Così, a cuor leggero e con la felice consapevolezza di essere utilmente impiegati - nel loro interesse almeno, se non in quello del nostro amato paese -, questi buoni vecchi signori espletavano le diverse formalità dell'ufficio. Con quanta sagacia sbirciavano, al di sotto degli occhiali, nella stiva dei vascelli! E che trambusto facevano per delle sciocchezze! Con quanta meravigliosa ottusità si lasciavano a volte sfuggire tra le dita cose più serie! Tutte le volte che capitava un caso disgraziato del genere - quando in pieno giorno, sotto il loro naso senza sospetti, veniva sbarcato un grosso carico di merci preziose - nulla superava la vigilanza e l'alacrità con la quale procedevano a metter sotto chiave, anzi sotto doppia chiave, tutte le uscite del criminale vascello e a sigillarle con nastro adesivo e cera apposita. Sembrava che, compiuto il reato, l'episodio esigesse un elogio per la loro encomiabile circospezione, non già un rimprovero per la precedente negligenza; un grato riconoscimento per la prontezza del loro zelo, quando non c'era più nessuna possibilità di rimediare!
Se non ho a che fare con individui particolarmente sgradevoli, è mia stolta abitudine provare nei confronti del prossimo sentimenti di benevolenza. Ai miei occhi prevale la parte migliore del carattere del mio interlocutore - se esiste tale parte migliore - e in questa riconosco l'uomo. Poiché quasi tutti questi anziani funzionari di dogana avevano tratti di bontà e poiché il mio atteggiamento nei loro confronti - paterno e protettivo - favoriva lo sviluppo di sentimenti cordiali, accadde ben presto che mi piacessero tutti. Era piacevole nelle mattinate estive - quando l'intensa calura che quasi liquefaceva il resto del consorzio umano, comunicava al loro sistema semintorpidito un gradevole tepore - era piacevole sentirli chiacchierare nell'ingresso sul retro, tutti, come al solito, in fila sulle sedie inclinate contro la parete, mentre le freddure di generazioni passate, scongelandosi, uscivano dalle loro labbra con gorgoglianti risate. Vista da fuori l'allegria dei vecchi ha molto in comune con la gioiosità dei bambini: un'allegria che ha ben poco a che fare con l'intelligenza o con un acuto senso dell'umorismo; si tratta in entrambi i casi di un bagliore che gioca sulla superficie e conferisce un aspetto luminoso e lieto al verde virgulto e al vecchio tronco in decomposizione. In un caso, tuttavia, è un vero e proprio raggio di sole; nell'altro assomiglia di più al chiarore fosforescente del legno in putrefazione.
Sarebbe triste ingiustizia - il lettore l'avrà capito - presentare i miei eccellenti vecchi amici alla stregua di rimbambiti. In primo luogo, i miei collaboratori non erano tutti invariabilmente vecchi; c'erano fra loro uomini nel pieno della forza e del vigore, di notevole capacità ed energia, e di gran lunga superiori alla palude di quella vita stagnante e gregaria assegnata loro da una cattiva stella. Senza contare che a volte le ciocche canute dell'età erano il tetto di una dimora intellettuale in buone condizioni. Ma alla maggior parte del mio corpo di veterani non si fa torto se li caratterizzo in generale come un gruppo di vecchi spiriti tediosi, che dalla loro variegata esperienza di vita non avevano raccolto nulla che valesse la pena di conservare. Sembrava che avessero buttato via i chicchi dorati della saggezza pratica, chicchi che avevano avuto varie occasioni di raccogliere, e che nella memoria avessero invece immagazzinato la pula. Parlavano della colazione del mattino, o del pranzo di oggi o di ieri, con assai maggior interesse e fervore di quanto non facessero riferendosi a un naufragio di quaranta o cinquant'anni prima, e alle meraviglie del mondo viste con occhi giovanili.
Il padre della Dogana - il patriarca non soltanto di questa piccola squadra di funzionari, ma, oso dire, dell'intero rispettabile corpo dei doganieri in tutti gli Stati Uniti - era un certo ispettore in pianta stabile. Si potrebbe ben definirlo il figlio legittimo del sistema tributario, fin dalla culla avvolto in quella porpora, dal momento che suo padre, un colonnello della Rivoluzione, già esattore nel porto, gli aveva creato un ufficio apposito, nominandolo a ricoprirlo, in un periodo così lontano che pochi sono i vivi a ricordarlo. Quando lo incontrai la prima volta, questo ispettore, un uomo non lontano dagli ottanta o giù di lì, era certamente uno dei più straordinari esemplari di sempreverde che capiti di incontrare nel corso di una vita. Con le sue guance floride, la figura soda, addobbato con eleganza in una marsina blu dai bottoni luccicanti, il passo scattante e vigoroso, l'aria viva e vegeta, non sembrava giovane invero, ma una specie di nuovo congegno a forma di uomo, escogitato da madre natura, che gli anni e la malattia non avevano il diritto di toccare. La sua voce e la sua risata, che perpetuamente rimbombavano per tutta la Dogana, non avevano nulla del chioccolio tremulo e incerto del vecchio, ma sgorgavano imperiose dai suoi polmoni come il chicchirichì di un gallo o lo squillo di una tromba. Guardandolo da un punto di vista squisitamente animale - invero era difficile guardarlo in altro modo - era un esemplare quanto mai soddisfacente per la salute perfetta, l'assoluta integrità della fibra e - con tutti quegli anni sul groppone - per la capacità di godere di tutti i piaceri, o quasi, che da sempre perseguiva e si figurava. La spensierata sicurezza della sua vita alla Dogana, sulla base di regolare introito e con qualche trepidazione - lieve e sporadica - di essere allontanato, aveva senz'altro contribuito a fare sì che il tempo lo sfiorasse appena. Ma le cause vere e decisive stavano nella rara perfezione della sua natura animale, nella moderata quantità dell'intelligenza e in appena un pizzico di ingredienti morali e spirituali. Queste ultime qualità erano invero presenti in misura appena sufficiente a non far camminare a quattro zampe il vecchio signore. Non aveva potenza di pensiero, né profondità di sentimento, né irrequieta sensibilità, niente, in breve, tranne alcuni istinti comuni, che, aiutati da un temperamento gioviale - frutto inevitabile della salute e del benessere - facevano, in modo rispettabile e bene accetto, le veci del cuore. Era stato il marito di tre mogli, da tempo morte; il padre di venti figli, la maggior parte dei quali, in vari momenti dell'infanzia e della maturità, erano tornati analogamente in polvere. Ecco - si sarebbe portati a credere - abbastanza affanni da imbevere di dolore la più solare delle nature, pervadendola di una luttuosa sfumatura fino al midollo. Non era affatto così con il nostro ispettore! Un unico breve sospirone gli bastava a scrollarsi di dosso tutto il fardello di quei mesti ricordi. Un attimo dopo era pronto a spassarsela come un bambino lasciato libero, molto più pronto, in verità, dell'impiegato giovane dell'esattore, che, a diciannove anni, era dei due il più vecchio e grave.
Ero solito osservare e studiare questo personaggio patriarcale con una curiosità più viva - credo - di quanto non facessi con gli altri esemplari umani che venivano alla mia attenzione. Era, in verità, un raro fenomeno, perfetto sotto un certo punto di vista e, sotto tutti gli altri, vuoto, inconsistente, superficiale, insomma un'assoluta non entità. La mia conclusione era che fosse privo di anima, privo di cuore, privo di intelletto; nulla tranne l'istinto, come ho già detto; eppure, nello stesso tempo, quei pochi elementi del suo carattere erano accostati con tanta accortezza che non si aveva la penosa percezione di una carenza, ma, da parte mia, una gioia squisita per quello che trovavo in lui. Forse è difficile - e lo era - concepire come avrebbe potuto vivere, così sanguigno e sensuale nell'aldilà, ma nell'aldiquà, la sua vita, ammettendo che terminasse con il suo ultimo respiro, gli era stata elargita con una buona dose di felicità e con responsabilità morali non più elevate di quelle delle bestie dei campi, ma con una maggiore propensione al godimento e, al pari di queste, con tutta la loro beata immunità dalla squallida tetraggine della vecchiaia.
Su un punto aveva un netto vantaggio sui confratelli a quattro zampe: la sua capacità di rammentare le buone mangiate che rappresentavano una parte non trascurabile della felicità della sua vita. Il suo amore per la buona tavola era un tratto piacevolissimo, e sentirlo parlare di arrosti stuzzicava quanto un'ostrica o un sottaceto.