A portata di mano aveva un boccale di birra aromatica. Si era tolto l'elmo a visiera e sosteneva con una mano la testa calva e il viso magro e scuro, tutto avvolto nel buon calore di un mantello color rosso vivo. In fondo alla stanza una dozzina circa dei suoi uomini stavano di sentinella alla porta o dormivano sulle panche; e, un po' più vicino, un ragazzo dall'apparente età di dodici o tredici anni era sdraiato su un mantello steso sul pavimento. L'oste del Sole stava in piedi davanti al grand'uomo.

— Ora stammi bene a sentire, mio caro oste — disse Sir Daniel, — segui i miei ordini e sarò sempre un buon signore per te. Devo avere uomini in gamba a capo dei borghi, e voglio Adam-a-More come connestabile; facci bene attenzione. Se verranno scelti altri uomini, non te ne verrà alcun bene; anzi, ti costerà caro. Nei riguardi di quelli che hanno pagato tributi a Walsingham prenderò i debiti provvedimenti; e tu sei fra loro, mio caro oste.

— Buon cavaliere — disse l'oste, — vi posso giurare sulla croce di Holywood che ho pagato a Walsingham soltanto sotto compulsione. No, eccellente cavaliere, io non amo i Walsingham furfanti; erano poveri come ladri, eccellente cavaliere. Ma datemi un gran signore come voi.

Chiedete pure ai vicini, se non sono tutto per Brackley.

— Può essere — disse Sir Daniel, secco. — Allora pagherai doppio.

Il locandiere fece una brutta smorfia; ma questa era una cattiva sorte che poteva facilmente capitare a un proprietario in quei tempi turbolenti, e forse in fondo fu contento di essersela cavata così a buon mercato.

— Portami quello là, Selden! — ordinò il cavaliere.

E uno dei suoi uomini gli trascinò davanti un povero vecchio strisciante, pallido come una candela e tutto tremante di febbre di palude.

— Canaglia — disse Sir Daniel, — come ti chiami?

— Al vostro servizio — rispose l'uomo. — Mi chiamo Condall, Condall di Shoreby, sempre ai vostri ordini.

— Ho avuto su di te cattivi rapporti — replicò il cavaliere. — Sei esperto di tradimenti, mascalzone; vai spigolando sui fitti; sei sospettato molto da vicino della morte di parecchie persone. Che ti dà tanto ardire? Ma ti piegherò io, sta' tranquillo.

— Mio onoratissimo e reverendissimo signore — esclamò l'uomo, — qui c'è un malinteso, col vostro riverito permesso. Io non sono che un povero cittadino privato, e non ho mai fatto male a nessuno.

— Il vice-sceriffo mi ha fatto di te un pessimo rapporto — disse il cavaliere. — «Arrestatemi» ha detto «quel Tyndal di Shoreby».

— Condall, mio buon signore; Condall è il mio povero nome — disse il poveretto.

— Condall o Tyndal è la stessa cosa — ribatté Sir Daniel con freddezza. — Quello che importa è che sei qui e io sospetto assai della tua onestà. Se vuoi salvarti il collo scrivimi subito un'obbligazione per venti sterline.

— Per venti sterline, mio buon signore! — esclamò Condall. — Ma questa è follia da solleone! Tutto il mio avere non arriva a settanta scellini.

— Condall o Tyndal — replicò Sir Daniel con un sorrisetto, — correrò il rischio della partita. Scrivi venti, e quando mi sarò risarcito di tutto quello che posso, sarò per te un buon padrone e ti condonerò il resto.

— Ahimè! mio buon signore, non è possibile; non so scrivere — disse Condall.

— E sta bene! — fece il cavaliere. — Allora non c'è rimedio. Eppure, Tyndal, se la mia coscienza l'avesse permesso, ti avrei risparmiato volentieri. Selden, portami con delicatezza questo vecchio chiacchierone all'olmo più vicino e impiccalo con tutti i riguardi, dove io possa vederlo quando passo a cavallo. Addio, buon "Master Condall", caro "Master Tyndal"; sei di partenza difilato per il Paradiso; fa' buon viaggio!

— No, no, mio amabilissimo signore — replicò Condall, forzandosi a un sorriso ossequioso, — se proprio comandate così, come bene vi conviene, io da parte mia, con tutta la misera abilità che possiedo, farò quanto comandate.

— Amico! — disse Sir Daniel, — ora scriverai due volte venti. Va' là che sei troppo furbo per vivere con settanta scellini. Selden, fallo scrivere secondo le dovute regole, con la controfirma di regolari testimoni.

E Sir Daniel, che era un cavaliere sempre d'ottimo umore da non aver rivali in Inghilterra, bevve una sorsata della sua birra calda e aromatizzata, e si abbandonò sullo schienale sorridendo.

Intanto il ragazzo disteso sul pavimento cominciò a muoversi, si mise seduto e si guardò intorno con spavento.

— Vieni qua — disse Sir Daniel; e come l'altro si alzò a quel comandò e gli si avvicinò lentamente, si ributtò all'indietro e scoppiò in una risata. — Per la croce! — esclamò, — che giovanotto in gamba!

Il ragazzo avvampò di collera, e dagli occhi neri gli dardeggiò uno sguardo d'odio. Ora che era in piedi, era ancora più difficile stabilirne con precisione l'età. Il volto aveva un'espressione alquanto più matura ma era liscio come quello d'un bambino; d'ossatura e di corporatura era insolitamente snello, e nell'andatura piuttosto incerto.

— Mi avete chiamato, Sir Daniel — disse. — Che c'è da ridere sul mio misero stato?

— Ma sì, lasciami ridere — disse il cavaliere. — Caro borbottone, lasciami ridere, fammi il piacere.