Ma uno dei suoi vicini, un uomo tutto scialle e barba, lo anticipò. Baciò fugacemente il volume aperto per cancellare l'offesa della caduta, e mentre si accingeva a restituirlo al proprietario si accorse di aver appena baciato parole mai viste prima in nessuna Torah. Non era né il testo ebraico né la traduzione in yiddish.

David Karnowski tese la mano per riavere il libro, ma l'altro, anziché restituirglielo, preferì portarlo al rabbino perché gli desse un'occhiata. Questi gettò un rapido sguardo ai caratteri, esaminò il frontespizio e divenne paonazzo per l'orrore e lo sbigottimento. «É il Pentateuco di Moses Mendelssohn» si mise a urlare e poi sputò.

«Il Bier 2 di Moses di Dessau! É una profanazione del Nome!».

Nella casa di preghiera si udì un mormorio sempre più forte. Il lettore picchiò la mano sul tavolo per ricordare che non aveva ancora terminato.

Il rabbino in persona iniziò a battere sul pulpito perché i presenti ascoltassero la lettura sino in fondo.

Ma il pubblico era agitatissimo. Ogni «ssst», ogni «allora», ogni colpo sul pulpito non facevano che accrescere il tumulto. Il lettore, vedendo che tanto nessuno lo ascoltava, finì di recitare in fretta la sezione settimanale della Torah. Il cantore concluse la preghiera senza dilungarsi in trilli e vocalizzi. Non appena il pubblico ebbe sputato alla menzione degli idoli in Aknu,3 ancora prima di terminare la preghiera come si deve, nella sinagoga si levò un brusio come quello di un alveare.

«L'obbrobrio, l'abominio di Moses di Dessau,» gridava infiammato il rabbino indicando il Pentateuco di David Karnowski «non si era mai sentita una cosa simile a Melnitz... Non consentirò all'apostata di Berlino di mettere piede nella mia città»

«Che il suo nome e la sua memoria siano cancellati!» ribollivano i hassidim sputando per terra. Le persone semplici tendevano l'orecchio alle parole degli eruditi, per capire di che cosa si trattasse. L'uomo tutto scialle e barba turbinava per la sinagoga come un uragano.

«Appena l'ho visto, ho capito subito che c'era sotto qualcosa,» raccontava per l'ennesima volta «l'ho afferrato al volo»

«Bel genero vi siete procurato, reb Leib,» accusavano i notabili «non c'è che dire!». Leib Milner era sconcertato.

Nonostante lo scialle da preghiera con il bordo d'argento, la bella barba bianca e gli occhiali cerchiati d'oro, nonostante l'aspetto imponente e l'aria signorile, egli non aveva la minima idea del motivo per cui il rabbino tuonasse contro suo genero e che cosa volessero da lui gli altri fedeli esagitati. Di umili origini e lui stesso un nuovo ricco, a parte le preghiere non conosceva nulla della Torah. Aveva colto la parola «Bier», ma di che razza di birra si trattasse, e cosa avesse a che fare con lui e suo genero proprio non riusciva a comprenderlo.

«Signor rabbino, che cosa succede?» implorò.

Il rabbino furibondo puntò il dito, indicando il Pentateuco. «Vedete, reb Leib, quel Moses Mendelssohn di Dessau, che il suo nome sia cancellato, era un empio, una vergogna per Israele!» gridò. «Ha condotto gli ebrei all'apostasia con la sua Torah eretica». Benché Leib Milner non avesse ancora afferrato esattamente chi fosse quel Moses di Dessau e in che cosa consistessero di preciso le sue malefatte, dalle grida del rabbino suppose che fosse una sorta di ebreo missionario che aveva rifilato a suo genero, come capita spesso con quella gente, un libro condannato dall'ortodossia. Si adoperò per calmare il tumulto e ristabilire la pace nella casa di preghiera. «Signori, mio genero, possa vivere a lungo, di sicuro non sapeva che tipo fosse quel Moses là,» lo difese «e non è il caso di litigare in questo santo luogo. Torniamo piuttosto a casa a recitare il kiddush». Ma suo genero non aveva alcuna intenzione di tornare a casa per il kiddush. Si fece strada in mezzo ai notabili e raggiunse il rabbino.

«Rendetemi il mio Pentateuco,» lo apostrofò iroso «lo rivoglio immediatamente». Il rabbino non voleva saperne di restituirlo, benché non avesse idea di che cosa farne. Se si fosse trattato soltanto di un testo profano, e non fosse stato shabbat, avrebbe chiesto allo scaccino di accendere la stufa e di gettare nel fuoco il libro impuro davanti a tutti, come prescrive la legge. Ma era shabbat. E poi i commentari eretici di Moses di Dessau erano stampati insieme alla Torah. Impurità e santità fianco a fianco. Gli bruciavano le mani a reggere quella santità violata, ma restituirla al suo proprietario era fuori discussione.