Sarebbe troppo in sintonia con la scena per stupirci, se, guardandoci intorno, scoprissimo, seduta tranquillamente nel fascio di luce del magico chiarore lunare, una forma amata, da lungo tempo scomparsa, con un aspetto che ci farebbe dubitare se sia venuta da lontano oppure non si sia mai allontanata dal suo posto accanto al fuoco.
Nel produrre l'effetto che ho descritto, il bagliore fioco dei tizzoni esercita, in qualche modo, un'influenza decisiva. Diffondono il loro discreto chiarore in tutta la stanza con una lieve sfumatura rossa sulle pareti e sul soffitto, e un luccichio riflesso dai mobili lucidati. Questa luce morbida, fondendosi con la fredda spiritualità dei raggi lunari, per così dire trasmette alle forme evocate dalla fantasia il cuore e la sensibilità della tenerezza umana. Da immagini di gelido biancore le trasforma in uomini e donne . Guardando lo specchio, vediamo - nell'abisso della cornice magica - il bagliore della brace di antracite quasi spenta, il fascio di luce lunare sul pavimento, il rincorrersi del chiarore e dell'ombra della scena, un po' discosti dal vero e più prossimi all'immaginazione. Se a quest'ora, con questa scena sotto gli occhi, un uomo, seduto da solo, non sogna strane cose per dare poi loro la sembianza della verità, è inutile che tenti di scrivere romanzi.
Quanto a me, durante tutta l'esperienza negli uffici della Dogana, il chiarore della luna e lo splendore del sole e il bagliore della brace erano tutti uguali; nessuna di queste fonti luminose era di un briciolo più utile della fiammella incerta di una candela di sego. Se ne erano andate da me certe forme di sensibilità e con loro un dono, non molto prezioso o pregiato, ma il meglio che avevo.
È mia convinzione, tuttavia, che se mi fossi cimentato in un diverso genere di composizione, le mie facoltà non si sarebbero rivelate così sterili e inefficaci. Avrei potuto, per esempio, accontentarmi di scrivere le storie di un capitano veterano, uno degli ispettori, che sarei ingrato a non nominare, perché di rado passava giorno senza che mi facesse ridere o suscitasse la mia ammirazione con il suo meraviglioso dono di narratore. Fossi riuscito a conservare la forza pittoresca del suo stile e l'ironia garbata e colorita che la natura gli aveva insegnato a effondere sulle sue descrizioni, il risultato - lo credo in tutta onestà - sarebbe stato qualcosa di nuovo in letteratura. Oppure avrei potuto trovare facilmente un compito più serio. Era una follia - con la materialità della vita quotidiana che incalzava da ogni parte con tanta prepotenza - tentare di portarmi in un'altra età, o insistere nel creare la parvenza di un mondo traendola da una sostanza eterea, quando, in ogni momento, la bellezza impalpabile della mia bolla di sapone si sfracellava al rude contatto delle circostanze reali. Sarebbe stata fatica più saggia diffondere il pensiero e l'immaginazione attraverso la sostanza opaca dell'oggi e in tal modo darle una luminosa trasparenza, spiritualizzare il fardello che cominciava a essere così greve, cercare con risolutezza i valori veri e indistruttibili che si celano negli episodi insignificanti e noiosi, nei caratteri comuni con i quali ero in dimestichezza. L'errore era mio. La pagina di vita spiegata sotto i miei occhi mi sembrava ottusa e banale, soltanto perché non avevo scandagliato il suo significato profondo. C'era lì un libro più bello di quanti riuscirò mai a scrivere, che si dispiegava sotto i miei occhi pagina dopo pagina, dettato dalla realtà dell'attimo fuggente, pronto a dileguarsi non appena scritto, soltanto perché il mio cervello era privo di introspezione e la mia mano non aveva la capacità di metterlo sul foglio. Un giorno, nel futuro, forse rammentando alcuni frammenti sparsi e paragrafi spezzati, scoprirò trascrivendoli che le lettere si trasformano in oro.
Queste percezioni sono giunte troppo tardi. Al momento ero consapevole soltanto che quanto, un tempo, sarebbe stato un piacere, era ormai una fatica disperata. Non era il caso di gemere per quello stato di cose. Avevo smesso di essere uno scrittore di racconti e saggi tollerabilmente mediocri per diventare un sovrintendente di dogana tollerabilmente capace. Ecco tutto. Non è tuttavia affatto gradevole essere perseguitato dal sospetto che il proprio intelletto si stia dileguando e inconsapevolmente evaporando come l'etere da una fiala, sicché, a ogni occhiata, si scopre un residuo ridotto e meno volatile. Su questo non c'erano dubbi e, valutando me stesso e gli altri in relazione all'effetto che aveva sul carattere un ufficio pubblico, ero portato a trarre conclusioni poco propizie. Forse in seguito svilupperò in altra forma queste notazioni. Basti qui dire che ben difficilmente un funzionario di dogana, in servizio da tempo, sarà un personaggio rispettabile o degno di lode, per molte ragioni, una delle quali è la titolarità stessa dell'incarico, un'altra è la natura del lavoro che - pur essendo onesto, ne sono convinto - è di tale genere che il funzionario non partecipa allo sforzo comune dell'umanità.
Un effetto - a mio parere riconoscibile, in modo più o meno spiccato, in tutti gli individui che abbiano svolto questo incarico - è che, mentre si appoggiano al possente braccio della Repubblica, sentono che li abbandona il normale vigore. In misura proporzionale alla forza o alla debolezza della natura originaria perdono la capacità di reggersi sulle proprie gambe. Se posseggono una dose eccezionale di energia innata, oppure se l'incanto snervante del luogo non opera troppo a lungo su di loro, forse recupereranno le capacità perdute. Il funzionario cacciato - fortunato a prendersi quello spintone che in tempo lo sbatte a lottare in un mondo in lotta - forse ritornerà se stesso e sarà di nuovo quello che è sempre stato. Ma questo avviene di rado. Di solito rimane nell'impiego quel tanto che gli serve a rovinarsi, e quindi è cacciato, privo di nerbo, a trotterellare lungo l'arduo sentiero della vita come meglio può. Consapevole della propria infermità - che l'acciaio temprato e la duttilità di un tempo sono perduti - continuerà a guardarsi malinconicamente intorno in cerca di un sostegno esterno a se stesso.
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