Oh, a chi dico? Mica tante smorfie: vedi che accendono la luce nelle case accanto.
- Mamma, mamma, - mugolò la figlia, raggomitolandosi sulla soglia, - fammi entrare, per l’amore di Cristo. Io non torno indietro, no: io muoio, io mi uccido.
- Porta qui le biciclette, perdiosanto, o stanotte le buscate bene tutte e due.
Non mi far staccare le mani dalla porta.
Le due voci risuonavano assieme, come in un duetto tragicomico, accompagnato dal coro della bufera.
- Mamma, per amore di Cristo…
La donna si passò una mano sul viso, come strappandosi un velo; ancora una volta rivedeva la sua piccola bambina, vestita di rosa dal fulgore di un lampo, aspersa dal lavacro del battesimo.
- Credo. Rinunzio.
E andò a prendere una dopo l’altra le biciclette e il cappotto del marito. Portò anche uno scialle, per la piccola; ma fu rifiutato.
La piccola era già ben coperta dal suo scialle di pioggia e di obbedienza al destino.
E con l’allontanarsi delle biciclette la furia della pioggia e del vento si placò: la tempesta parve fare ala, come un popolo in tumulto che si calma al passaggio di un viatico, a quei due che l’attraversavano con la forza del loro dolore.
Poiché anche l’uomo si sentiva, in fondo, pieno di angoscia: l’angoscia della volontà che si sovrappone ad ogni istinto di ripiegamento e di riposo.
Ma quando furono nella casa degli sposi, e questi si riconciliarono, un po’ per amore, molto per il dominio inesorabile che oramai li teneva, egli, senza volerlo, senza neppure saperlo, si sentì vicino ai grandi primi uomini che con la violenza avevano creato le leggi per i loro simili.
LA CASA DEL POETA
Finché era vissuto l’antico proprietario della casa già appartenuta al poeta morto, i non troppo frequenti né numerosi, ma raffinati e commossi visitatori, se ne erano andati sempre contenti. Poiché il signore e custode di questa specie di tempio li riceveva con gentilezza e gioia, quasi venissero per lui: apriva uno dopo l’altro tutti gli usci della casa; indicava con meticolosa precisione gli angoli e gli oggetti più imbevuti della vita del poeta; in modo che la figura mortale di questi balzava dalla sua parola come da un ritratto del tempo, colorita, palpabile, parlante.
22
E i visitatori andavano via, non solo contenti, ma quasi allucinati, come avessero veduto nella casa del poeta morto lo stesso poeta miracolosamente resuscitato.
Adesso il nuovo proprietario si trovava impicciato e mortificato.
Già, era un vecchio scapolo, egoista e misantropo, ritornato nella piccola città a godersi la pensione di un lungo impiego governativo: le visite, anche quelle fatte a lui personalmente, lo seccavano; e spesso, chiuse le finestre e la porta, non aveva aperto a chi bussava.
Questa volta però si trattava di un alto personaggio che veniva molto di lontano, appunto per visitare la casa, e che in precedenza aveva chiesto di essere ricevuto il tal giorno, alla tale ora.
All’ora precisa indicata, il personaggio arriva: è a piedi, vestito come un qualsiasi altro umile mortale, con un viso stranamente mobile, a momenti giovane, a momenti vecchio, gli occhi nascosti da rotondi occhiali scuri.
Il proprietario stesso lo riceve, segretamente ansioso, introducendolo subito nel salottino al pianterreno. Salottino che, con le sue poltrone e il divano coperti di fodere di tela grigia, la mensola con sopra un vassoio di frutta di marmo destinate ad una gelida eternità, avrebbe chiuso il cuore anche di un visitatore contadino, senza la finestra aperta su una specie di parco del quale non s’indovinava il limite.
L’uomo s’era tolto gli occhiali e fissava quello sfondo con gli occhi grigi incantati.
Forse era breve, il giardino della casa del poeta, ma sembrava appunto senza confini, come egli lo aveva cantato, coi suoi alberi antichi, i cui tronchi mille e più mila cuori di edera lucente rivestivano; e fra un tronco e l’altro festoni di rampicanti, gelsomini e passiflore. Solo le macchie rosse delle rose porporine spandevano chiazze di colore sul verde ombroso e quasi boschivo del luogo: bastava però quel chiarore di fiamma sanguigna per dare una luce calda al giardino e allo stesso salotto. Con voce velata, il visitatore domanda:
- Il giardino appartiene alla casa? Il poeta ha piantato almeno uno di questi alberi?
Il proprietario non lo sa; ma per non fare cattiva figura risponde:
- Credo, sì, che alcuni siano stati piantati da lui.
- Sì, quella paulonia, al centro, è stata piantata da lui.
Il visitatore parla come fra di sé, rispondendo alla sua domanda: e il proprietario lo guarda con lieve stupore, volgendosi poi a fissare la pianta della quale ancora non sapeva il nome.
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