Che la regina fosse il pezzo più potente, e il re il più fragile. Ecco dei dati che colmavano di beffarda allegria quegli assidui delle corti e delle loro vicissitudini. Si decise di mettere in fabbricazione centinaia di scacchiere con i relativi pezzi al gran completo e di costringere gli abitanti di Cléricourt a imparare quel nuovo gioco.

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3.

La sfida di Exmoor

Durante quei primi mesi d’assedio consacrati all’organizzazione interna della vita a Cléricourt, Faber non aveva avuto molte occasioni di curarsi di suo figlio. Lo vedeva di rado – soltanto una volta al giorno – sempre intento a correre verso misteriosi appuntamenti e assorbito da compiti enigmatici. Il bambino doveva in teoria recarsi quotidianamente al priorato per prendere dai frati di don Porcaro – con una ventina di altri monellacci – lezioni di latino, teologia, storia e francese. Faber fingeva di credere che da quel lato andasse tutto bene, quando un incidente piuttosto grave lo costrinse a occuparsi un po’ più da presso di Lucio. Una mattina lo avvertirono che era stato arrestato dagli arcieri di guardia mentre tornava da una sortita con due suoi coetanei. Va da sé che lo spionaggio era particolarmente temuto dagli assediati, e che entrate e uscite, ogni tipo di scambio con l’esterno, erano rigorosamente proibiti. Con una cerimonia in pompa magna, era già stato impiccato un artigiano colpevole di intelligenza con gli assedianti. Con l’aggravante, nel suo caso – va detto – che egli conosceva le fortificazioni cui aveva lavorato.

I tre discoli furono a lungo interrogati dal preposto e dai suoi assistenti. Risultò subito che quella non era la loro prima impresa, dato che conoscevano il numero, la disposizione e l’armamento degli inglesi. Furono in grado di fornire al capitano Fulgence preziose informazioni.

Faber trasse due lezioni dalla disavventura. In primo luogo, che avrebbe dovuto sorvegliare di più Lucio. Ma quel diavolo d’un ragazzo riusciva sempre a far sì che le sue scappatelle finissero nel migliore dei modi!

Bisognava ammetterlo: Lucio era fortunato. Era nato sotto una buona stella, e le sue sventatezze più riprovevoli volgevano quasi sempre a suo vantaggio. Faber ne ebbe ulteriore prova scoprendo nel sottotetto di una guardiola un vero tesoro di Alì Babà al quale Lucio andava ad attingere in segreto. C’erano viveri, indumenti e perfino gioielli a profusione. Interrogato, il bambino confessò che erano i suoi guadagni al gioco dei dadi. Generosamente, propose al padre di dividerli con lui.

Faber non sapeva che partito prendere.

Ma tutto ciò aveva un’importanza secondaria. Ben più grave fu la decisione che prese allora: seguire l’esempio del figlio e fare delle sortite dalla cittadella. Il rischio valeva la candela, giacché osservare gli inglesi e scoprire i loro punti deboli era vitale. Gli bastava tornare a indossare i panni di finto veneziano. Orlando, che si annoiava, sarebbe stato più che felice di intraprendere quelle escursioni con lui.

Già l’indomani, fra il lusco e il brusco, i due presero la strada della Combe-aux-Geais attraverso la galleria della torre orientale.