Nei miei sogni ancora ella ritorna infatti, e nel quadro della mia realtà interna ha il posto che le fantesche bibliche occupano in certi quadri antichi dell’Ultima Cena. Era la nostra provvidenza, il braccio destro della casa. Ci amava? Io non lo so ancora; non ci accarezzava né baciava mai, rude piuttosto; e Fausto e Billa avevano paura della sua scopa. Era una della Sabina, forte, sebbene già anziana; e nel profilo fine, lucido, come d’argento molto usato, nelle trecce bionde attorte, nell’aria stanca del viso, aveva ancora l’impronta della sua vecchia razza: dava del tua nostro padre ma non parlava con lui se non interrogata.
Quel sabato lavorò per dieci donne: lavò i pavimenti; spostò mobili pesanti, lucidò gli ottoni; e con lei lavoravo anch’io, mossa da una forza alata come quella degli ubbriachi. Misi a posto la biancheria e i vestiti; ecco, i miei sono tutti nel mio piccolo armadio, nascosti dietro lo sportello a specchio, come le fanciulle di una leggenda raccontata da Giglina.
«Queste fanciulle, dunque, avevano tutte dato convegno all’amante in un angolo del bosco, dietro il ruscello; e vi arrivarono una dopo l’altra senza vedersi perché non avevano testa: la testa l’avevano perduta nel pozzo dell’amore: ma quando giunsero, i giovinotti le riconobbero dai loro vestiti».
I miei vestiti sono lì, nascosti dietro l’acqua dello specchio; sono lì, senza vita per l’ansia dell’attesa, pronti a gonfiarsi e svolazzare di gioia appena egli arriva. Egli li conosce tutti; ed io li tocco con religione, uno ad uno, 3
perché hanno vissuto con lui: sopratutto mi piace questo che è a capofila della marcia immobile dentro l’armadio, questo di crespo verde-rosato, che ricorda il corrugarsi del mare al tramonto: lo indossavo ieri, quando siamo saliti sulla terrazza, quando ci si è seduti sul ciglione: ancora odora di fieno, ancora lo vedo illuminarsi e risplendere al riflesso del fuoco sopra i canneti della valle.
Anche i cappelli sono a posto, nelle loro nicchie dell’altro reparto dell’armadio; e le scarpette, accanto alle mie quelle di Billa, anch’esse sembrano sorelle.
Nei cassetti del comò ecco disposto il mio modesto corredo: in quelli di sopra la roba per l’estate, in quelli giù la roba per l’inverno. Che accadrà da adesso all’inverno? Quando ti indossavo ancora, bianca maglia che sembri una corazza di velluto, buona contro gli assalti crudeli della tramontana, il mondo era per me un caos perché ancora non conoscevo il mio fidanzato. Me lo ha portato aprile, coi venti fecondi, come portava i pollini alla terra: e la vita s’è schiusa in me, e il mio cuore si è aperto come la rosa sfolgorante nel cespuglio giovane.
Che sarà accaduto quando tu, bianca guaina di lana che ancora hai l’innocenza e il tepore dell’agnello, raccoglierai di nuovo il mio corpo? Forse non avrò più bisogno di te, tanto calore l’amor mio infonderà alla mia carne. E tutto, tutto potrà accadere, ma non che questa fiamma si spenga.
Nel primo cassetto del comò avevo disposto le mie cianfrusaglie, - seguitava a raccontare la mia amica, - e quando lo aprivo mi pareva di vedere un piccolo giardino: ne veniva fuori un profumo di viola; e i colori delle cose, le striature dei nastri, il verde del mio scialle di seta, un guanto bianco aperto con le cinque dita di giglio, la cintura di borchie con scarabei dorati, risaltavano sul fondo della carta giallina come su quello di un viale. Giù nella profondità c’era poi qualche cosa di azzurro che nascondeva un mistero grande come il cielo: era la mia sciarpa di velo, con la quale avevo avvolto le lettere di lui. Le avevo avvolte così per sottrarle alla curiosità di Fausto e di Billa, che conoscevano il segreto di aprire i cassetti anche chiusi a chiave; e del resto non osavo rileggerle neppure io, ma le sapevo a memoria; ne avevo succhiato le parole, e il mio sangue se n’era imbevuto: quando le ripensavo me le sentivo quasi sotto la pelle, in ramificazioni tenaci che come l’edera mettevano foglie e radici assieme: e quando sentivo che anche lui pensava così di me, e che la vita fisica dell’uno era anche fisicamente la vita dell’altro, mi sembrava di morire, più che per la gioia d’amore, per un senso di mistero che non permette di essere esplorato. È come il pensare al mistero di Dio, che non si può conoscere completamente se non dopo morti; e forse neppure allora, perché è qui, in vita, in noi, ma così grande e inesplicabile che la ragione si perde solo a volerlo approfondire.
Così, io capisco quelli che si uccidono o diventano pazzi per amore.
La domenica il tempo si rinfrescò d’improvviso, forse per effetto di qualche temporale lontano. Apro la finestra e mi sento stordita: mi pare di aver fatto un lungo viaggio e di trovarmi in un luogo assolutamente sconosciuto, in un altipiano, o in riva al mare: e del mare gli alberi del ciglione hanno l’ondulare agitato, sospinti qua e là da una forza che sembra loro interna; ogni foglia ha un movimento diverso, un colore diverso, verde e grigio, verde e azzurro, secondo la luce. L’odore dei tigli fa male a sentirlo, tanto è forte e dolce, e il cielo è tutto un pergolato di nuvole bianche, d’un bianco così fermo che anche lo sfondo del cielo pare fatto di nuvole azzurre.
Ricordo tutti questi ed altri particolari perché sono rimasti impressi indelebili in me come quei tatuaggi che gli amanti barbari si incidono sulle carni vive, per ricordo di amore.
Faceva quasi freddo, ed io provavo un senso di tristezza, di spostamento: tutto mi pareva diverso e straniero, e quel tradimento improvviso della stagione mi ricordava tante acerbe storie di tradimenti umani, lette o sentite raccontare.
Ho d’improvviso l’allucinazione del dubbio: anche lui un giorno potrà cambiare; o forse anche io. E questo è il vertice della disperazione: ho voglia di buttarmi giù dalla finestra, giù in mezzo al mare degli alberi in tempesta, per castigarmi di questi pensieri di peccato contro il nostro amore: poi mi scuoto e rido: perché non devo essere anch’io come le cose intorno? Una forza che è 4
necessaria per rinnovare e rinfrescare la nostra vita, un temporale d’anima ci rannuvola ed agita: fra poco tutto passerà e la vita sarà più bella.
Pensiamo piuttosto a godere bene la giornata, in attesa del grande momento. Il solo pensiero che rivedrò le sue pupille, mi risolleva fino a Dio.
Giglina è fuori per la spesa; io preparo il bagno domenicale per i ragazzi.
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