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Gli ammonisce quel saggio a parte a parte come la fé pagana è incerta e leve, e mal securo pegno; e con qual arte l’insidie e i casi aversi uom fuggir deve; ma son le sue parole al vento sparte, né consiglio d’uom sano Amor riceve.
Lor dà commiato al fine, e la donzella non aspetta al partir l’alba novella.
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Parte la vincitrice, e quei rivali quasi prigioni al suo trionfo inanti seco n’adduce, e tra infiniti mali lascia la turba poi de gli altri amanti.
Ma come uscì la notte, e sotto l’ali menò il silenzio e i levi sogni erranti, secretamente, com’Amor gl’informa, molti d’Armida seguitaron l’orma.
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Segue Eustazio il primiero, e pote a pena aspettar l’ombre che la notte adduce; vassene frettoloso ove ne ’l mena per le tenebre cieche un cieco duce.
Errò la notte tepida e serena; ma poi ne l’apparir de l’alma luce gli apparse insieme Armida e ’l suo drapello, dove un borgo lor fu notturno ostello.
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Canto quinto Q
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Ratto ei vèr lei si move, ed a l’insegna tosto Rambaldo il riconosce, e grida che ricerchi fra loro e perché vegna.
— Vengo — risponde — a seguitarne Armida, ned ella avrà da me, se non la sdegna, men pronta aita o servitù men fida. —
Replica l’altro: — Ed a cotanto onore, di’, chi t’elesse? — Egli soggiunge: — Amore.
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Me scelse Amor, te la Fortuna: or quale da più giusto elettore eletto parti? —
Dice Rambaldo allor: — Nulla ti vale titolo falso, ed usi inutil arti; né potrai de la vergine regale fra i campioni legitimi meschiarti, illegitimo servo. — E chi — riprende cruccioso il giovenetto — a me il contende? —
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— Io te ’l difenderò — colui rispose, e feglisi a l’incontro in questo dire, e con voglie egualmente in lui sdegnose l’altro si mosse e con eguale ardire; ma qui stese la mano, e si frapose la tiranna de l’alme in mezzo a l’ire, ed a l’uno dicea: — Deh! non t’incresca ch’a te compagno, a me campion s’accresca.
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S’ami che salva i’ sia, perché mi privi in sì grand’uopo de la nova aita? —
Dice a l’altro: — Opportuno e grato arrivi difensor di mia fama e di mia vita; né vuol ragion, né sarà mai ch’io schivi compagnia nobil tanto e sì gradita. —
Così parlando, ad or ad or tra via alcun novo campion le sorvenia.
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Canto quinto Q
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Chi di là giunge e chi di qua, né l’uno sapea de l’altro, e il mira bieco e torto.
Essa lieta gli accoglie, ed a ciascuno mostra del suo venir gioia e conforto.
Ma già ne lo schiarir de l’aer bruno s’era del lor partir Goffredo accorto, e la mente, indovina de’ lor danni, d’alcun futuro mal par che s’affanni.
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Mentre a ciò pur ripensa, un messo appare polveroso, anelante, in vista afflitto, in atto d’uom ch’altrui novelle amare porti, e mostri il dolore in fronte scritto.
Disse costui: — Signor, tosto nel mare la grande armata apparirà d’Egitto; e l’aviso Guglielmo, il qual comanda a i liguri navigli, a te ne manda. —
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Soggiunse a questo poi che, da le navi sendo condotta vettovaglia al campo, i cavalli e i cameli onusti e gravi trovato aveano a mezza strada inciampo, e ch’i lor difensori uccisi o schiavi restàr pugnando, e nessun fece scampo, da i ladroni d’Arabia in una valle assaliti a la fronte ed a le spalle; 88
e che l’insano ardire e la licenza di que’ barbari erranti è omai sì grande ch’in guisa d’un diluvio intorno senza alcun contrasto si dilata e spande, onde convien ch’a porre in lor temenza alcuna squadra di guerrier si mande, ch’assecuri la via che da l’arene del mar di Palestina al campo viene.
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Canto quinto Q
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D’una in un’altra lingua in un momento ne trapassa la fama e si distende, e ’l vulgo de’ soldati alto spavento ha de la fame che vicina attende.
Il saggio capitan, che l’ardimento solito loro in essi or non comprende, cerca con lieto volto e con parole come li rassecuri e riconsole: 90
— O per mille perigli e mille affanni meco passati in quelle parti e in queste, campion di Dio, ch’a ristorare i danni de la cristiana sua fede nasceste; voi, che l’arme di Persia e i greci inganni, e i monti e i mari e ’l verno e le tempeste, de la fame i disagi e de la sete superaste, voi dunque ora temete?
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Dunque il Signor che v’indirizza e move, già conosciuto in caso assai più rio, non v’assecura, quasi or volga altrove la man de la clemenza e ’l guardo pio?
Tosto un dì fia che rimembrar vi giove gli scorsi affanni, e sciòrre i voti a Dio.
Or durate magnanimi, e voi stesi serbate, prego, a i prosperi successi. —
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Con questi detti le smarrite menti consola e con sereno e lieto aspetto, ma preme mille cure egre e dolenti altamente riposte in mezzo al petto.
Come possa nutrir sì varie genti pensa fra la penuria e tra ’l difetto, come a l’armata in mar s’opponga, e come gli Arabi predatori affreni e dome.
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