La donna gli sfuggirà nell'ombra, andrà a rifugiarsi presso il ceppo di noce).
MILA: No! No! No! Lasciami! Lasciami!
Non mi toccare. Ecco, viene! Ecco, viene
la tua figlia... Ornella ora viene.
(Ella si aggrapperà all'Angelo perdutamente, per resistere alla violenza).
No, no! Ornella, Ornella, aiuto!
(D'improvviso, alla bocca della caverna, apparirà Aligi disciolto. Vedrà il viluppo nell'ombra. Si precipiterà contro il padre. Scorgerà nel ceppo rilucere l'asce ancóra infissa. La brandirà, cieco di orrore).
ALIGI: Lasciala, per la vita tua!
(Colpirà il padre a morte. Ornella, sopravvenuta, si chinerà a riconoscere nell'ombra il corpo stramazzato a piè dell'Angelo. Gitterà un gran grido).
ORNELLA: Ah! E io t'ho sciolto! E io t'ho sciolto!
ATTO TERZO
Si vedrà un'aia grande; e al fondo una quercia venerabile per vecchiezza; e, dietro il tronco, la campagna limitata dai monti, solcata dalla fiumana. Si vedrà a manca la casa di Lazaro, la porta aperta, il portico ingombro di strumenti rurali; a dritta, il fienile il frantoio il pagliaio.
Scena prima
Il cadavere di Lazaro sarà steso sul nudo suolo, dentro la casa, poggiato il capo a un fascio di sermenti, secondo il costume. E le Lamentatrici gli staranno d'intorno inginocchiate. Di loro una intonerà, l'altre in coro voceranno; e per fare il lamento si chineranno l'una verso l'altra tenendo fronte con fronte. Sotto il portico, fra l'aratro e il tino, staranno le donne del parentado, e Splendore e Favetta. Più oltre, Vienda di Giave sarà seduta su una pietra, con l'aspetto di una morente, confortata dalla sua madre e dalla sua madrina. Sola Ornella sarà sotto l'albero, con lo sguardo rivolto verso il sentiero. Tutte in gramaglia.
IL CORO DELLE LAMENTATRICI: Iesu Cristo, Iesu Cristo,
l'hai possuto sofferire!
D'esta morte scellerata
dovìa Lazaro morire!
S'è veduto a vetta a vetta
tutto, 'l monte isbigottire.
S'è veduto in ciel lo sole
la sua faccia ricuoprire.
Ahi, ahi! Lazaro, Lazaro, Lazaro!
Ahi, che pianto si piange per te!
Requiem æternam dona ei, Domine.
ORNELLA: Ora viene! Ora viene! Si vede
lo stendardo nero, e la polvere.
Sorelle, sorelle, pensate
alla madre, che si prepari...
che il cuor non le scoppi... Fra poco
viene. Ecco, laggiù alla svolta,
lo stendardo nero apparito!
SPLENDORE: Maria della Pietà, pel tuo Figlio
messo in croce, tu sola puoi dirlo
alla madre, e tu parlale dentro!
(Alcune donne esciranno del portico a guardare).
ANNA DI BOVA: È il cipresso del campo a Fiumorbo.
FELÀVIA SÈSARA: È l'ombra del nuvolo in terra.
ORNELLA: Non è né il cipresso né l'ombra
del nuvolo, donne. Io lo vedo:
né il cipresso né il nuvolo, ahimè.
Lo stendardo è del Malificio,
che l'accompagna. Ora viene,
per il commiato di morte,
per aver dalla madre la tazza
del consólo e andarsene a Dio.
Ah perché non moriamo noi tutte
dietro a lui? Sorelle, sorelle!
(Le sorelle si volgeranno alla porta e guateranno).
IL CORO DELLE LAMENTATRICI: Iesu Iesu, meglio era
ch'esto tetto si sfacesse.
Ahi che troppo è gran dolore,
Candia della Leonessa,
l'uomo tuo su nuda terra,
e guancial non gli è permesso!
Solo un fascio di sermenti
sotto il capo gli fu messo!
Ahi, ahi! Lazaro, Lazaro, Lazaro!
Ahi, che pena si pena per te!
Requiem æternam dona ei, Domine.
SPLENDORE: Favetta, va tu; va e parla.
Va tu; e le tocca una spalla,
ch'ella senta e si volga. Seduta
su la pietra del focolare
sta, fisa; e ciglio non muove,
e par che non veda e non oda,
e pare sia tutta una pietra.
Vergine di misericordia,
non le togliere il senno, alla misera!
Fa che ci guardi e negli occhi
nostri si riconosca la misera!
Ma io cuore non ho di toccarla.
E chi le dirà la parola?
Sorella, va e dille: Ecco viene.
FAVETTA: Né io non ho cuore. Ho spavento.
Non me la ricordo com'era,
e né mi ricordo la voce
com'era prima che fossimo
in doglia. Incanutita s'è tutta,
e ogni ora più bianco diventa
il suo capo. Mi pare che nostra
non sia più; mi pare distante
e che stia seduta su quella
pietra da cent'anni e per altri
cent'anni, e più non si ricordi
di noi... Vedete, vedete
come tien chiusa la bocca!
Più chiusa di quella ch'è fatta
muta per sempre là in terra.
Come dunque parlare potrà?
Io non la tocco, io non le dico:
Ecco viene. Se si scuote,
cade, stramazza. Ho spavento.
SPLENDORE: Ah perché siamo nate, sorelle?
Perché ci partorì nostra madre?
Ci prendesse tutte in un fascio
la morte, ci portasse con sé!
IL CORO DELLE PARENTI: - Ah che pietà, creature!
- Che pietà di voi, creature!
- Su, fate cuore, che Dio
vi rialzerà, se v'ha stronche.
- Dio vi dà la trista vendemmia
ma forse l'oliva sarà
meno scura. Abbiate fidanza.
- E c'è una che forse è più misera
di voi, c'è una che stava
nella sua casa, in mezzo al suo pane,
qui entrò, s'addormì, si svegliò
a sorte perversa, e non ebbe
più bene e si muore: Vienda.
- È già nel mondo di là.
- E quella non si lagna e non lacrima.
- Ah che pietà della carne
cristiana, della vita nostra,
di tutta la gente che nasce
dolora trapassa e non sa!
ORNELLA: Ecco viene Femo di Nerfa
il bifolco, viene correndo.
E lo stendardo s'è fermo
al Tabernacolo bianco.
Sorelle, volete ch'io stessa
vada e la parola le porti?
Ahimè, forse non si rammenta
quel che bisogna. Ma, Dio
liberi, se pronta non è
ed ei sopraggiunge e la chiama
e all'improvviso ella ode la voce,
allora certo il cuore le scoppia.
ANNA DI BOVA: Ah che certo il cuore le scoppia,
Ornella, se tu vai e la tocchi.
Hai la mala ventura con te;
e tu fosti a chiuder la porta
e tu fosti a sciogliere Aligi.
IL CORO DELLE LAMENTATRICI: A chi lo lasci l'aratro,
oh Lazaro, a chi lo lasci?
Chi ti vanga il campo tuo,
la tua mandra chi la pasce?
Padre e figlio l'Inimico
ha pigliato con un laccio.
Morte infame, morte infame,
corda e sacco e ferro d'asce!
Ahi, ahi! Lazaro, Lazaro, Lazaro!
Ahi, che scempio si pate per te!
Requiem æternam dona ei, Domine.
(Apparirà il bifolco ansante).
FEMO DI NERFA: Dov'è Candia? Figliuole del Morto,
il giudizio è fatto. Baciate
la polvere, prendete la cenere.
Il Giudice del Malificio
ha dato sentenzia finale,
e tutto il popolo è giustiziere
del parricida e l'ha nelle mani.
Ora il fratel vostro lo portano
qui, a pigliar perdonanza
dalla madre sua, che la madre
la tazza gli dia del consólo,
prima che la mano gli tàglino,
prima che nel sacco lo sèrrino
col can mastino e lo gèttino
al fiume in dove fa gorgo.
Figliuole del Morto, baciate
la polvere, prendete la cenere.
E Nostro Signore Gesù
abbia pietà del sangue innocente!
(Le tre sorelle correranno l'una verso l'altra e si stringeranno insieme, capo con capo, restando nell'atto.
1 comment