In due stanze siamo in cinque, senza i gatti -. Uscirono insieme, quando fu l’ora, e Ginia le disse: - Quando sei stufa del tuo pianterreno, vieni a trovarmi; qui si sta in pace -. Voleva che Amelia capisse che non parlava per dir male dei suoi, ma perché era contenta che si fossero capite. E Amelia, senza dire sì né no, le offrì un caffè prima del tram. Poi, l’indomani non si vide, né il giorno dopo. Venne invece una sera, senza cappello, e si sedette sul sofà e chiese ridendo una sigaretta. Ginia finiva di lavare i piatti e Severino si faceva la barba. Le diede lui la sigaretta e gliela accese con le dita bagnate, e scherzarono tutti e tre sui lampioni. Severino doveva scappare, ma fece in tempo a dire a Ginia che non passasse la notte bianca. Amelia lo guardò uscire con una faccia divertita.
- Non cambi mai sala da ballo? - disse a Ginia. - Quei ragazzi sono cari ma tengono caldo. Come le tue amiche.
Se ne andarono al centro, tutte e due senza cappello, seguendo il fresco dei corsi, e per cominciare presero il gelato e leccandolo guardavano la gente e ridevano. Con Amelia era tutto più facile, e ci si divertiva di gusto come se niente importasse e quella sera dovessero succedere le cose più varie. Con Amelia che aveva vent’anni e camminava e guardava sfacciata, Ginia sapeva di potersi fidare. Amelia non s’era neanche messe le calze, per il caldo; e quando passarono vicino a una sala da ballo, di quelle con l’orchestra sottovoce e i paralumi sui tavolini, Ginia aveva paura di dovercela accompagnare. Non c’era mai stata, e trattenne il fiato. Amelia disse: - Non vuoi mica andar qui dentro?
- Fa caldo e non siamo vestite, - disse Ginia. - Passeggiamo: è più bello.
- Neanch’io ne ho voglia, - disse Amelia, - ma che cosa facciamo? Non vuoi mica fermarti su un angolo e rider dietro alla gente che passa?
- Che cosa vorresti?
- Se non fossimo donne, avremmo l’automobile e a quest’ora saremmo sui laghi a fare il bagno.
- Chiacchieriamo camminando, - disse Ginia.
- Potremmo andare in collina a bere un litro e cantare una volta Ti piace il vino?
Ginia diceva di no e Amelia guardava l’ingresso della sala. - Però un bicchierino lo beviamo. Vieni via. Chi si annoia è colpa sua -. Il bicchierino lo presero nel primo caffè che trovarono e, appena uscite, Ginia sentì nell’aria un fresco che prima non c’era, e pensò ch’era bella che d’estate i liquori rinfrescassero il sangue. Intanto Amelia le spiegava che, chi fa niente tutto il giorno, ha diritto per lo meno a svagarsi di sera, ma viene un momento, certe volte, che una ha paura del tempo che passa, e non sa più se val la pena di correre tanto. - A te non succede? - Io corro solo per andare a lavorare, - disse Ginia, - mi diverto così poco che non ho tempo di pensarci. - Sei giovane tu, - disse Amelia, - a me succede che non sto ferma neanche quando lavoro.
- Quando posavi, stavi ferma, - disse Ginia camminando.
Amelia si mise a ridere. - Neanche per idea. Le modelle più in gamba sono quelle che fanno ammattire il pittore. Se non ti muovi ogni tanto, lui si dimentica che posi e ti tratta come una serva. Chi si fa pecora, il lupo lo mangia.
Ginia rispose con un semplice sorriso, ma una parola le scottava in gola, più irresistibile del liquorino. Fu allora Che chiese ad Amelia perché non andavano a sedersi ai fresco, e bere un altro bicchierino.
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