Ma non suona male neppure «Sir John Matcham».
— Ti prego, Dick, fermiamoci, ché beva — disse l'altro, arrestandosi dove una piccola polla limpida sgorgava dal pendio in una cavità ghiaiosa non più grande di una tasca. — E oh, Dick, se potessi avere qualcosa da mangiare! Mi fa male il cuore per la gran fame.
— Ma come, sciocchino, non hai mangiato a Kettley? — fece Dick. -Avevo fatto un voto: ero stato trascinato in un peccato — balbettò Matcham; — ma ora, anche se solo pane secco, lo mangerei come la manna.
— Siediti allora, e mangia — disse Dick, — mentre vado un po' avanti a esplorare se si vede la strada. — E si tolse dalla cintura una sacchetta con del pane e qualche pezzo di lardo affumicato; e mentre Matcham attaccava il cibo di gusto, si allontanò fra gli alberi.
Un po' più in là c'era nel terreno una depressione, dove scorreva un ruscelletto tra le foglie morte; e ancora più in là gli alberi crescevano più robusti e più radi, e la quercia e il faggio cominciavano a prendere il posto del salice e dell'olmo. Il continuo frusciare e fischiare del vento tra le foglie nascondeva a sufficienza il rumore dei passi sulle ghiande; era per l'orecchio come una notte illune per l'occhio; ma Dick procedeva ugualmente con ogni cautela, scivolando da un grosso tronco all'altro, e intanto guardandosi attento intorno, continuamente. D'un tratto una daina passò come un'ombra attraverso il sottobosco proprio di fronte a lui, che si fermò contrariato. Quella parte di bosco era certamente deserta, ma ora che quella povera bestia era scappata di corsa, era come una messaggera che lui si fosse mandata avanti ad annunziare il suo arrivo; e invece di procedere oltre, si volse al grosso albero più vicino e cominciò ad arrampicarvisi.
La fortuna lo aveva servito bene. La quercia sulla quale era salito era una delle più alte di quella zona, e sovrastava tutte le cime all'intorno d'un braccio e mezzo almeno; e quando Dick fu in cima, a cavalcioni della più alta biforcazione dei rami, oscillando vertiginosamente nel gran vento, scorse dietro di sé tutta la pianura paludosa fino a Kettley, e il Till errante fra le isolette boscose; e davanti la linea bianca della strada maestra serpeggiante tra la foresta. La barca era stata raddrizzata, ed era già al traghetto, in mezzo alla corrente. All'infuori di quella, non c'era indizio d'esseri umani né d'altro moto se non del vento. Stava per scendere, quando, dando un ultimo sguardo, l'occhio gli cadde su una fila di punti che si muovevano verso la palude. Era chiaro che una piccola schiera percorreva il sentiero selciato, e anche di buon passo; e la cosa lo preoccupò alquanto, mentre si lasciava scivolare vigorosamente lungo il tronco e si affrettava attraverso il bosco a raggiungere il suo compagno.
LA COMPAGNIA DEL BOSCO VERDE.
Matcham era ben riposato e ristorato; e i due ragazzi, sospinti da quanto Dick aveva visto, superarono di volo il resto del bosco, traversarono la strada senza ostacoli, e presero a salire l'altura della foresta di Tunstall. Gli alberi si raggruppavano sempre più fitti, con delle radure rossastre qua e là, sabbiose, tutte coperte d'erica e disseminate di vecchi tassi. Il terreno si faceva sempre più ineguale, pieno di buche e di rialzi. E a ogni passo della salita il vento soffiava e fischiava più forte, e gli alberi piegavano alle raffiche come canne da pesca. Erano appena usciti in una di quelle radure, quando Dick si buttò improvvisamente faccia a terra fra i rovi, e cominciò a strisciare lentamente all'indietro verso il riparo del folto. Matcham, assai stupito perché non gli riusciva di capire il motivo di quella fuga, imitò tuttavia il suo compagno; e fu solo quando ebbero raggiunto la protezione del bosco che si volse a Dick pregandolo di dargli una spiegazione.
Per tutta risposta, Dick gl'indicò col dito.
All'estremità opposta della radura un abete s'appuntava alto al di sopra degli alberi vicini, con la fronda cupa stagliata nettamente contro il cielo. Fino a cinquanta piedi circa da terra il tronco si levava diritto e solido come una colonna. Poi si divideva in due ramature massicce, e nella biforcazione, come un marinaio sull'albero maestro, si teneva in piedi un uomo in cotta d'arme verde, intento a spiare lontano tutto all'ingiro. Il sole gli splendeva sui capelli; con una mano si faceva schermo agli occhi per guardarsi intorno, continuando a volgere lentamente la testa da una parte all'altra con la regolarità d'una macchina. I due ragazzi si scambiarono un'occhiata.
— Proviamo a prendere a sinistra — disse Dick. — Non ci siamo caduti per un pelo, Jack.
Dieci minuti dopo sbucavano su un sentiero battuto.
— Ecco una parte della foresta che non conosco — notò Dick. — Dove porterà questa pista?
— Andiamo a vedere — disse Matcham.
Dopo pochi metri il sentiero raggiungeva la cima d'un rialzo per scendere poi bruscamente verso il valloncello a forma di coppa. In fondo, sporgevano fuori da un folto ciuffo di biancospino fiorito due o tre frontoni senza tetto, come anneriti da un incendio, e un unico alto comignolo: stavano a indicare le rovine di un'abitazione.
— Che può essere? — sussurrò Matcham.
— Per la messa, non ne ho la minima idea — rispose Dick. — Non ci capisco niente. Avanziamo con prudenza.
Con i cuori che battevano forte, scesero inoltrandosi fra il biancospino. Qua e là oltrepassarono segni di recente coltivazione; alberi da frutto e ortaggi inselvatichivano in mezzo agli arbusti; un orologio a sole era caduto nell'erba; sembrava che camminassero su quanto una volta era stato un orto o un giardino. Qualche passo ancora e si trovarono davanti alle rovine della casa.
Era stata una dimora solida e di bell'aspetto. Un fossato ora asciutto vi era stato scavato tutto all'intorno; era tutto ostruito dai rottami, e una trave caduta fungeva da ponte. I due muri posteriori ancora reggevano, con il sole che splendeva attraverso le finestre vuote; ma il rimanente dell'edificio era crollato, e non era più che un cumulo di macerie, annerite dal fuoco.
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