai? A indagare dove abita?

- Ci sei ricascato - brontolò Cartwright. - Credo che Tangeri ti renda irascibile.

Quando giunse al ridotto, i tizi erano scomparsi, ma una domanda rivolta all’addetto rivelò, come si era aspettato, che l’obiettivo del gruppetto era proprio l’ingresso degli artisti.

La porta si raggiungeva dall’esterno del teatro passando sopra mucchi dì macerie e mattoni. All’ingresso sedeva un meticcio solitario intento a fumare una pipa e a leggere un vecchio Heraldo.

- Ehi, hombre - lo apostrofò Cartwright in spagnolo. - Avete visto per caso i miei tre amici entrare qua dentro?

- Sì, senor - annuì l’uomo. - Sono appena entrati. - E gli indicò la direzione, attraverso un passaggio scuro e maleodorante.

Cartwright si incamminò lungo il corridoio mal ventilato e, girando l’angolo, giunse alle spalle dì un curioso crocchio dì persone riunito davanti a una porta chiusa, contro la quale uno degli astanti, il meno sobrio, bussava insistentemente. Accanto a lui un uomo piccolo e tarchiato con un abito da sera sdrucito sorrideva in segno dì approvazione: era chiaro che i visitatori erano stati all’istante riconosciuti e ben accolti.

- Apri la porta, gioia mia - implorava il giovane, frammezzando le parole con singulti e martellando l’uscio. - Siamo venuti a portarti i nostri omaggi e la nostra adorazione… dille dì aprire la porta, José - ordinò, rivolgendosi al direttore del teatro dì Tangeri.

L’ometto avanzò a passettini e disse in inglese: - Va tutto bene, mia cara.

Ci sono alcuni miei amici che desiderano vederti.