D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso La Gerusalemme liberata
Canto terzo Q
41
Così parlava, e già vedean là sotto come la strage più e più s’ingrosse, ché Tancredi e Rinaldo il cerchio han rotto benché d’uomini denso e d’armi fosse; e poi lo stuol, ch’è da Dudon condotto, vi giunse, ed aspramente anco il percosse.
Argante, Argante stesso, ad un grand’urto di Rinaldo abbattuto, a pena è surto.
42
Né sorgea forse, ma in quel punto stesso al figliuol di Bertoldo il destrier cade; e restandogli sotto il piede oppresso, convien ch’indi a ritrarlo alquanto bade.
Lo stuol pagan fra tanto, in rotta messo, si ripara fuggendo a la cittade.
Soli Argante e Clorinda argine e sponda sono al furor che lor da tergo inonda.
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Ultimi vanno, e l’impeto seguente in lor s’arresta alquanto, e si reprime, sì che potean men perigliosamente quelle genti fuggir che fuggean prime.
Segue Dudon ne la vittoria ardente i fuggitivi, e ’l fer Tigrane opprime con l’urto del cavallo, e con la spada fa che scemo del capo a terra cada.
44
Né giova ad Algazarre il fino usbergo, ned a Corban robusto il forte elmetto, ché ’n guisa lor ferì la nuca e ’l tergo che ne passò la piaga al viso, al petto.
E per sua mano ancor del dolce albergo l’alma uscì d’Amurate e di Meemetto, e del crudo Almansor; né ’l gran circasso può securo da lui mover un passo.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 63
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Canto terzo Q
45
Freme in se stesso Argante, e pur tal volta si ferma e volge, e poi cede pur anco.
Al fin così improviso a lui si volta e di tanto rovescio il coglie al fianco, che dentro il ferro vi s’immerge, e tolta è dal colpo la vita al duce franco.
Cade; e gli occhi, ch’a pena aprir si ponno, dura quiete preme e ferreo sonno.
46
Gli aprì tre volte, e i dolci rai del cielo cercò fruire e sovra un braccio alzarsi, e tre volte ricadde, e fosco velo gli occhi adombrò, che stanchi al fin serràrsi.
Si dissolvono i membri, e ’l mortal gelo inrigiditi e di sudor gli ha sparsi.
Sovra il corpo già morto il fero Argante punto non bada, e via trascorre inante.
47
Con tutto ciò, se ben d’andar non cessa, si volge a i Franchi, e grida: — O cavalieri, questa sanguigna spada è quella stessa che ’l signor vostro mi donò pur ieri; ditegli come in uso oggi l’ho messa ch’udirà la novella ei volentieri.
E caro esser gli dée che ’l suo bel dono sia conosciuto al paragon sì buono.
48
Ditegli che vederne omai s’aspetti ne le viscere sue più certa prova; e quando d’assalirne ei non s’affretti, verrò non aspettato ove si trova. —
Irritati i cristiani a i feri detti, tutti vèr lui già si moveano a prova; ma con gli altri esso è già corso in securo sotto la guardia de l’amico muro.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 64
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Canto terzo Q
49
I difensori a grandinar le pietre da l’alte mura in guisa incominciaro, e quasi innumerabili faretre
tante saette a gli archi ministraro, che forza è pur che ’l franco stuol s’arretre; e i saracin ne la cittade entraro.
Ma già Rinaldo, avendo il piè sottratto al giacente destrier, s’era qui tratto.
50
Venia per far nel barbaro omicida de l’estinto Dudone aspra vendetta, e fra’ suoi giunto alteramente grida:
— Or qual indugio è questo? e che s’aspetta?
poi ch’è morto il signor che ne fu guida, ché non corriamo a vendicarlo in fretta?
Dunque in sì grave occasion di sdegno esser può fragil muro a noi ritegno?
51
Non, se di ferro doppio o d’adamante questa muraglia impenetrabil fosse, colà dentro securo il fero Argante s’appiatteria da le vostr’alte posse: andiam pure a l’assalto! — Ed egli inante a tutti gli altri in questo dir si mosse, ché nulla teme la secura testa o di sasso o di strai nembo o tempesta.
52
Ei crollando il gran capo, alza la faccia piena di sì terribile ardimento, che sin dentro a le mura i cori agghiaccia a i difensor d’insolito spavento.
Mentre egli altri rincora, altri minaccia, sopravien chi reprime il suo talento; ché Goffredo lor manda il buon Sigiero de’ gravi imperii suoi nunzio severo.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 65
ACTA G.
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