30
Pur non gì tutto in vano, e ne’ confini del bianco collo il bel capo ferille.
Fu levissima piaga, e i biondi crini rosseggiaron così d’alquante stille, come rosseggia l’or che di rubini per man d’illustre artefice sfaville.
Ma il prence infuriato allor si strinse adosso a quel villano, e ’l ferro spinse.
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Quel si dilegua, e questi acceso d’ira il segue, e van come per l’aria strale.
Ella riman sospesa, ed ambo mira lontani molto, né seguir le cale, ma co’ suoi fuggitivi si ritira: talor mostra la fronte e i Franchi assale; or si volge or rivolge, or fugge or fuga, né si può dir la sua caccia né fuga.
32
Tal gran tauro talor ne l’ampio agone, se volge il corno a i cani ond’è seguito, s’arretran essi; e s’a fuggir si pone, ciascun ritorna a seguitarlo ardito.
Clorinda nel fuggir da tergo oppone alto lo scudo, e ’l capo è custodito.
Così coperti van ne’ giochi mori da le palle lanciate i fuggitori.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 60
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso La Gerusalemme liberata
Canto terzo Q
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Già questi seguitando e quei fuggendo s’erano a l’alte mura avicinati, quando alzaro i pagani un grido orrendo e indietro si fur subito voltati; e fecero un gran giro, e poi volgendo ritornaro a ferir le spalle e i lati.
E intanto Argante giù movea dal monte la schiera sua per assalirgli a fronte.
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Il feroce circasso uscì di stuolo, ch’esser vols’egli il feritor primiero, e quegli in cui ferì fu steso al suolo, e sossopra in un fascio il suo destriero; e pria che l’asta in tronchi andasse a volo, molti cadendo compagnia gli fèro.
Poi stringe il ferro, e quando giunge a pieno sempre uccide od abbatte o piaga almeno.
35
Clorinda, emula sua, tolse di vita il forte Ardelio, uom già d’età matura, ma di vecchiezza indomita, e munita di duo gran figli, e pur non fu secura, ch’Alcandro, il maggior figlio, aspra ferita rimosso avea da la paterna cura, e Poliferno, che restogli appresso, a gran pena salvar poté se stesso.
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Ma Tancredi, dapoi ch’egli non giunge quel villan che destriero ha più corrente, si mira a dietro, e vede ben che lunge troppo è trascorsa la sua audace gente.
Vedela intorniata, e ’l corsier punge volgendo il freno, e là s’invia repente; ned egli solo i suoi guerrier soccorre, ma quello stuol ch’a tutt’i rischi accorre: Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 61
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Canto terzo Q
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quel di Dudon aventurier drapello, fior de gli eroi, nerbo e vigor del campo.
Rinaldo, il più magnanimo e il più bello, tutti precorre, ed è men ratto il lampo.
Ben tosto il portamento e ’l bianco augello conosce Erminia nel celeste campo, e dice al re, che ’n lui fisa lo sguardo:
— Eccoti il domator d’ogni gagliardo.
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Questi ha nel pregio de la spada eguali pochi, o nessuno; ed è fanciullo ancora.
Se fosser tra’ nemici altri sei tali, già Soria tutta vinta e serva fòra; e già dómi sarebbono i più australi regni, e i regni più prossimi a l’aurora; e forse il Nilo occultarebbe in vano dal giogo il capo incognito e lontano.
39
Rinaldo ha nome; e la sua destra irata teman più d’ogni machina le mura.
Or volgi gli occhi ov’io ti mostro, e guata colui che d’oro e verde ha l’armatura.
Quegli è Dudone, ed è da lui guidata questa schiera, che schiera è di ventura: è guerrier d’alto sangue e molto esperto, che d’età vince e non cede di merto.
40
Mira quel grande, ch’è coperto a bruno: è Gernando, il fratel del re norvegio; non ha la terra uom più superbo alcuno, questo sol de’ suoi fatti oscura il pregio.
E son que’ duo che van sì giunti in uno, e c’han bianco il vestir, bianco ogni fregio, Gildippe ed Odoardo, amanti e sposi, in valor d’arme e in lealtà famosi. —
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 62
ACTA G.
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