Il signor Beaver, tozzo e legnoso in faccia e nella figura e chiaramente robusto come un tronco in tutto il corposi dimostrò un uomo intelligente con un mare di esperienze acquatiche e di tantissime cognizioni pratiche. Manifestava a volte un curioso nervosismo: erano evidentemente i postumi di un qualche vecchio malanno, ma raramente durava più di qualche minuto. Ebbe la Stanza della Credenza vicino a quella del signor Undery, mio amico e avvocato: il quale era giunto fin lì con la determinazione propria del dilettante"deciso ad andare fino in fondo"come diceva; giocava a whist meglio dell'intero Annuario di Giurisprudenza dal primo nome in testa al volumone rosso fino all'ultimo.

Mai fui più felice in vita mia e credo che tra noi questo fosse il sentimento generale. Jack Governor,da sempre uomo di sorprendente ingegno, faceva da capocuoco e in questa veste preparò alcuni dei piatti migliori che io abbia mai mangiato in vita mia, comprese certe ineguagliabili pietanze al curry. Mia sorella era addetta alla preparazione dei dolci e delle confetture. Starling e io a turno facevamo da sottocuochi e in occasioni speciali il capocuoco "arruolava forzatamente" il signor Beaver. Ci concedemmo parecchio sport ed esercizio fisico all'aperto, ma niente all'interno fu trascurato né nacquero screzi o malintesi tra noi; le nostre serate furono così piacevoli che avevamo almeno una buona ragione per non volere andare a letto.

All'inizio ci furono alcuni allarmi notturni. La prima notte fui svegliato da Jack che bussava alla mia porta; tenendo in mano una stupenda lanterna da nave, che ricordava le branchie di un mostro degli abissi, mi informò che sarebbe salito "in coffa su alla formaggetta dell'albero di maestra" per tirare giù la banderuola. Era una notte di tempesta e io protestai; Jack però mi fece notare che quel congegno produceva un suono simile a un grido di disperazione e sostenne che se quell'operazione non fosse stata eseguita, tra non molto qualcuno avrebbe "gridato al fantasma". Salimmo dunque sul tetto della casa, dove a causa del vento riuscivo a malapena a reggermi in piedi in compagnia del signor Beaver; e lì Jack si arrampicò, lanterna e tutto il resto, seguito dal signor Beaver, sulla cima di un cupolino una mezza dozzina di piedi più su dei camini, senza appoggiarsi a niente di particolare in tutta calma e si mise a menare colpi alla banderuola finché tutti e due entrarono in sintonia così perfetta con il vento e l'altitudine che pensai non sarebbero più discesi. Un'altra notte si alzarono nuovamente dal letto e staccarono il fumaiolo di un comignolo. Un'altra notte troncarono un condotto dell'acqua che fiottava e gorgogliava. Un'altra notte scoprirono qualcos'altro ancora. In più di un'occasione tutti e due con tutta la calma di questo mondo, si calarono dalle finestre delle rispettive camere avvolti nei copriletto per "doppiare" qualcosa di misterioso in giardino.

Il patto tra noi fu scrupolosamente osservato e nessuno rivelò nulla.

Tutto quello che sapevamo era che se la stanza di qualcuno era infestata nessuno apparentemente dava segno per questo di soffrirne.

 

 

 

Il fantasma della stanza del signorino B.

 

Quando mi sistemai nella mansarda triangolare che si era guadagnata una reputazione così cospicua, i miei pensieri andarono spontaneamente al signorino B. Febbrili e numerosi furono le mie congetture al riguardo. Se il suo nome di battesimo fosse Beniamino, Bisestilio (per essere nato in un anno bisestile) Bartolomeo o Beppe. Se quella lettera fosse l'iniziale del suo cognome e se questo fosse Baxter, Black, Brown, Barker, Buggins, Baker o Bird. Se fosse un trovatello e fosse stato battezzato B. Se da ragazzo fosse stato un Cuor di Leone e B. fosse l'abbreviazione di Britannico o di Bufalo. Se fosse stato imparentato con una illustre dama che aveva allietato la mia infanzia e se avesse avuto per bisavola la brillante comare Bunch.

Parecchio mi tormentai in queste inutili meditazioni. Portai la misteriosa lettera al cospetto e allo scrutinio dei defunti e li interrogai se egli vestisse di bluse, portasse le babbucce (ma mica era un beduino!)se avesse avuto un qualche bernoccolo, se amasse le biblioteche, se fosse bravo al gioco delle bocce, se fosse un brocco o uno bravo a tirare di boxe e perfino se da bambino, birbante com'era, avesse fatto il bagno non lontano dalla battigia a Bognor, Bangor, Bournemouth, Brighton o Broadstairs come una balzellante boccetta da biliardo.

Così fin dall'inizio fui ossessionato dalla lettera B.

Poco più su ho affermato di non avere mai sognato neppure lontanamente il signorino B. né niente che lo riguardasse. Ma nell'attimo in cui mi svegliavo dal sonno a qualsiasi ora della notte i miei pensieri lo catturavano e vagavano in libertà nel tentativo di collegare quell'iniziale a qualcosa che le si adattasse e la mettesse a tacere.

Per sei notti continuai ad affliggermi così nella stanza del signorino B. fino a quando cominciai a sentire che le cose si mettevano proprio male.

La prima apparizione si presentò di mattino presto, giusto alle primissime luci del giorno. Ero intento a radermi davanti allo specchio quando di colpo mi accorsi costernato e stupito che chi stavo radendo non ero io - ho cinquant'anni - ma un ragazzo! Il signorino B., era chiaro!

Mi misi a tremare e mi guardai alle spalle: di là niente. Guardai di nuovo nello specchio e vidi distintamente i tratti e l'espressione di un ragazzo che si radeva, non per togliersi la barba ma per farsene spuntare una. Terribilmente sconvolto, girai più volte nella camera e tornai davanti lo specchio, deciso a completare con mano ferma l'operazione dalla quale ero stato distolto. Aprendo gli occhi che avevo chiuso mentre cercavo di riacquistare la calma, vidi stavolta nello specchio fissi su di me gli occhi di un giovane di ventiquattro o venticinque anni. Atterrito da quest'altro fantasma chiusi gli occhi e mi sforzai disperatamente di tornare in me.