Certe volte avanzava uno o due passi nella camera. Allora, quando lo chiamavo e lo invitavo a entrare si faceva più piccolo, si metteva a tremare, sgattaiolava dentro un'altra volta e chiudeva la porta.

- Lo stanzino, Charlotte - disse il fratello - non comunica con nessun'altra parte della casa e la porta è inchiodata -.

Cosa sicuramente vera, poiché ci vollero due falegnami e un'intera mattinata per aprirlo e poterlo così ispezionare. Allora lei fu convinta di aver visto l'Orfanello. Ma la parte più raccapricciante e terribile della storia è che il fanciullo fu visto anche da tre dei figli del fratello l'uno di seguito all'altro, che morirono tutti in tenera età. Ogni volta che si era ammalato ogni bambino era tornato a casa dodici ore prima in preda a grande eccitazione e aveva detto:

- Oh mamma, ho giocato sotto quel tale albero di noce in quel tale prato con uno strano ragazzo... un grazioso ragazzo dall'aria derelitta molto timido che mi ha fatto dei cenni! -.

Per la loro fatale esperienza i genitori arrivarono a capire che costui era l'Orfanello e che il destino del bambino che egli aveva scelto per suo piccolo compagno di giochi era irrimediabilmente segnato.

 

Sono tantissimi i castelli tedeschi dove vegliamo in solitudine in attesa dello Spettro; dove veniamo accompagnati in una camera relativamente allegra per il nostro arrivo; dove seguiamo con lo sguardo le ombre gettate sulle nude pareti dal fuoco scoppiettante; dove ci sentiamo davvero soli quando il proprietario della locanda del villaggio e la sua graziosa figlia si ritirano dopo aver deposto una nuova provvista di legna nel focolare e avvicinato sul tavolino una ricca imbandigione per cena, composta di arrosto freddo di cappone, pane, uva e un fiasco di vino invecchiato del Reno; dove le porte si richiudono sbattendo l'una dopo l'altra sui loro recessi segreti come i ripetuti scoppi del lugubre tuono; e dove intorno alle ore piccole della notte facciamo la conoscenza di tanti misteri soprannaturali. Moltissimi sono gli studenti tedeschi ossessionati dai fantasmi in compagnia dei quali ci trasciniamo ancora più vicini al fuoco, mentre lo scolaro nell'angolo sgrana tanto d'occhi e solleva lo sgabellino che si è scelto per sedile... mentre la porta accidentalmente si spalanca.

 

 

 

Occhio agli spiriti!

 

L'autore del presente articolo, nell'accingersi a riferire fedelmente tre esperienze spiritiche delle quali è stato testimone, ritiene essenziale precisare che fino al momento di godere di tanto privilegio non aveva creduto nei colpi battuti o nei tavoli mossi dagli spiriti. Nella sua idea grossolana del mondo spirituale, si immaginava i suoi abitanti verosimilmente progrediti anche oltre la supremazia intellettuale di Peckham o di New York; e considerando la quantità di ignoranza presunzione e follia di cui si gloria questa Terra, pensava fosse assolutamente inopportuno evocare gli esseri immateriali per divertire il genere umano con brutti svarioni d'ortografia e insidiosi nonsensi. Pensava che una simile presunzione minacciasse apertamente di lacerare il sacro velo che ci protegge dai guai di quel mondo, per uno scopo non più nobile che diventare idioti di grado superlativo.

Era questa la rozza e terrestre disposizione mentale dell'autore non più tardi dello scorso ventisei dicembre. Quel mattino memorabile, due ore circa dopo il sorgere del sole - cioè alle nove e quaranta, come segnava il suo orologio, sistemato sul comodino vicino al letto e come si poteva vedere nell'ufficio dell'editore, su un semicronometro che ostentava il marchio di fabbrica di Bautte di Ginevra e il numero di matricola 67709 - quel mattino memorabile dunque, due ore circa dopo il sorgere del sole l'autore, messosi a sedere sul letto e portata una mano alla fronte, sentì distintamente diciassette pulsazioni o battiti in quella regione. Erano accompagnati da un senso di sofferenza localizzato e da una vaga sensazione, non diversa da quella che in genere si avverte in coincidenza di una colica biliare.

Cedendo a un impulso incontrollabile l'autore chiese:

- Che cos'è?

Immediata seguì la risposta (in pulsazioni o battiti sulla fronte): - Ieri.

L'autore, ancora non completamente sveglio, chiese:

- Che giorno era ieri?

Risposta: - Il giorno di Natale.

L'autore, che a questo punto aveva recuperato il pieno controllo di sé, domandò:

- Chi è il medium in questo caso?

Risposta: - Clarkins.

Domanda: - La signora o il signor Clarkins?!

Risposta: - Entrambi.

Domanda: - Chi intendete per signor Clarkins, il vecchio o il giovane?

Risposta: - Entrambi.

Ebbene, il giorno prima l'autore aveva cenato in compagnia del suo amico Clarkins (potete rintracciarlo all'Archivio di Stato) e nel corso di quella cena si era discusso proprio di spiriti da vari punti di vista. Inoltre, da quanto l'autore ricordava, sia Clarkins padre sia Clarkins figlio avevano partecipato molto attivamente alla discussione, direi che l'avevano in un certo senso imposta ai presenti. Anche la signora Clarkins era intervenuta animatamente e aveva osservato in tono allegro per non dire esaltato, che "capitava soltanto una volta all'anno".

Convinto da simili indizi che quei colpi fossero di origine spirituale, l'autore procedette come segue:

- Chi siete?

La fronte riprese a battere, ma in un modo del tutto disordinato. Per un po' fu impossibile capirci qualcosa. Dopo una pausa l'autore (tenendosi la testa) ripeté la sua richiesta con voce solenne, strozzata da un gemito:

- Chi siete?

Per tutta risposta, seguirono altri colpi confusi.

Allora l'autore domandò, nel tono solenne di prima e con un altro gemito:

- Come vi chiamate?

La risposta consistette in un suono esattamente identico a un alto singhiozzo. In seguito risultò che questa voce di spirito era stata distintamente sentita da Alexander Pumpion, il valletto dell'autore (settimo figlio di Widow Pumpion manganatore) che si trovava in una stanza vicina.

Domanda: - Non vi chiamerete mica Singhiozzo? Singhiozzo è un nome proprio?

Poiché non seguì risposta l'autore disse: - Vi ordino solennemente, in nome dei nostri comuni amici Clarkins i medium- Clarkins padre Clarkins figlio e Clarkins signora - di svelare il vostro nome!

La risposta, battuta chiaramente controvoglia, fu: - Succo di prugne legno di tronco mora.

Il che sembrò all'autore abbastanza simile alla parodia di Ragnatelo Bruscolino e Senapino nel "Sogno di una notte di mezza estate", da giustificare l'insolente controrisposta: - E' come non vi chiamate, vero?

Lo spirito autore di quei colpi ammise:

- No.

- Allora com'è che vi chiamano di solito?

Pausa.

- Ve lo chiedo un'altra volta: com'è che vi chiamano di solito?

Lo spirito, sentendosi evidentemente minacciato, ribatté in modo molto solenne: - Porto!

Questa tremenda comunicazione ebbe l'effetto di sprofondare l'autore in uno stato di prostrazione e farlo giacere sull'orlo dello svenimento per un quarto d'ora; durante il quale i colpi continuarono violenti e una schiera di apparizioni spettrali gli sfilò davanti agli occhi: erano nere e assomigliavano incredibilmente a dei girini dotati ogni tanto della capacità di affilarsi fino a diventare delle note musicali quando si tuffavano giù nello spazio. Dopo aver contemplato la foltissima legione di tali apparizioni, l'autore volle sapere dallo spirito tambureggiante:

- Come vi devo immaginare? Tutto considerato cos'è che vi somiglia di più?

Terrificante la risposta fu: - Un umore nerastro.

Appena fu in grado di vincere l'emozione, a quel punto molto violenta, l'autore chiese: - Farei meglio a prendere qualcosa?

Risposta: - Sì.

Domanda: - Posso scrivere?

Risposta: - Sì.

Immediatamente una matita e una striscia di carta che si trovavano sul comodino vicino al letto gli rimbalzarono in mano e l'autore si ritrovò a scrivere (in strani caratteri tremolanti e pendenti verso il fondo della pagina, mentre la sua calligrafia era notevolmente nitida e lineare) il seguente appunto di carattere spirituale:

"Il sottoscritto Signor C.D.S. Poney porge i suoi omaggi alla ditta Bell & Company Prodotti Chimici e Farmaceutici, sede di Oxford Street dal lato opposto di Portland Street, e si pregia di chiedere loro la cortesia di consegnare al latore della presente un cinque granuli di genuine pillole mercuriali e una porzione purgativa di equivalente efficacia".

Prima però di affidare questo documento ad Alexander Pumpion (che purtroppo lo perse sulla via del ritorno, ammesso che non si voglia sospettare che egli l'abbia infilato di proposito in uno dei fori della padella di un venditore ambulante di caldarroste, tanto per vedere se fosse combustibile) l'autore decise di saggiare lo spirito autore di quei colpi con un'ultima domanda. Chiese perciò con voce strascicata e grave:

- Mi daranno qualche sofferenza allo stomaco questi medicamenti?

E' impossibile descrivere la sicurezza profetica della risposta:- Sì -.

La previsione fu ampiamente confermata dai fatti che seguirono, come l'autore avrà modo di ricordare per un bel pezzo; e dopo un'esperienza del genere sarebbe superfluo osservare che egli non ebbe più motivo di dubitare.

La successiva comunicazione di sicuro interesse che l'autore ebbe l'onore di raccogliere si svolse su una delle principali linee ferroviarie. Le circostanze in cui la comunicazione gli fu concessa - il due gennaio di quest'anno - furono le seguenti. Egli si era ristabilito dagli inconvenienti della precedente significativa visita ed era tornato a fare onore alle cibarie generosamente provviste dalla stagione. Il giorno precedente era trascorso in allegria. Egli era in viaggio verso una famosa città, un rinomato centro commerciale dove avrebbe dovuto concludere un affare, aveva pranzato un po' più in fretta di quanto in genere non accada sulla ferrovia, conseguenza del fatto che il treno era in ritardo. Il pranzo gli era stato servito visibilmente malvolentieri da una giovane donna dietro un bancone. Per tutto il tempo lei era stata occupatissima a sistemarsi capigliatura e vestito e la sua inequivocabile espressione mostrava disprezzo. I fatti dimostreranno che la giovane era una potente medium.

L'autore era tornato al suo scompartimento di prima classe, nel quale si trovava a viaggiare da solo, il treno si era rimesso in movimento e lui si era appisolato; il suo ineccepibile orologio indicava che erano già passati quarantacinque minuti dal suo colloquio con la medium, quando fu svegliato da uno strumento musicale davvero insolito. Lo strumento, scoprì con stupore non disgiunto da una certa apprensione, stava suonando dietro di lui. I suoi toni erano bassi e ondulatori, difficili da descrivere; ma, se mi si permette il paragone, somigliavano a una melodiosa acidità di stomaco. Sia quel che sia, fu questa l'oscura sensazione che suggerirono all'autore.

Oltre a prendere coscienza del fenomeno di cui si è detto, l'autore sentì che la sua attenzione era richiamata da una rapida successione di furiosi colpi allo stomaco e da una pressione al petto.