— Be' non pensavo a male. Se n'è andato. L'ho visto... l'ho visto nella stalla una buona ora fa; stava sellando un cavallo grigio.

— Ah, per la croce! — gridò Sir Daniel. — Quella ragazzina mi valeva cinquecento sterline e anche più.

— Signor cavaliere — osservò il messaggero con amarezza, — mentre voi siete qui a strepitare per cinquecento sterline, il regno d'Inghilterra, altrove, sta per essere sconfitto e perduto.

— Ben detto — replicò Sir Daniel. — Selden, prendi sei balestrieri: dalle la caccia. Costi quel che costi; ma al mio ritorno fammela trovare a Moat House. Ne va della tua testa. E ora, signor messo, in marcia.

E la truppa si mise al trotto serrato, e Selden e i suoi sei uomini furono lasciati indietro sulla via di Kettley, sotto gli occhi attoniti dei villici.

 

 

 

NELLA PALUDE.

 

Erano quasi le sei di quel mattino di maggio quando Dick cominciò a inoltrarsi nella palude lungo il suo cammino di ritorno a casa. Il cielo era azzurrissimo; il vento gaio soffiava forte e costante; le pale del mulino vorticavano; e i salici che coprivano tutta la palude ondeggiavano biancheggianti come un campo di grano. Era stato in sella tutta la notte, ma il cuore era buono e il corpo saldo, e cavalcava allegramente.

Il sentiero s'insinuava nella palude finché non gli si persero alla vista tutti i vicini punti di riferimento, fuorché il mulino di Kettley sul monticello alle sue spalle, e le cime della Foresta di Tunstall lontano davanti a lui. A destra e a sinistra si spandevano grandi campi di giunchi e salici oscillanti, pozze d'acqua agitate dal vento e acquitrini traditori, verdi come lo smeraldo, a tentare e ingannare il viaggiatore. Il sentiero correva quasi diritto attraverso la palude. Era già antichissimo; lo avevano costruito, con solide basi, le soldatesche romane; col passare dei secoli gran parte aveva ceduto, e qua e là, per qualche centinaio di metri, era andato sommerso dalle acque stagnanti.

A circa un miglio da Kettley, Dick giunse ad una di queste interruzioni della linea piana del selciato, dove i giunchi e i salici crescevano alla rinfusa come isolette e confondevano l'occhio. La breccia, per giunta, si apriva insolitamente lunga; era un punto dove qualsiasi estraneo al luogo avrebbe potuto facilmente trovarsi nei guai; e Dick pensò, con qualcosa di simile all'angoscia, al giovinetto che aveva così imperfettamente indirizzato. Quanto a lui, un'occhiata indietro dove le ali del mulino giravano nere contro l'azzurro del cielo, uno sguardo avanti al terreno rialzato della Foresta di Tunstall, e s'era già sufficientemente orizzontato; e procedeva diritto con l'acqua che sciacquava intorno ai ginocchi del cavallo, sano e salvo come su una strada maestra.

A metà cammino, quando già scorgeva il sentiero levarsi alto e asciutto in lontananza, avvertì un gran sguazzare alla sua destra, e vide un cavallo grigio affondato nella melma fino alla pancia, che ancora lottava spasmodicamente. Immediatamente, come se avesse intuito l'avvicinarsi di un aiuto, la povera bestia cominciò a nitrire in modo straziante. Intanto rotava l'occhio iniettato di sangue, pazzo di terrore; e come si dimenava nella strettoia del fango, nugoli d'insetti mordaci si levavano e gli ronzavano intorno.

— Mio Dio! — pensò Dick, — può essere perito quel povero ragazzo?

Questo è il suo cavallo, certamente, un così bel grigio! No, camerata, se mi supplichi così pietosamente, farò tutto quello che un uomo può fare per aiutarti. Non ti lascerò lì ad affondare centimetro per centimetro!

E mirò con la balestra e attraversò con una freccia la testa della misera creatura.

Dopo questo atto di ruvida misericordia, Dick riprese a cavalcare con maggior calma, guardandosi bene attorno per non lasciarsi sfuggire un qualsiasi indizio di chi l'aveva preceduto nel cammino con meno fortuna.

— Avrei dovuto tentare di spiegargli meglio — pensava; — perché ho gran paura che si sia smarrito nel pantano.

E proprio mentre pensava così, una voce lo chiamò per nome da una parte del selciato, e voltandosi scorse il viso del ragazzo che faceva capolino da un ciuffo di giunchi.

— Sei lì? — fece Dick tirando le redini. — Stai così nascosto fra i giunchi che ti avrei oltrepassato senza vederti. Ho visto il tuo cavallo impantanato, e l'ho liberato dalla sua agonia, il che, in verità, se tu fossi stato un più misericordioso cavaliere, avresti fatto tu stesso. Ma vieni fuori dal tuo nascondiglio. Qui non c'è nessuno che possa darti fastidio.

— Ma io non ho armi, buon ragazzo, né saprei usarle se le avessi replicò l'altro, uscendo sul sentiero.

— Mi chiami «ragazzo»? — fece Dick. — Non sei, mi pare proprio, il maggiore di noi due.

— Buon "Master" Shelton — disse l'altro, — di grazia, perdonatemi. Non avevo la minima intenzione di offendervi. Piuttosto vorrei supplicare in ogni modo la vostra benevolenza e il vostro favore, perché mi trovo in una situazione più brutta che mai, ora che ho perduto la strada, il mantello, e il mio povero cavallo. Ritrovarmi con frusta e speroni, e senza un cavallo da montare! E soprattutto — soggiunse, guardandosi mesto l'abbigliamento, — soprattutto, essermi così malamente imbrattato!

— E che! — rise Dick. — Vorresti fare un bagno? Sangue di ferita o polvere di strada: ecco l'ornamento di un uomo.

— Be', allora lo preferisco disadorno — osservò il giovinetto. — Però vi prego, come devo fare? Di grazia, buon "Master" Richard, aiutatemi con un vostro consiglio. Se non arrivo sano e salvo a Holywood, sono perduto.

— Ecco — disse Dick, scendendo di cavallo, — ti darò più che un consiglio.