Certo, era questo che io mi aspettavo, ma, spiando attentamente, vidi qualcosa che si muoveva nell'ombra - tutta una serie di movimenti incerti, ondeggianti - poi due dischi luminosi che parevano occhi. Qualcosa che somigliava a un serpentello grigio, press'a poco delle dimensioni di un comune bastone da passeggio, si svolse dalla massa ondulante e si torse in aria verso di me, seguito da un altro.

Fui preso da un brivido improvviso. Alle mie spalle, una donna urlò. Mi girai un po, seguitando a fissare il cilindro, da dove altri tentacoli stavano emergendo, e cominciai ad arretrare dall'orlo della buca. Sul viso della gente che mi circondava vidi che lo stupore cedeva il posto all'orrore. Da ogni parte, si levavano esclamazioni inarticolate. Ci fu un generale movimento all'indietro. Notai che il garzone stava ancora affannandosi sull'orlo della buca. Mi trovai solo, e vidi che la gente dall'altra parte della buca fuggiva all'impazzata, compreso Stent. Tornai a fissare il cilindro e un terrore indicibile s'impadronì di me. Restai lì, impietrito, con gli occhi sbarrati.

Una massa grigiastra e arrotondata, grande press'a poco come un orso, stava uscendo lentamente e faticosamente dal cilindro. Come s'incurvò per emergerne e il sole la colpì in pieno, scintillò come cuoio bagnato. Due larghi occhi scuri mi stavano guardando fisso. Era rotonda e, se così si può dire, aveva un viso. Sotto gli occhi c'era una bocca, i cui orli privi di labbra tremavano, si agitavano e colavano saliva. Il corpo ansimava e pulsava convulsamente. Una scarna appendice tentacolare si aggrappò all'orlo del cilindro, un'altra ondeggiò in aria.

Coloro che non hanno mai visto un marziano vivo, possono difficilmente immaginare il bizzarro orrore del suo aspetto. La caratteristica bocca a V rovesciata, l'assenza dell'osso frontale e del mento sotto la linea dritta del labbro inferiore, il tremito incessante della bocca, i gruppi di tentacoli da Gorgone, l'ansimare affannato dei polmoni in un'atmosfera inconsueta, per via della forza di gravità più pesante sulla terra - soprattutto, la straordinaria intensità di quegli occhi immensi - producevano un effetto molto simile alla nausea. In quella viscida pelle scura c'era un che di fungoso, e nella goffa cautela dei suoi lenti movimenti, qualcosa di indicibilmente terribile. Fin da quel primo incontro, da quella prima occhiata, fui sopraffatto dal disgusto e dalla paura.

D'improvviso il mostro scomparve. Era caduto oltre l'orlo del cilindro ed era precipitato nella buca, con un tonfo simile a quello che può produrre la caduta di un grande blocco di cuoio. Lo udii emettere un curioso grido inarticolato, e, subito dopo, un'altra di quelle creature apparve nell'ombra cupa dell'apertura.

In quell'istante, l'irrigidimento del terrore che mi aveva colto scomparve. Mi voltai e, correndo all'impazzata, mi diressi verso il primo gruppo di alberi, a un centinaio di metri circa; ma correvo a zigzag, inciampando, perché non riuscivo a distogliere lo sguardo da quelle cose.

Lì, tra alcuni piccoli alberi di pino e dei cespugli di ginestra, mi fermai, ansante, e aspettai gli ulteriori sviluppi della situazione. La landa intorno alle cave di sabbia era disseminata di gente che, come me, stava immobile, in preda a una sorta di terrore e di fascino, con gli occhi fissi su quelle creature, o, piuttosto, sul pietrisco ammucchiato sull'orlo della buca dove esse si trovavano. Poi, con un nuovo brivido di terrore, vidi un oggetto rotondo, nero, che si agitava su e giù lungo l'orlo della buca. Era la testa del garzone che era precipitato lungo la scarpata, ma contro il cielo infiammato del tramonto pareva un piccolo punto nero. Ecco la sua spalla, un ginocchio; poi tornò a scivolare indietro, finché soltanto la testa fu visibile. D'improvviso scomparve, e mi parve di udire un grido lontano. Per un attimo provai l'impulso di correre ad aiutarlo, ma la paura mi vinse.

Poi tutto rimase invisibile, nascosto dalla buca profonda e dal cumulo di sabbia che la caduta del cilindro aveva formato. Chiunque si fosse avanzato lungo la strada che unisce Chobham a Woking sarebbe rimasto stupito a quello spettacolo: una dispersa moltitudine di un centinaio di persone o poco più che, in un grande circolo irregolare, se ne stava nei fossati, dietro i cespugli, dietro le palizzate e le siepi, scambiandosi poche parole, e quelle poche in grida convulse ed eccitate, e che guardava, guardava fisso, qualche cumulo di sabbia.