Tu ch’ardito sin qui ti sei condutto, onde speri nutrir cavalli e fanti?
Dirai: L’armata in mar cura ne prende.
Da i venti dunque il viver tuo dipende?
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Comanda forse tua fortuna a i venti, e gli avince a sua voglia e gli dislega?
e ’l mar ch’a i preghi è sordo ed a i lamenti, te sol udendo, al tuo voler si piega?
O non potranno pur le nostre genti, e le perse e le turche unite in lega, così potente armata in un raccòrre ch’a questi legni tuoi si possa opporre?
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 46
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Canto secondo Q
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Doppia vittoria a te, signor, bisogna, s’hai de l’impresa a riportar l’onore.
Una perdita sola alta vergogna può cagionarti e danno anco maggiore: ch’ove la nostra armata in rotta pogna la tua, qui poi di fame il campo more; e se tu sei perdente, indarno poi saran vittoriosi i legni tuoi.
78
Ora se in tale stato anco rifiuti co ’l gran re de l’Egitto e pace e tregua, (diasi licenza al ver) l’altre virtuti questo consiglio tuo non bene adegua.
Ma voglia il Ciel che ’l tuo pensier si muti, s’a guerra è vòlto, e che ’l contrario segua, sì che l’Asia respiri omai da i lutti, e goda tu de la vittoria i frutti.
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Né voi che del periglio e de gli affanni e de la gloria a lui sète consorti, il favor di fortuna or tanto inganni che nove guerre a provocar v’essorti.
Ma qual nocchier che da i marini inganni ridutti ha i legni a i desiati porti, raccòr dovreste omai le sparse vele, né fidarvi di novo al mar crudele. —
80
Qui tacque Alete, e ’l suo parlar seguiro con basso mormorar que’ forti eroi; e ben ne gli atti disdegnosi apriro quanto ciascun quella proposta annoi.
Il capitan rivolse gli occhi in giro tre volte e quattro, e mirò in fronte i suoi, e poi nel volto di colui gli affisse ch’attendea la risposta, e così disse: Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 47
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Canto secondo Q
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— Messaggier, dolcemente a noi sponesti ora cortese, or minaccioso invito.
Se ’l tuo re m’ama e loda i nostri gesti, è sua mercede, e m’è l’amor gradito.
A quella parte poi dove protesti la guerra a noi del paganesmo unito, risponderò, come da me si suole, liberi sensi in semplici parole.
82
Sappi che tanto abbiam sin or sofferto in mare, in terra, a l’aria chiara e scura, solo acciò che ne fosse il calle aperto a quelle sacre e venerabil mura, per acquistarne appo Dio grazia e merto togliendo lor di servitù sì dura, né mai grave ne fia per fin sì degno esporre onor mondano e vita e regno; 83
ché non ambiziosi avari affetti ne spronaro a l’impresa, e ne fur guida (sgombri il Padre del Ciel da i nostri petti peste sì rea, s’in alcun pur s’annida; né soffra che l’asperga, e che l’infetti di venen dolce che piacendo ancida), ma la sua man ch’i duri cor penètra soavemente, e gli ammollisce e spetra.
84
Questa ha noi mossi e questa ha noi condutti, tratti d’ogni periglio e d’ogni impaccio; questa fa piani i monti e i fiumi asciutti, l’ardor toglie a la state, al verno il ghiaccio; placa del mare i tempestosi flutti, stringe e rallenta questa a i venti il laccio; quindi son l’alte mura aperte ed arse, quindi l’armate schiere uccise e sparse; Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 48
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Canto secondo Q
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quindi l’ardir, quindi la speme nasce, non da le frali nostre forze e stanche, non da l’armata, e non da quante pasce genti la Grecia e non da l’arme franche.
Pur ch’ella mai non ci abbandoni e lasce, poco dobbiam curar ch’altri ci manche.
Chi sa come difende e come fère, soccorso a i suoi perigli altro non chere.
86
Ma quando di sua aita ella ne privi, per gli error nostri o per giudizi occulti, chi fia di noi ch’esser sepulto schivi ove i membri di Dio fur già sepulti?
Noi morirem, né invidia avremo a i vivi; noi morirem, ma non morremo inulti, né l’Asia riderà di nostra sorte, né pianta fia da noi la nostra morte.
87
Non creder già che noi fuggiam la pace come guerra mortal si fugge e pave, ché l’amicizia del tuo re ne piace, né l’unirci con lui ne sarà grave; ma s’al suo impero la Giudea soggiace, tu ’l sai; perché tal cura ei dunque n’have?
De’ regni altrui l’acquisto ei non ci vieti, e regga in pace i suoi tranquilli e lieti. —
88
Così rispose, e di pungente rabbia la risposta ad Argante il cor trafisse; né ’l celò già, ma con enfiate labbia si trasse avanti al capitano e disse:
— Chi la pace non vuol, la guerra s’abbia, ché penuria giamai non fu di risse; e ben la pace ricusar tu mostri, se non t’acqueti a i primi detti nostri. —
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Canto secondo Q
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Indi il suo manto per lo lembo prese, curvollo e fenne un seno; e ’l seno sporto, così pur anco a ragionar riprese via più che prima dispettoso e torto:
— O sprezzator de le più dubbie imprese, e guerra e pace in questo sen t’apporto: tua sia l’elezione; or ti consiglia senz’altro indugio, e qual più vuoi ti piglia.
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L’atto fero e ’l parlar tutti commosse a chiamar guerra in un concorde grido, non attendendo che risposto fosse dal magnanimo lor duce Goffrido.
Spiegò quel crudo il seno e ’l manto scosse, ed: — A guerra mortal — disse — vi sfido; e ’l disse in atto sì feroce ed empio che parve aprir di Giano il chiuso tempio.
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Parve ch’aprendo il seno indi traesse il Furor pazzo e la Discordia fera, e che ne gli occhi orribili gli ardesse la gran face d’Aletto e di Megera.
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