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Tosto ciascun, da gran desio compunto, veste le membra de l’usate spoglie, e tosto appar di tutte l’arme in punto, tosto sotto i suoi duci ogn’uom s’accoglie, e l’ordinato essercito congiunto tutte le sue bandiere al vento scioglie: e nel vessillo imperiale e grande la trionfante Croce al ciel si spande.
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Canto primo
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Intanto il sol, che de’ celesti campi va più sempre avanzando e in alto ascende l’arme percote e ne trae fiamme e lampi tremuli e chiari, onde le viste offende.
L’aria par di faville intorno avampi, e quasi d’alto incendio in forma splende, e co’ feri nitriti il suono accorda del ferro scosso e le campagne assorda.
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Il capitan, che da’ nemici aguati le schiere sue d’assecurar desia, molti a cavallo leggiermente armati a scoprire il paese intorno invia; e inanzi i guastatori avea mandati, da cui si debbe agevolar la via, e i vòti luoghi empire e spianar gli erti, e da cui siano i chiusi passi aperti.
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Non è gente pagana insieme accolta, non muro cinto di profonda fossa, non gran torrente, o monte alpestre, o folta selva, che ’l lor viaggio arrestar possa.
Così de gli altri fiumi il re tal volta, quando superbo oltra misura ingrossa, sovra le sponde ruinoso scorre, né cosa è mai che gli s’ardisca opporre.
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Sol di Tripoli il re, che ’n ben guardate mura, genti, tesori ed arme serra, forse le schiere franche avria tardate, ma non osò di provocarle in guerra.
Lor con messi e con doni anco placate ricettò volontario entro la terra, e ricevé condizion di pace,
sì come imporle al pio Goffredo piace.
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Canto primo
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Qui del monte Seir, ch’alto e sovrano da l’oriente a la cittade è presso, gran turba scese de’ fedeli al piano d’ogni età mescolata e d’ogni sesso: portò suoi doni al vincitor cristiano, godea in mirarlo e in ragionar con esso, stupia de l’arme pellegrine; e guida ebbe da lor Goffredo amica e fida.
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Conduce ei sempre a le maritime onde vicino il campo per diritte strade, sapendo ben che le propinque sponde l’amica armata costeggiando rade, la qual può far che tutto il campo abonde de’ necessari arnesi e che le biade ogni isola de’ Greci a lui sol mieta, e Scio pietrosa gli vendemmi e Creta.
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Geme il vicino mar sotto l’incarco de l’alte navi e de’ più levi pini, sì che non s’apre omai securo varco nel mar Mediterraneo a i saracini; ch’oltra quei c’ha Georgio armati e Marco ne’ veneziani e liguri confini, altri Inghilterra e Francia ed altri Olanda, e la fertil Sicilia altri ne manda.
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E questi, che son tutti insieme uniti con saldissimi lacci in un volere, s’eran carchi e provisti in vari liti di ciò ch’è d’uopo a le terrestri schiere, le quai, trovando liberi e sforniti i passi de’ nemici a le frontiere, in corso velocissimo se ’n vanno là ’ve Cristo soffrì mortale affanno.
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Canto primo
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Ma precorsa è la fama, apportatrice de’ veraci romori e de’ bugiardi, ch’unito è il campo vincitor felice, che già s’è mosso e che non è chi ’l tardi; quante e quai sian le squadre ella ridice, narra il nome e ’l valor de’ più gagliardi, narra i lor vanti, e con terribil faccia gli usurpatori di Sion minaccia.
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E l’aspettar del male è mal peggiore, forse, che non parrebbe il mal presente; pende ad ogn’aura incerta di romore ogni orecchia sospesa ed ogni mente; e un confuso bisbiglio entro e di fore trascorre i campi e la città dolente.
Ma il vecchio re ne’ già vicin perigli volge nel dubbio cor feti consigli.
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Aladin detto è il re, che, di quel regno novo signor, vive in continua cura: uom già crudel, ma ’l suo feroce ingegno pur mitigato avea l’età matura.
Egli, che de’ Latini udì il disegno c’han d’assalir di sua città le mura, giunge al vecchio timor novi sospetti, e de’ nemici pave e de’ soggetti.
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Però che dentro a una città commisto popolo alberga di contraria fede: la debil parte e la minore in Cristo, la grande e forte in Macometto crede.
Ma quando il re fe’ di Sion l’acquisto, e vi cercò di stabilir la sede, scemò i publici pesi a’ suoi pagani, ma più gravonne i miseri cristiani.
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Canto primo
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Questo pensier la ferità nativa, che da gli anni sopita e fredda langue, irritando inasprisce, e la ravviva sì ch’assetata è più che mai di sangue.
Tal fero torna a la stagione estiva quel che parve nel gel piacevol angue, così leon domestico riprende
l’innato suo furor, s’altri l’offende.
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Veggio dicea de la letizia nova veraci segni in questa turba infida; il danno universal solo a lei giova, sol nel pianto comun par ch’ella rida; e forse insidie e tradimenti or cova rivolgendo fra sé come m’uccida, o come al mio nemico, e suo consorte popolo, occultamente apra le porte.
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