L’abitazione di lei sorgeva in mezzo ad una nuvola azzurrognola di oliveti, a mezza costa del monte sul cui cocuzzolo il paesetto bigio pareva germogliato dalla pietra stessa: ed ella era tanto ricca che, in quel luogo dove gli uomini cavalcavano sugli asini, possedeva persino cavalli da vendere.

Andarono a vederli, nel prato in pendìo, sul cui verde, quasi nero per l’ombra del poggio sovrastante, essi pascolavano, bianchi, duri, squadrati e come abbozzati nel marmo. Erano infatti solide bestie da fatica, e l’uomo, dopo averli guardati in bocca e palpati da tutte le parti, ne rimase soddisfatto.

Rientrati nella casa, dopo il contratto la donna offrì da bere: un vino forte e profumato che l’uomo, sebbene bevitore, non conosceva ancora e che forse per questo gli accese subito il sangue. In realtà erano la presenza e i modi della donna che lo eccitavano: poiché ella lo guardava in modo strano, coi grandi occhi neri e gialli, tempestosi, non lusinghieri, anzi come animati da una luce di odio e di diffidenza.

E la ragione, poiché egli parlava invece bonario e amico, gliela spiegò lei senz’altro.

- Voi rassomigliate straordinariamente ad una persona che io conosco e che forse anche voi conoscete: il mugnaio giù dell’oleificio a vapore. Siete forse parenti?

- Mai visto, mai conosciuto, mai sentito nominare - rispose l’uomo, con pacata ironia. - E voi?

- Io? Pur troppo l’ho conosciuto. Mi ha truffato in mille modi.

- Questo non è lusinghiero per la mia rassomiglianza. E spero che voi non mi sogguardiate così, nel timore che io gli rassomigli anche nei precordi.

- Sì, sì, - ella disse ridendo, rassicurata; - i vostri occhi sono diversi: sono quelli di un galantuomo.

Egli non li abbassò; poiché, di fronte a lei, si sentiva non solo galantuomo, ma anche, almeno per il momento, generoso ed amico.

Allora ella cominciò a raccontare le truffe del mugnaio, che, secondo la legge, non erano neppure truffe, perché ella gli aveva prestato denari senza interessi né cambiali, ed egli non pensava a restituirli.

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- Anche l’olio delle mie olive egli si è tenuto, l’inverno scorso, con la promessa di farmelo vendere bene: e lo ha venduto, sì, maledizione a lui, ma a suo profitto.

- Ma, scusate una domanda indiscreta; voi non avete uomini, dico parenti, col fegato sano, per farvi rispettare?

- Io non ho nessuno: io non sono del paese: ho qualche parente del povero mio marito, ma questi uccellacci, che stanno su al paese, mi odiano perché il defunto mi ha lasciato la sua roba. Essi sono i primi a rallegrarsi quando una disgrazia mi capita.

L’uomo sorseggiava il suo vino e diventava pensieroso: il suo antico istinto di giustiziere si ridestava, in forma però nobile, quasi tenera. Domandò:

- Ma in che veste si presentava l’amico?

- Ah, è una lunga storia - ella disse con un gesto vago; - ve la racconterò un’altra volta, se ci rivedremo.

Si rividero; poiché egli trovò molte scuse per tornare da lei. Ella lo riceveva arcigna, sempre più arcigna e diffidente a misura che egli si mostrava più amico e disinteressato; e per quanto egli ritornasse sull’argomento del mugnaio, ella non raccontava la lunga storia promessa. Ma egli l’aveva già indovinata. Un giorno disse:

- Ho finalmente conosciuto il mio sosia. Di belle cose si vanta, a vostro riguardo.

Ella scattò, lunga e tesa, con le mani simili ad artigli: e parve buttarsi sull’uomo per graffiarlo, mentre egli rideva e apriva le braccia come per accoglierla sul suo petto e consolarla.

Allora ella si piegò sul camino acceso, prese un tizzone ardente e segnò con esso una croce di fuoco sul pavimento. Disse con voce rauca:

- Nessuno sapeva ciò che egli è stato veramente per me; ma poiché adesso egli se ne vanta, giuro a Dio che andrò a mettere fuoco alla sua casa.

- Calma, calma - disse l’uomo, disarmandola del tizzone: - adesso parleremo: datemi da bere.

Agitata, ella andò a pigliare il vino; sedettero accanto al fuoco, poiché il tempo era già freddo, ed ella raccontò la lunga storia di amore, di tradimento e di rapina.