Me ne resi conto soltanto più tardi.
Cecil Winwood, per accattivarsi la simpatia del capo reparto, del direttore della prigione e della Commissione delle grazie e del governatore della California, inventò di sana pianta un progetto d’evasione.
Notate bene: prima di tutto, Cecil Winwood era talmente disprezzato dai compagni che nessuno voleva avere il minimo contatto con lui; in secondo luogo, io ero considerato un cane idrofobo; infine, Cecil Winwood aveva bisogno, per il suo diabolico intrigo, di cani idrofobi, ossia di me e di alcuni condannati a vita, incorreggibili e disperati come il sottoscritto.
Inutile aggiungere che questi cani arrabbiati odiavano cordialmente Cecil Winwood e ne diffidavano. Quando cominciò ad accennare al suo piano di rivolta e d’evasione in massa, gli voltarono la schiena, insultandolo e trattandolo come un agente provocatore.
Ma Cecil tornò nuovamente alla carica e tanto fece che, alla fine, raggruppò intorno a sé una quarantina degli elementi più scalmanati.
E, poiché si faceva forte delle facilitazioni che godeva come uomo di fiducia del direttore e del gerente del Dispensario, Long Bill Hodge gli ribatté:
- Provalo un po’!
Long Bill Hodge era un montanaro condannato a vita per aver fatto deragliare un treno, e che pensava soltanto a evadere, per poter ammazzare il complice che lo aveva tradito.
Cecil Winwood accettò la prova. E assicurò che avrebbe potuto addormentare i guardiani la notte dell’evasione.
- A parole, è facile! - esclamò Long Bill Hodge. - Ci vogliono dei fatti. Prova a cloroformizzare, stanotte stessa, uno dei nostri guardiani, per esempio Barnum! E’ una canaglia che non vale la corda per impiccarlo. Ieri, nel reparto dei matti, ha picchiato a sangue quel poveretto di Chink. E non era di servizio! E’ di guardia proprio stanotte. Se lo addormenti, gli fai perdere il posto. Poi, se ci riuscirai, potremo parlare dell’affare.
Tutto questo, l’ho saputo più tardi da Long Bill, quando ci rinchiusero insieme. Io avevo rifiutato di prender parte al tentativo.
Cecil Winwood esitava. Gli venne concessa una settimana di tempo e, otto giorni dopo, egli comunicò ai compagni d’esser pronto.
E ci riuscì. Barnum si addormentò durante il suo turno di guardia.
Venne scoperto e licenziato dal posto.
Questo primo successo finì col convincere i congiurati, anche i più restii. Contemporaneamente, Cecil Winwood pensava a informare il capo del reparto. Quotidianamente, gli faceva il suo rapporto sullo sviluppo del complotto, di cui era egli stesso l’animatore.
Anche il capo esigeva naturalmente delle prove. Egli le fornì, e i particolari che dava non lasciavano niente a desiderare.
Un mattino, Winwood comunicò al capo che i quaranta congiurati, che gli confidavano tutto, erano già così avanti da potersi provvedere, per mezzo di un guardiano loro complice, di rivoltelle automatiche.
- Provalo! - doveva essere stata la risposta del capo. E il poeta falsario l’aveva provato.
Regolarmente, tutte le notti, delle squadre si alternavano ai forni. Un recluso, che faceva parte dei fornai, era una spia al servizio del capo. Winwood lo sapeva.
- Stasera, - disse al capo, - il guardiano che noi chiamiamo “Faccia d’Estate”, introdurrà in prigione una dozzina di rivoltelle. Tutto il resto, con le munizioni, arriverà in seguito con lo stesso sistema. L’incaricato deve consegnargli il pacco, al forno. Voi avete qui un confidente. Avvisatelo. Verrà e vi farà in mattinata il suo rapporto.
“Faccia d’Estate” era un vecchio contadino, dal viso aperto, originario del distretto di Humboldt. Era un povero di spirito, un bonaccione che cercava di guadagnarsi qualche dollaro in più fornendo ai prigionieri del tabacco di contrabbando.
Quella notte, di ritorno da San Francisco, aveva con sé quindici libbre di tabacco. Non era la prima volta che lo faceva, e aveva sempre consegnato la merce, nel forno, a Cecil Winwood. Messo sull’avviso, il fornaio-spione lo vide mentre consegnava a Winwood un pacco voluminoso e avvolto in carta da imballaggio. Al mattino fece il suo rapporto al capo.
L’indomani, quando incontrò il capo, Cecil Winwood aveva un aspetto quasi trionfante.
- Allora, - chiese, - il vostro confidente ha potuto vedere?
- Sì, è andato tutto come avevate detto.
- Lo credo bene! E il suo contenuto basta per far saltare in aria mezza prigione!
Il capo sbiancò.
- Cosa dici? Che cosa contiene?
- Ho aperto il pacco, e…
L’imbecille prese un tono misterioso e aggiunse:
- Non c’erano rivoltelle, ma dinamite. Trentacinque libbre ! E ci sono anche i detonatori.
Poco mancò che al capo non venisse un colpo.
Trentacinque libbre di dinamite nella prigione! Mi è stato riferito che il capitano Jamie, - così si chiamava, - si lasciò andare sopra una seggiola a corpo morto, tenendosi la testa fra le mani.
- Dov’è, adesso? - gridò. - La voglio! Portami subito dove si trova!
Cecil Winwood capì finalmente la gravità della situazione.
- L’ho sotterrata, - rispose quel maledetto bugiardo, che aveva già distribuito il tabacco contenuto nel pacco tra gli abituali consumatori.
- Benissimo! - disse il capitano. - Portami sul posto.
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