Tu sola il duol comun non accompagni, Sofronia; e pianta da ciascun, non piagni.
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Mentre sono in tal rischio, ecco un guerriero (ché tal parea) d’alta sembianza e degna; e mostra, d’arme e d’abito straniero, che di lontan peregrinando vegna.
La tigre, che su l’elmo ha per cimiero, tutti gli occhi a sé trae, famosa insegna, insegna usata da Clorinda in guerra; onde la credon lei, né ’l creder erra.
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Costei gl’ingegni feminili e gli usi tutti sprezzò sin da l’età più acerba: a i lavori d’Aracne, a l’ago, a i fusi inchinar non degnò la man superba.
Fuggì gli abiti molli e i lochi chiusi, ché ne’ campi onestate anco si serba; armò d’orgoglio il volto, e si compiacque rigido farlo, e pur rigido piacque.
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Tenera ancor con pargoletta destra strinse e lentò d’un corridore il morso; trattò l’asta e la spada, ed in palestra indurò i membri ed allenogli al corso.
Poscia o per via montana o per silvestra l’orme seguì di fer leone e d’orso; seguì le guerre, e ’n esse e fra le selve fèra a gli uomini parve, uomo a le belve.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 37
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso La Gerusalemme liberata
Canto secondo Q
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Viene or costei da le contrade perse perch’a i cristiani a suo poter resista, bench’altre volte ha di lor membra asperse le piaggie, e l’onda di lor sangue ha mista.
Or quivi in arrivando a lei s’offerse l’apparato di morte a prima vista.
Di mirar vaga e di saper qual fallo condanni i rei, sospinge oltre il cavallo.
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Cedon le turbe, e i due legati insieme ella si ferma a riguardar da presso.
Mira che l’una tace e l’altro geme, e più vigor mostra il men forte sesso.
Pianger lui vede in guisa d’uom cui preme pietà, non doglia, o duol non di se stesso; e tacer lei con gli occhi al ciel sì fisa ch’anzi ’l morir par di qua giù divisa.
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Clorinda intenerissi, e si condolse d’ambeduo loro e lagrimonne alquanto.
Pur maggior sente il duol per chi non duolse, più la move il silenzio e meno il pianto.
Senza troppo indugiare ella si volse ad un uom che canuto avea da canto:
— Deh! dimmi: chi son questi? ed al martoro qual gli conduce o sorte o colpa loro? —
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Così pregollo, e da colui risposto breve ma pieno a le dimande fue.
Stupissi udendo, e imaginò ben tosto ch’egualmente innocenti eran que’ due.
Già di vietar lor morte ha in sé proposto, quanto potranno i preghi o l’armi sue.
Pronta accorre a la fiamma, e fa ritrarla, che già s’appressa, ed a i ministri parla: Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 38
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso La Gerusalemme liberata
Canto secondo Q
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— Alcun non sia di voi che ’n questo duro ufficio oltra seguire abbia baldanza, sin ch’io non parli al re: ben v’assecuro ch’ei non v’accuserà de la tardanza. —
Ubidiro i sergenti, e mossi furo da quella grande sua regal sembianza.
Poi verso il re si mosse, e lui tra via ella trovò che ’ncontra lei venia.
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— Io son Clorinda: — disse — hai forse intesa talor nomarmi; e qui, signor, ne vegno per ritrovarmi teco a la difesa de la fede comune e del tuo regno.
Son pronta, imponi pure, ad ogni impresa: l’alte non temo, e l’umili non sdegno; voglimi in campo aperto, o pur tra ’l chiuso de le mura impiegar, nulla ricuso. —
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Tacque; e rispose il re: — Qual sì disgiunta terra è da l’Asia, o dal camin del sole, vergine gloriosa, ove non giunta sia la tua fama, e l’onor tuo non vóle?
Or che s’è la tua spada a me congiunta, d’ogni timor m’affidi e mi console: non, s’essercito grande unito insieme fosse in mio scampo, avrei più certa speme.
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Già già mi par ch’a giunger qui Goffredo oltra il dover indugi; or tu dimandi ch’impieghi io te: sol di te degne credo l’imprese malagevoli e le grandi.
Sovr’a i nostri guerrieri a te concedo lo scettro, e legge sia quel che comandi.
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