Rimise il bicchiere sulla tavola e riprese il suo parlare sommesso.
- Cercavo appunto il diavolo, per cacciarlo via di laggiù.
Lisendra spiegò:
- È stata suora Missionaria. E i barbari l’hanno accecata.
Allora don Felis sentì di nuovo il ragno misterioso coprirgli il viso con un velo di pallore.
La cieca bevette; poi raccontò:
- Fin da bambina ho desiderato di servire Dio, non solo con la preghiera ma con l’azione. A venti anni ero già suora e già in viaggio con Missioni. Dapprima si andò nel Canadà; ma là fu quasi una villeggiatura; il paese è bello, il clima mite, la gente buona. Poi ci si internò nell’America del Sud, dove si cominciò a patire, per le malattie e il pericolo dei selvaggi: eppure nulla ci accadde laggiù, mentre le sofferenze grandi ci aspettavano, anni dopo, in un paese che parrebbe civile e quindi favorevole all’opera nostra: voglio dire la Cina.
La Cina ha appena due milioni di cattolici fra 450 milioni di pagani. La Chiesa cattolica tende quindi a intensificare la propaganda; ed i Missionari non solo vi sono tollerati ma possono, al contrario di altri stranieri, risiedere nell’interno, acquistare terreni, fondare scuole.
Eravamo partite in tre, coi padri delle Missioni d’Oriente, ai quali ci proponevamo di essere più serve che altro: in viaggio una delle mie compagne si ammalò: dovette fermarsi a Tien-tsin, e l’altra compagna rimase per assisterla.
Io sola dunque proseguii coi padri, verso la Cina settentrionale, fin quasi 59
sotto la Grande Muraglia. Si scelse un centro di popolazione assolutamente pagana, in un piccolo villaggio presso un affluente del Fiume Giallo.
La regione è abitata solo da contadini, laboriosi, sobri, tranquilli, ma eccessivamente superstiziosi. Dapprima le cose nostre parvero andar bene. Il nostro Superiore era un francese, padre Victor, un uomo alto e forte come un gigante, energico e infervorato fino al punto che di lui si raccontava scherzando questa storiella: una volta, preso dai cannibali e legato al palo per essere arrostito vivo, si accorse che due ragazzetti dei selvaggi litigavano fra di loro e si azzuffavano. Allora egli si rivolse a loro e disse con dolcezza: -
Fate da bravi, ragazzi: se farete da bravi, anche per voi ci sarà un bocconcino di quest’arrosto.
Egli conosceva la lingua del paese, ed al suo primo sermone accorse tutta la popolazione dei dintorni: però più che altro fu per curiosità, ed anzi quei piccoli paesani gialli e sornioni pareva si beffassero della nostra fede.
Tuttavia i più poveri cominciarono a mandare i bambini alla nostra Scuola, perché si dava loro una minestra e dei vestiti; ed i più abbienti ci tolleravano.
Si viveva in una costruzione in legno, con una piccola chiesa che serviva anche da scuola e, nei tempi cattivi, da refettorio. Nei giorni buoni si mangiava all’aperto: io funzionavo da cuoca, da serva, da maestra, da lavandaia e sarta.
Mai ero stata così felice; e tentavo di apprendere la lingua del luogo per rendermi più utile.
Il clima non ci favoriva. Spesso soffiavano venti terribili, dei quali qui non si può avere una lontana idea. Durante uno di questi cicloni la nostra fragile stazione crollò e molte assi furono portate via dal vento. Eppure un miracolo accadde: padre Victor, ispirato come l’angelo della tempesta, ci raccolse intorno a sé, in mezzo alle rovine, e intonò la preghiera.
Ebbene, i contadini anche i più pagani accorsero in nostro aiuto; portarono assi e tronchi, non solo, ma anche viveri; in breve la Casa risorse più solida di prima.
Dopo soli tre mesi di propaganda, già avevamo molti neofiti e qualche convertito; fra gli altri un vecchio contadino ricco, che si diceva fosse stato un brigante. Lo chiamavano appunto Pe-lang (Lupo bianco) in ricordo di questo famoso condottiero di bande brigantesche.
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