- Deve proprio continuare a lavorare in questo posto infernale? - chiese.

Lei annuì, con gli occhi luccicanti dì riso e ammirazione.

- Che cosa succede se pianta questo orrendo lavoro?

- Sarei licenziata in tronco - spiegò la ragazza. - Ho un contratto dì dieci settimane con questa gente.

- Quanto prende?

- Duecentocinquanta pesetas alla settimana - rispose lei con tono dì Edgar Wallace

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1922 - Il Segreto Della Miniera

disprezzo. - Magnifico salario, vero?

L’uomo annuì. - Quante settimane le rimangono prima che finisca il contratto?

- Altre quattro - rispose - la prossima settimana daremo spettacolo a Cadice, quella dopo a Siviglia, poi a Malaga, e infine a Granada.

- Le piace?

- Piacere! - Lo sdegno nella sua voce era dì per sé una risposta.

- Gli abiti appartengono alla troupe, immagino - esclamò Cartwright. -

Si cambi, l’aspetto fuori.

- Che cosa ha intenzione dì fare? - chiese lei, osservandolo bene.

- La risarcirò del contratto perso - le rispose.

- Perché mai?

L’uomo fece spallucce. - Non mi piace vedere una ragazza inglese…

- Irlandese - lo corresse lei.

- Voglio dire, irlandese - scoppiò a ridere. - Non mi piace vedere una ragazza irlandese fare questo genere dì cose per un mucchio dì orribili mezzosangue. Ha abbastanza talento per lavorare a Londra o a Parigi. Che ne dice dì Parigi? Conosco numerose persone da quelle parti.

- Potrebbe procurarmi una buona scrittura? - domandò in tono ansioso.

L’uomo annuì.

- Come si chiama, a parte tutto? - chiese ancora lei.

- Che importa il mio nome. Smith, Brown, Jones, Robinson… quello che vuole lei.

Fu l’agitato impresario a interromperli. - Signore - proruppe - non deve convincere questa signora a lasciare la compagnia. Le penali sono pesanti.

Potrei portarla davanti al giudice…

- Se lo scordi! - esclamò Cartwright. - Non esistono giudici a Tangeri.

La ragazza è un suddito britannico e il massimo che può fare è condurla davanti al console britannico.

- Quando tornerò in Spagna… - cominciò l’ometto sull’orlo dì una crisi dì nervi.