Crudo destino, empio destin fatale, uccidi omai questa odiosa vita.
L’avermi priva, oimè!, fu picciol male de’ dolci padri in loro età fiorita, se non mi vedi ancor, del regno priva, qual vittima al coltello andar cattiva.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 89
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso La Gerusalemme liberata
Canto quarto Q
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Ché, poi che legge d’onestate e zelo non vuol che qui sì lungamente indugi, a cui ricovro intanto? ove mi celo?
o quai contra il tiranno avrò rifugi?
Nessun loco sì chiuso è sotto il cielo ch’a lor non s’apra: or perché tanti indugi?
Veggio la morte, e se ’l fuggirla è vano, incontro a lei n’andrò con questa mano. —
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Qui tacque, e parve ch’un regale sdegno e generoso l’accendesse in vista; e ’l piè volgendo di partir fea segno, tutta ne gli atti dispettosa e trista.
Il pianto si spargea senza ritegno, com’ira suol produrlo a dolor mista, e le nascenti lagrime a vederle erano a i rai del sol cristallo e perle.
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Le guancie asperse di que’ vivi umori che giù cadean sin de la veste al lembo, parean vermigli insieme e bianchi fiori, se pur gli irriga un rugiadoso nembo, quando su l’apparir de’ primi albori spiegano a l’aure liete il chiuso grembo; e l’alba, che li mira e se n’appaga, d’adornarsene il crin diventa vaga.
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Ma il chiaro umor, che di sì spesse stille le belle gote e ’l seno adorno rende, opra effetto di foco, il qual in mille petti serpe celato e vi s’apprende.
O miracol d’Amor, che le faville tragge del pianto, e i cor ne l’acqua accende!
Sempre sovra natura egli ha possanza, ma in virtù di costei se stesso avanza.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 90
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Torquato Tasso La Gerusalemme liberata
Canto quarto Q
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Questo finto dolor da molti elice lagrime vere, e i cor più duri spetra.
Ciascun con lei s’affligge, e fra sé dice: Se mercé da Goffredo or non impetra, ben fu rabbiosa tigre a lui nutrice, e ’l produsse in aspr’alpe orrida pietra o l’onda che nel mar si frange e spuma: crudel, che tal beltà turba e consuma.
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Ma il giovenetto Eustazio, in cui la face di pietade e d’amore è più fervente, mentre bisbiglia ciascun altro, e tace, si tragge avanti e parla audacemente:
— O germano e signor, troppo tenace del suo primo proposto è la tua mente, s’al consenso comun, che brama e prega, arrendevole alquanto or non si piega.
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Non dico io già che i principi, ch’a cura si stanno qui de’ popoli soggetti, torcano il piè da l’oppugnate mura, e sian gli uffici lor da lor negletti; ma fra noi, che guerrier siam di ventura, senz’alcun proprio peso e meno astretti a le leggi de gli altri, elegger diece difensori del giusto a te ben lece; 80
ch’al servigio di Dio già non si toglie l’uom ch’innocente vergine difende, ed assai care al Ciel son quelle spoglie che d’ucciso tiranno altri gli appende.
Quando dunque a l’impresa or non m’invoglie quell’util certo che da lei s’attende, mi ci move il dover, ch’a dar tenuto è l’ordin nostro a le donzelle aiuto.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 91
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Canto quarto Q
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Ah! non sia ver, per Dio, che si ridica in Francia, o dove in pregio è cortesia, che si fugga da noi rischio o fatica per cagion così giusta e così pia.
Io per me qui depongo elmo e lorica, qui mi scingo la spada, e più non fia ch’adopri indegnamente arme o destriero, o ’l nome usurpi mai di cavaliero. —
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Così favella; e seco in chiaro suono tutto l’ordine suo concorde freme, e chiamando il consiglio utile e buono co’ preghi il capitan circonda e preme.
— Cedo, — egli disse allora — e vinto sono al concorso di tanti uniti insieme; abbia, se parvi, il chiesto don costei, da i vostri sì, non da i consigli miei.
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Ma se Goffredo di credenza alquanto pur trova in voi, temprate i vostri affetti. —
Tanto ei sol disse, e basta lor ben tanto perché ciascun quel che concede accetti.
Or che non può di bella donna il pianto, ed in lingua amorosa i dolci detti?
Esce da vaghe labra aurea catena che l’alme a suo voler prende ed affrena.
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Eustazio lei richiama, e dice: — Omai cessi, vaga donzella, il tuo dolore, ché tal da noi soccorso in breve avrai qual par che più ’l richieggia il tuo timore. —
Serenò allora i nubilosi rai
Armida, e sì ridente apparve fuore ch’innamorò di sue bellezze il cielo asciugandosi gli occhi co ’l bel velo.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 92
ACTA G.
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