Billa, che il chiaro di luna trasforma in una zingara mora, si arrampica su un querciuolo, donde manda il suo saluto di cuculo al padre rimasto a casa: Fausto invece si sdraia silenzioso accanto a me, sul fieno ancora piegato dell’altra sera.
Il dolore mi romba dentro come un vulcano, ma la presenza di Fausto m’impedisce di rotolare sulla terra e urlare. Fausto s’è fatto serio, in questi giorni: s’è anche allungato come per il desiderio di farsi presto uomo e vendicarmi: non parla mai del fatto, ma ci pensa continuamente; i suoi occhi sono scuri; spesso egli aggrotta le ciglia e stringe i denti sporgendo la mascella: allora ha un’aria buffa che fa ridere, mentre io sento che dentro di lui soffia un vento di tragedia.
D’un tratto esclama, parlando fra sé:
- Ma ne ho proprio piacere! - Poi balza in piedi e scuote con furore l’albero sul quale Billa adesso imita il lamento della civetta.
- Smettila, scimmia, se no sradico la pianta - urla con una voce d’uomo. Il verde argenteo dei rami ha un bagliore livido: Billa ride e strilla, ed anch’io mi scuoto dalla mia angoscia per partecipare al contrasto fraterno. Riesco a strappare Fausto dal tronco della quercia, ed egli ne vien via con un pezzo di corteccia in mano: non potendo di più ha scorticato l’albero; e torna a buttarsi per terra tutto nervoso e agitato.
Per calmarlo gli domando:
- Di che cosa avevi piacere, poco fa?
- Beh, senti, - egli dice, strappando il fieno dalla terra come le piume da un uccello vivo, - c’è quel mio compagno di scuola, Ghiron, che sta nella casa dove eravamo noi, ti ricordi? Che mi domandava sempre: «Tua sorella quando si sposa?
Tua sorella quando si sposa?». Un giorno io gli risposi seccato: «Prima delle tue». Sai che sono cinque sorelle una più brutta dell’altra. Beh, dunque, martedì l’ho veduto al Cinematografo. E ricomincia: «Tua sorella quando si sposa?». E mi guarda e ride: tanto che io credo che egli sappia già qualche cosa. Sa tutto e maligna su tutto, quella gente lì. Beh, lasciami finire: oggi lo vedo ancora; e sai cosa è accaduto? Suo fratello Andrea è scappato di casa: s’è portato via tutta la sua roba, mille lire in denaro e gioielli. Il padre è andato alla Questura centrale, ha portato la fotografia di Andrea e per mezzo di raccomandazioni ha messo in moto tutte le Questure del Regno. Il Commissario Finzi, quello famoso, ha promesso di scovare Andrea: intanto però Ghiron sconta la sua beffa contro di noi.
- C’è poco da beffare - dico io con tristezza. - Quella povera madre…
Eppure perché quel dolore lontano s’infiltra nel mio con una perversa vena di conforto? Che io sia per diventare doppiamente disgraziata? Infelice e cattiva?
No: ma il constatare che il dolore è retaggio comune, amaramente conforta.
D’un tratto Fausto striscia col corpo sul fieno e mi si avvicina in modo che Billa non senta le nostre parole.
- Senti, ho un progetto: perché non andiamo, tu ed io, alla Questura centrale?
- A far che?
- Si parla col Commissario Finzi: gli si porta la fotografia che tu possiedi.
Vedrai che quello te lo scova. Se tu vedessi che viso ha Finzi: un viso d’aquila.
- Lasciami - dico io, poiché Fausto mi si è aggrappato addosso e pare voglia portarmi subito alla Questura. - Tu sei pazzo.
Ma egli non mi lascia; e d’improvviso lo sento come gonfiarsi; stringe i denti, poi spalanca la bocca, mi morde la spalla, e infine piange come un bambino bastonato. Billa tace, sull’albero: e il pianto dell’adolescente è il pianto 9
stesso del dolore che, come il canto dell’amore, si rifugia nella notte per chiedere a sé stesso il segreto del suo mistero.
Un senso di terrore mi preme contro il ragazzo che dunque è come uno strumento che suona il mio patire; e mi pare di essere un’appestata che comunica il suo male alle persone intorno. Ma da questa profondità di miseria, piano piano risalgo, mi ritrovo a galla, riapro gli occhi salati di lagrime come quelli del naufrago, e rivedo la terra della speranza: bisogna farsi forza e cercare di guarire per guarire gli altri.
- Fausto, - dico tranquilla, - qual è l’oggetto che hai più caro?
Come il pugno che si dà sulle spalle al bambino che ha il singhiozzo, per farglielo cessare, quella domanda colpisce e distrae il ragazzo in modo da far tacere il suo male.
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